Una donna. Segnalata nelle enciclopedie che dedicano una voce al suo nome anzitutto come “mistica”, “autrice mistica” di oltre sessanta volumi. La sua figura in effetti è strettamente legata a quella di uno dei più grandi teologi cattolici del secolo scorso, Hans Urs von Balthasar, con cui ebbe un rapporto privilegiato, ma Adrienne von Speyr (1902-1967) è anche un modello di donna per il nostro tempo. Allo stesso tempo fedele sposa e madre, e anzitutto dotata di doni profetici e capace di aprire ai credenti i tesori nascosti della fede cristiana, era altresì medico, che si prendeva infaticabilmente cura dei bisognosi non solo materiali ma anche spirituali.



All’inizio del 1940, per disposizione dei superiori, il gesuita Hans Urs von Balthasar (1905-1988) si trasferì a Basilea con il compito di assistere gli studenti cattolici presso l’università della città renana. Per l’intensa e intelligente attività, la sua presenza si impose presto nei circoli culturali cittadini. Di lui si interessò anche la dottoressa Adrienne von Speyr che, dopo un infarto, chiese a un amico comune di incontrare l’assistente degli universitari cattolici che tanto faceva parlare di sé. L’incontro si svolse verso la fine del 1940 su una terrazza del Reno. Il gesuita parlò alla dottoressa di Claudel e Péguy, i due autori francesi che stava allora traducendo, la dottoressa lo mise al corrente delle sue difficoltà in campo religioso. Fu l’inizio di una serie di conversazioni in seguito alle quali la von Speyr, educata nel protestantesimo liberale, decise di passare al cattolicesimo e quasi subito dopo questa svolta ricevette una serie di grazie mistiche.



Erano grazie di preghiera, grazie di visioni della Vergine e dei santi. Soprattutto, nel triduo pasquale, il dono di partecipare ogni anno alle sofferenze di Gesù durante la passione. Von Balthasar, che non ebbe dubbio alcuno sull’autenticità di queste grazie, si convinse allora di avere un compito da svolgere insieme con la von Speyr.

La collaborazione tra la mistica e il teologo portò a due frutti rilevanti tanto in campo letterario quanto in quello ecclesiale. La collaborazione nel campo letterario si svolse attraverso i “dettati” con i quali la mistica comunicava il contenuto delle sue rivelazioni. Da questi dettati il teologo ricavò una serie di volumi a firma della von Speyr, ma trasse ispirazione anche per sue opere, tra le quali Abbattere i bastioni e Solo l’amore è credibile, in cui si avvertiva ugualmente l’eco di alcune tematiche claudeliane. Bisognava abbattere le barriere edificate dalla Chiesa nel corso dei secoli per rendere manifesto il seme infuocato di Dio nel cuore dell’uomo e del mondo. Solo questa testimonianza inerme dell’amore aveva qualche possibilità di essere compresa e seguita nel nostro tempo. Sul versante ecclesiale la collaborazione tra von Balthasar e Adrienne portò alla fondazione della Comunità di San Giovanni (in tedesco: Johannesgemeinschaft, inizialmente costituita da giovani donne intenzionate a seguire i consigli evangelici, da cui prese avvio nel 1982 un ramo maschile sacerdotale).



Ciò che si è detto non dà, però, ancora un’immagine completa di Adrienne von Speyr la quale era, sì, una mistica, autrice di commenti alla Scrittura e di altri libri di stampo spirituale, ma anche, e prima ancora, medico curante e come tale presente ai due momenti chiave della vita umana: la nascita e la morte. Il “profilo medico” di Adrienne, Una donna nel cuore del ventesimo secolo, viene delineato in un capitolo del volume che ha appena visto la luce e che porta questo titolo (Eupress FTL/Cantagalli, 2020), i cui contributi intendono dare un’immagine più completa che include il suo ruolo quale fondatrice di un istituto secolare, con il compito di vivificare dal di dentro il mondo con il lavoro e la preghiera. Un teologo e medico, André-Marie Jerumanis, ci mostra appunto in queste pagine come Adrienne si mettesse in ascolto di ogni singola persona, con le sue ferite, le sue malattie ed infermità, con il suo dramma personale; la sua attenzione andava all’interezza concreta dell’essere umano, corpo ma anche anima. Infatti, attesta Balthasar, “nelle sue ore di ambulatorio ella aveva da curare quasi più le anime che i corpi, giacché molto spesso, sotto pretesto di acciacchi fisici, i pazienti volevano parlare dei loro problemi esistenziali”.

Praticava e promuoveva quella che lei stessa chiamava la seconda azione del medico, cioè l’apertura della pratica del medico all’orizzonte più ampio della dimensione spirituale e religiosa dell’essere umano. Approccio olistico, interdisciplinare, diremmo oggi. Così il paziente non è un caso o un numero da trattare, ma una persona con cui entrare in relazione. Una persona “da contemplare” perché in essa si rivela una presenza del Creatore, a cui rimandare umilmente non tanto con un annuncio diretto, ma con un agire che lo lascia trasparire. Dei poveri Adrienne si occupava fin dalla sua giovinezza, lavorando instancabilmente a maglia per loro e facendo recapitare loro in segreto i suoi regali. E da medico generico si trovava di fronte a una miseria sempre più profonda: quella del cuore che si sente lontano da Dio a causa della propria colpa. Considerando il modo in cui praticava, con profondissima partecipazione, la sua professione, si può comprendere quanto abbia vissuto in uno spirito di autentica com-passione, in un’autentica solidarietà di fronte a persone nelle quali vedeva la “carne” del Salvatore: senza alcun senso di superiorità, con animo aperto a lasciarsi abbracciare, come i poveri benedetti dal Signore, dalla pietà divina – miserare, direbbe ancora Papa Francesco – e portare con Lui alla guarigione.

Nelle pagine del volume sopra citato, Jerumanis esamina la riflessione che Adrienne stessa propone in un suo scritto, Arzt und Patient (“Medico e paziente”, ancora non tradotto in italiano), che aiuta a comprenderla meglio e offre un contributo tuttora assai valido per un’etica e una spiritualità della professione medica. Nell’attuale contesto di spersonalizzazione della medicina, ma anche di riscoperta dell’approccio olistico della terapia medicale, Adrienne von Speyr offre una fondamentale prospettiva nel concepire il rapporto tra medico e malato secondo l’ottica dell’alleanza, oltre il paternalismo classico e il distacco professionale moderno senza anima.

Questa ventata di vera umanità, all’insegna di una professionalità attenta a ogni aspetto dell’“altro”, non può che aiutare a sollevare lo sguardo in una temperie tormentata dal Covid-19.

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