C’è un momento nella vita di ciascuno nel quale si sente urgere la necessità di una riflessione, una riflessione sull’esperienza vissuta. Cose da vecchi? Forse, oppure solamente l’occasione del lockdown che ferma “il fotogramma” in un preciso istante di solitudine e pensiero e allora…

Nasce da questa occasione di tempo e spazio sospeso, il libro di Paolo Massobrio Del bicchiere mezzo pieno, quando nella vita conta lo sguardo (Edizioni Comunica, 2020).



Ad essere precisi-precisi nasce a tavola (come potrebbe essere altrimenti per Paolo…) una sera fra amici, che si rivedono dopo tanto tempo e che senza fretta e nostalgia, si raccontano.

Con l’amico il racconto non è mai cronologico, ma come scrive Paolo è un racconto di sguardi, perché è “lo sguardo che fa la differenza. E quante volte l’ho incontrato in questa vita; quante volte il modo di guardare ha cambiato il corso di una storia, producendo il virus di una positività. E quante volte ho pensato che avrei voluto stare il più possibile proprio con quelle persone, quasi per alimentarmi di quel modo di guardare che non era ancora, il mio”.



Con l’amico il racconto non è mai la forzatura di fatti o circostanze, ma è come il profumo che precede l’assaggio, l’ouverture del tema: “Che cosa riempie veramente la vita?”, affidando al lettore in questo caso la risposta personale.

Paolo Massobrio ripercorre 35 anni della propria storia personale e professionale attraverso “la via del racconto puro e crudo, sorpreso da un incontro con persone che ragionavano diversamente e che, in questo modo, modificavano il corso della storia”.

Ritrovo così nello scorrere delle pagine (e della memoria di Paolo) personaggi conosciuti solo dalle pagine dei giornali (Luigi Veronelli, Bruno Lauzi, Antonio Ricci, Giacomo Poretti, Angelo Gaja ecc.) ad amici nel cammino della vita (Luigi Giussani, Giorgio Vittadini, Luca Doninelli) e tanti altri con curiosità letti e con stupore scoperti.



Incontri che hanno segnato profondamente Paolo nel suo essere e certe pagine sono come pennellate di affettività nel quadro del destino della vita.

Anche i luoghi respirano di questo orizzonte, perché nessuna persona nasce imparata, ma cresce, respira, vive per osmosi del luogo e dei rapporti in cui è nato e vive. Ecco allora che si entra in quelle case e incroci di strade di un Piemonte a me sconosciuto, ma che attraverso queste pagine cominciano a diventare familiari e a far rivivere il tuo (del lettore) cammino di memoria.

Infatti sta in questo la bellezza di queste pagine dove, finito il libro di Massobrio, inizia il tuo cammino di memoria degli sguardi e dei volti compagni alla vita.

Nota bene finale: è un libro che va letto come si sorseggia un vino da meditazione, prima il profumo dell’indice e dell’introduzione dell’autore, poi piccoli sorsi trattenendoli affinché il vero emerga lentamente, ma inesorabilmente (io l’ho accompagnato ad un Gattinara Riserva 2015 Travaglini, e spero che Massobrio apprezzi).