Nella sua meditazione per il Natale del 1951, Il Mistero e l’uomo,Karol Wojtyła, riflettendo sul cammino del ritorno dentro di sé, nel quale l’io dell’uomo si trova al cospetto dell’Uomo-Dio, pare rifarsi discretamente al Trattato della vera devozione alla Santa Vergine di san Luigi Maria Grignion de Montfort (1673-1716), un libretto da lui assai amato, letto e riletto per molto tempo, almeno fin dal 1940, anche nei momenti di sosta durante il suo lavoro da operaio in una cava di pietra collegata con la fabbrica chimica Solvay: “‘Un Uomo e un uomo è nato da lei’, dice lo Spirito Santo [il Montfort cita la versione Volgata del Sal 87(86),5]. Secondo la spiegazione di qualche Padre, il primo uomo nato da Maria è l’Uomo-Dio, Gesù Cristo; il secondo è un semplice uomo, figlio per adozione di Dio e di Maria. Se Gesù Cristo, capo degli uomini, è nato in lei, i predestinati, che sono i membri di questo capo, debbono pure, necessariamente, nascere da lei” (n. 32).



La riflessione di Wojtyła, inoltre, si approssima qui in modo particolare a quella di san Giovanni Eudes (1601-1680): “Noi dobbiamo sviluppare continuamente in noi e, infine, completare gli stati e i Misteri di Gesù. Dobbiamo poi pregarlo che li porti Lui stesso a compimento in noi e in tutta la Sua Chiesa. Infatti i Misteri di Gesù non hanno ancora raggiunto la loro totale perfezione e completezza. Essi sono certo completi e perfetti per quanto riguarda la Persona di Gesù, non lo sono tuttavia ancora in noi che siamo Sue membra, e nemmeno nella Sua Chiesa, che è il Suo Corpo mistico. Il Figlio di Dio desidera una certa partecipazione e come un’estensione e continuazione in noi e in tutta la Sua Chiesa del Mistero della Sua Incarnazione, della Sua nascita, della Sua infanzia, della Sua vita nascosta. Lo fa prendendo forma in noi, nascendo nelle nostre anime per mezzo dei santi sacramenti del Battesimo e della divina Eucaristia. Lo compie facendoci vivere di una vita spirituale e interiore che sia nascosta con Lui in Dio” (Il Regno di Gesù, Parte 3,4).



L’uomo alienato, isolato, dislocato nella pura immanenza intramondana, è incapace di trovare il posto unico che è stato preparato per lui da sempre. Al limite, per cercare di evadere dall’angoscia – nome che i moderni sono soliti dare alla disperazione – egli si illude di trovare e occupare un posto particolare, a cui affidare la definizione della sua singolarità personale, all’interno di un sistema di posti e di un campo di forze dominato dalla logica della volontà di potenza, della sostituibilità, in linea di principio, di tutti con tutti, e della supremazia di chi, nel sistema, occupa di volta in volta posti superiori rispetto ad altri. La Logica dell’Incarnazione, invece, scardina nel tempo, in cui ha fatto irruzione l’Eterno, i falsi rapporti di “alto” e “basso” del sistema di posti serrato nella pura immanenza (Lc 1,52: “Ha rovesciato i potenti dai troni, / ha innalzato gli umili”) e introduce l’uomo in uno spazio misterioso, in un “luogo interiore” dove egli non può essere rimpiazzato né diminuito da nessun altro e dove, nella relazione con Gesù Cristo, diventa se stesso nel modo più intenso e irripetibile. Al riguardo, tanto vere quanto controcorrente le parole del filosofo cattolico tedesco di origine ebraica, Paul Ludwig Landsberg (Bonn, 1901 – Lager di Oranienburg-Sachsenhausen, 1944): “Ora, per l’uomo, realizzare se stesso vuol dire precisamente entrare nella relazione vera tra la persona che egli deve diventare e Dio. […] A ciascun uomo è riservato uno scopo specifico nell’amicizia e nella visione di Dio e questo scopo, come anche il percorso che vi conduce, sono segnati dalla singolarità personale. Anzi questa singolarità si accresce nella misura in cui si attua la relazione tra la persona umana e la Persona divina. […] La via del compimento di se stessi è qui la via della rinuncia, rinuncia innanzitutto all’intenzione di diventare se stessi, di diventare un essere particolare. La persona diventa se stessa nella imitazione, nella sottomissione, nell’obbedienza umile alla voce del Mediatore” (1934).



Da parte sua, in un componimento in prosa poetica, intitolato Pellegrinaggio ai luoghi santi (V. Luogo interiore), Wojtyła scriverà alcuni anni più tardi: “Il mio luogo è in Te. Il Tuo luogo è in me. Questo è tuttavia un luogo di tutti gli uomini. Eppure non sono in esso diminuito da tutti gli altri. Sono più solo (che se non ci fosse nessun altro): sono solo con me stesso. E al contempo sono moltiplicato per tutti gli altri nella Croce, che in questo luogo si ergeva. Tale moltiplicazione – e non-diminuzione – rimane un mistero: la Croce va contro corrente. Le cifre recedono in essa al cospetto dell’Uomo. […] Hai avuto un luogo sulla terra mediante il Tuo Corpo. Il luogo esteriore del Corpo lo hai mutato in luogo interiore, dicendo ‘prendete e mangiatene tutti’. Irraggiamento del luogo interiore per tutti i luoghi esteriori della Terra, dove andai in  pellegrinaggio. Questo luogo lo scegliesti da sempre. Luogo nel quale offri Te stesso, e accogli me” (1965).

Chi dice che la Chiesa disprezza la realtà materiale, o non sa capirla, o pretende mortificarla, costui o non sa o mente. Il Cristianesimo è tutto racchiuso in una profonda, invincibile e vittoriosa corrente di simpatia reciproca tra il Creatore e le creature e, perciò, tra il Padre e i fratelli uomini, mediante il Mistero dell’Incarnazione. Così è, se vi pare. E se anche non vi pare, è così lo stesso.

(2 – fine)

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