Difficile non associare gli Stati Uniti d’America, di cui tanto si parla e si scrive in questi giorni, a una grande speranza nel futuro radicata nell’esaltazione della libertà dell’uomo, speranza che mobilitava e unificava tutti i cittadini. Sembra paradossale, ma così è, che alla radice della libertà ci sia quella stessa apertura all’orizzonte dell’essere, all’infinito, che è all’origine di quello che chiamiamo senso religioso. Su questo aspetto e su altri ad esso connessi si sofferma Lorenzo Albacete, un’originale figura d’ingegnere aerospaziale e teologo geniale e ricco di umanità, in un volume appena pubblicato in Italia (Cosa c’entrano le stelle? Il mistero di Dio e il destino dell’uomo, Cantagalli 2024). Albacete documenta come da quella stessa libertà scaturisca il gusto per l’intrapresa economica, che non funziona quando è troppo regolamentata ed è alla base del successo mondiale degli Stati Uniti. La libertà, ovvero la capacità di “aprirsi alle stelle”, è anche fondamento del rapporto educativo fecondo e di quel desiderio di accettazione, di amicizia e di comunità che è tanto forte nei giovani da essere abilmente sfruttato dal consumismo, determinando negli ultimi decenni omologazione e profonda solitudine.
Se la libertà è strettamente legata al senso religioso e alle possibili risposte di fede ad esso, nel sogno americano queste dimensioni erano intimamente associate fin dalle origini. Ma Albacete notava già una ventina di anni fa che l’esperienza viva di questo nesso stava venendo meno. Perché? Anziché spingere l’acceleratore sull’apertura infinita del desiderio subentra quella che egli chiama la “moderazione ideologica”. Perché questa paura di affrontare ciò che il cuore desidera davvero? Perché ciò richiederebbe una passione per la realtà umana e le sue implicazioni, una fiducia nell’umanità, una determinazione a non escludere nessuno dei fattori coinvolti nella ricerca della libertà.
Questo è ciò che è in pericolo oggi. I miei amici di New York – osserva Albacete – lo sentono, se ne preoccupano, temono cioè di diventare cinici per evitare l’intolleranza delle posizioni rigide che vedono da entrambe le parti dello spettro politico. Ma il cinismo è il rimedio di coloro che hanno paura della realtà, che temono, cioè, che la realtà non possa soddisfare i desideri primordiali del cuore che ha sempre sete di più, anzi, di infinito, di eternità. Il problema è che la modernità come ideologia ha cercato di scindere la ricerca della libertà dal legame con l’infinito, dal legame con il mistero. Lo ha fatto in nome della libertà stessa, facendo della ricerca un circolo vizioso da cui non si può uscire. Una volta sottratto il senso religioso alla ricerca della libertà, non c’è assolutamente scampo al circolo vizioso che ne deriva, perché la libertà umana è proprio un legame con l’infinito. Per questo non può essere definita da nessuna ideologia o sistema filosofico chiuso. Può essere perseguita solo quando la ragione è attenta al senso religioso.
“Poiché i miei amici non sono sfuggiti al pregiudizio ideologico della modernità contro il senso religioso, possono vedere ciò che è necessario per suscitare di nuovo la devozione alla ricerca della libertà come realtà in continua espansione, ma non riescono a immaginare come ciò sia compatibile con la libertà stessa. E, così, il loro “interesse religioso” diventa un sentimentalismo superficiale e moraleggiante. Il che ci porta, ancora una volta, alla tentazione di abbracciare la moderazione ideologica. Datemi la moderazione o datemi la morte! Ed è proprio questo il problema. La modernità ha abbandonato il senso religioso e ora la post-modernità ci dice che non possiamo sperare troppo. La modernità, è stato detto, non solo ha rifiutato la credenza, ma ha anche corroso la disposizione stessa a credere, cioè a sperare che la realtà corrisponda ai desideri più profondi del cuore. Ciò che stiamo affrontando negli Stati Uniti è l’incapacità di fare fronte a questa sfida della modernità”.
Per Albacete la moderazione ideologica è l’ideologia non dei liberali o dei conservatori, ma dei codardi, o di coloro che sono stati feriti dall’aver sperato troppo. Ma così si assolutizzano inevitabilmente e continuamente dei particolari, si creano, cioè, degli idoli, perché l’uomo non può non sperare. Viene meno, così, ciò che unifica e dà speranza alla nazione favorendo con ciò anche il progresso. La critica tocca gli ideali americani, in particolare l’impegno storico della nazione per la libertà, ponendoli in contrasto con un ethos sempre più secolare che rischia di ridurre la libertà a ideologia, una trappola da cui non vi è “via d’uscita”. Questo dilemma è aggravato dal declino delle tradizioni associative e dei “movimenti” dove una ricerca comunitaria della trascendenza, della verità e dell’identità personale era possibile.
Ma ci si potrebbe chiedere infine: se il senso religioso sfocia in una fede, non costituisce questo un pericolo, come è emerso con forza dopo l’episodio delle due Torri Gemelle? Albacete sembra rispondere così a questo interrogativo: solo se la fede è intesa come un dono che non dipende da noi, ma come frutto di un incontro, soltanto se non diventa ideologia, essa non determina a sua volta violenza. Non si tratta di bloccare sul nascere la ricerca dell’assoluto e l’eventuale adesione ad esso, ma d’intenderle correttamente.
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.