“Sono nato di venerdì Santo e, così, mi hanno battezzato il giorno dopo. I miei, però, non avevano trovato il tempo di chiedere ai parenti chi volesse fare da padrino e da madrina. Mio padre non si perse d’animo e, arrivato il momento di battezzarmi, vedendo passare davanti alla chiesa una coppia che conosceva, chiese ai coniugi di fare loro da madrina e padrino. Non solo i due accettarono ma, a mia insaputa, continuarono ad aiutarmi, finché fui ordinato sacerdote”.
Un prete davvero particolare, don Giancarlo Plessi, già dalla nascita. Oggi il “don Camillo” di Besenzone (provincia di Piacenza), che regge anche le parrocchie di Bersano, Mercore e San Martino in Olza, si racconta a partire da quando “Nel maggio del 1966, avevo appena compiuto nove anni, su invito di un mio cugino mi sono affacciato per la prima volta sul portone della chiesa di san Rocco a Castel San Giovanni, il mio paese. Ero arrivato in ritardo, il Santo Rosario era quasi alla fine e stava per iniziare l’adorazione del Santissimo. La chiesa era gremita e la gente stava in ginocchio in un profondo silenzio. Si sentiva un forte odore d’incenso e di cera ma ciò che mi colpiva di più era la figura di questo sacerdote imponente che guardava l’ostensorio con gli occhi lucidi di un bambino che riceve un regalo inaspettato. Oggi ho la certezza che la mia vocazione sia nata in quel preciso momento, in quel luogo e con quelle persone. Da quel giorno il Rosario, la Santa Messa, l’adorazione del Santissimo e quella compagnia sono rimasti i pilastri su cui, pian piano, è maturato nel mio cuore il desiderio di donare la mia vita a Colui che mi è venuto incontro e mi ha abbracciato senza che io chiedessi nulla”.
Una vita segnata dalla presenza di Gesù e dal Vangelo: “Nei tredici anni di seminario la vocazione sacerdotale è stata messa alla prova molte volte, ma ciò che ha sempre prevalso è stata la certezza che se Dio ti mette alla prova, ti dà anche la forza di sopportarla. Nel 1975 mi sono trovato casualmente a partecipare in piazza San Pietro al primo incontro dei giovani, voluto da Paolo VI la Domenica delle Palme. Casualmente, ma non per caso, fui costretto a salire sull’autobus dei giovani piacentini, al posto di un sacerdote del seminario che si era ammalato. In piazza, sotto una pioggia battente, migliaia di giovani cantavano e ballavano con un tale entusiasmo che non potevi non lasciarti coinvolgere. Alla fine della giornata, stipati nella sala Nervi, per la prima volta ho sentito la voce di don Giussani. Una voce roca, inconfondibile, unica, piena di passione. Quello che dice rimarrà impresso nella mia memoria per sempre: ‘Man mano che maturiamo, siamo a noi stessi spettacolo e, Dio lo voglia, anche agli altri. Spettacolo, cioè, di limite e di tradimento, e perciò di umiliazione, e nello stesso tempo di sicurezza inesauribile nella Grazia che ci viene donata e rinnovata ogni mattino. Da qui viene quella baldanza ingenua che ci caratterizza, per la quale ogni giorno della nostra vita è concepito come un’offerta a Dio, perché la Chiesa esista dentro i nostri corpi e le nostre anime, attraverso la materialità della nostra esistenza’. Ho sentito una vampata di calore avvolgermi il volto, improvvisamente è passata la stanchezza e dentro di me sentivo che il Signore mi aveva fatto incontrare un popolo da cui non mi sarei mai più separato. Quella voce, ancora oggi, mi accompagna e mi scuote nei momenti difficili”.
In seminario dall’età di 12 anni, don Giancarlo ha 20 compagni, ma solo lui diventerà prete, per intraprendere una missione che vive secondo principi evangelici: “Ho sempre considerato la mia vita di prete come totale abbandono al Padre, mettendo insieme Marta e Maria, ora et labora, compiendo ogni gesto come un’offerta a Lui gradita, sentendomi sempre in debito per aver ricevuto davvero il centuplo quaggiù e tutto questo con gioia, aiutato dall’esempio e dalla parola di tanti testimoni, dalle persone più umili ai grandi Santi come San Giovanni Paolo II per ventisette anni fonte inesauribile e modello di affezione totale a Cristo, a Maria e alla Chiesa. Si è preti per vocazione e si vive questa appartenenza ventiquattro ore al giorno per trecentosessantacinque giorni l’anno sempre a disposizione giorno e notte. In questi quarant’anni mi sono state affidate quindici comunità parrocchiali, una più bella dell’altra, ognuna con le sue caratteristiche e le sue tradizioni, una ricchezza straordinaria, testimonianza di una Chiesa sempre viva e attraente, per la fede intensa dei suoi testimoni e per la Grazia inesauribile di Dio”.
Oggi don Giancarlo è uno di quei “pastori con l’odore delle pecore” di cui ha parlato papa Francesco, e lo afferma con la solita, incrollabile Fede nella Provvidenza: “Nelle mie chiesette, la domenica assistono alla Messa non meno di quattrocento persone e posso assicurarvi che non sono cattivi cristiani, anche se pregano e vengono in chiesa, magari tutti i giorni”.
In tempi di smarrimento, di dubbi, di continui attacchi ai principi cattolici, don Giancarlo all’oratorio di Besenzone (978 abitanti) ha attorno a sé oltre 150 ragazzi: “Anche loro ottimi cristiani – dice il parroco – che hanno un gran bisogno di ascoltare. Le parole giuste, però!”.
Non ha dubbi sulle fonti di ispirazione, don Plessi: da bambino don Luigi Ferrando, oggi vescovo di Bregansa du Parà in Brasile, poi il vescovo Enrico Manfredini: un santo per don Giancarlo e l’ordinazione 40 anni fa, anni passati senza il minimo tentennamento: “Scrive Benedetto XVI: ‘all’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva. L’amore adesso non è più solo un comandamento, ma è la risposta al dono dell’amore, col quale Dio ci viene incontro’. Posso solo ringraziare il Signore per la vita che mi ha dato, una vita intensissima, piena di incontri significativi. Al centro di tutto la gratitudine per tanta bellezza. Un parroco non dimentica, rivive nel suo cuore ogni avvenimento, sia un battesimo, un matrimonio, un funerale …tutto riconduce a Colui che ha iniziato questa bella avventura. L’ultimo pensiero va ai giovani a cui ho dedicato tutta la vita, attraverso esperienze di grande valore sia culturale che spirituale ed arricchite da tanti momenti di gioiosa convivialità. Possa il Signore vegliare su di loro in questo momento difficile e pieno di insidie. A noi adulti la testimonianza che la fede sposta le montagne”.
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