Quindici workshop, nove concorsi, quarantadue borse di studio. Al Pan di Napoli dal 23 novembre al 1° dicembre si è svolta la quarta edizione di Arte che cura, festival dell’arte e del benessere, manifestazione ideata dallo psicoterapeuta Massimo Doriani. Sabato 7 dicembre, al Circolo Ufficiali, nuovo round con le imprese innovative che parlano dei propri processi creativi come fattore di successo.



Massimo Doriani, perché questo incontro?

L’evento si inserisce nella cornice di un ambizioso progetto che si propone, innanzitutto, di promuovere momenti di incontro tra tutti coloro che sono interessati alle potenzialità trasformative e terapeutiche dell’arte. Il fine è quello di divulgare, facendo perno sulle energie e sui saperi delle migliori imprese della Campania, le idee e gli sviluppi derivanti da tale confronto allo scopo di sensibilizzare le istituzioni, il mondo accademico, i media e tutti i potenziali beneficiari dell’arte terapia. La scoperta della Bellezza come chiave di valorizzazione dei territori e delle comunità apre percorsi inediti anche per la politica e le istituzioni.



Psicodramma, videodramma, bioenergetica, scrittura, fotografia, pittura, musicoterapia: sono alcuni dei quindici laboratori esperienziali del Festival dell’arte che cura…

La manifestazione si avvale di un approccio che si basa sulla visione dell’arte come protagonista della vita sociale. Ed è il momento in cui il nostro sodalizio, raccolto intorno all’Accademia Imago, cerca la massima condivisione con la città, promuovendo un insieme articolato e composito di momenti culturali, accompagnato da convegni, seminari, stage, mostre, concorsi.

La rassegna trova nei laboratori il suo baricentro, non è così?



Certo. I laboratori offrono a tutti l’occasione per sperimentare in prima persona, gratuitamente, gli elementi basici che concorrono a una formazione completa in materia di arteterapia. A cominciare dal laboratorio di Teatroterapia, che quest’anno sarà condotto dal Centro di Psicodramma “Teatro y terapia” di Madrid.

Al centro della rassegna c’è quindi l’arte intesa non solo come capacità estetica, ma come occasione di espressione della creatività?

Sì. È quel percorso creativo capace di suscitare una trasformazione nel profondo e che infine porta al benessere. Perché dall’arte si può ricavare una funzione terapeutica, che è connessa allo svolgersi di un percorso creativo, attraverso le emozioni che esso suscita, affiancate a tecniche educative e terapeutiche scientifiche e rigorose. Non solo una festa della bellezza, ma un momento che generi un autentico processo di consapevolezza psicologica e sociale. Per questo i premi non costituiscono solo un riconoscimento della qualità delle opere e del talento degli artisti, ma hanno come obiettivo la creazione di arteterapeuti. Essi ammontano a un valore complessivo di 46mila euro, consistenti in una serie di borse di studio volte alla formazione di tutti coloro che, partendo dall’arte, vogliono dare un contributo psicologico e sociale al mondo che ci circonda. Così Arte che cura premia e diffonde l’idea che l’espressione artistica, coniugata a psicologia e competenze sociali, sia fonte di benessere e di evoluzione individuale e collettiva.

Quindi non solo arte come benessere, ma anche formazione professionale?

Con la nuova legge che disciplina le professioni non regolamentate dagli ordini del 2014, con le normative Uni del 2015 e con le direttive europee di questi ultimi anni stiamo lavorando assieme alle associazioni di categoria alla costruzione di una nuova figura professionale che contempli entrambe le competenze. Direi che siamo a buon punto, perché il titolo rilasciato con il diploma triennale e il successivo master biennale ha un valore europeo riconosciuto. Ciò a cui stiamo lavorando è renderla equivalente a una laurea.

Per questo motivo i premi sono in borse di studio?

Certo, perché volevamo diffondere non solo idee, ma anche competenze e conoscenze per quel grande bacino di persone che vivono con passione sia il mondo dell’arte che il mondo del benessere sociale e vogliono trasformare ciò in una vera e propria professione per il futuro.

Dopo i concorsi e i laboratori al Pan, per la prima volta il Festival incontra le imprese. Quali?

Il programma prevede una tavola rotonda con la Graded di Vito Grassi, presidente dell’Unione industriali di Napoli, il Gruppo Getra e Optima, che tra l’altro è uno degli sponsor dell’edizione 2019. A ciascuna verrà chiesto come può contribuire a cambiare il volto della città, mettendo a disposizione il patrimonio di competenze che ha accumulato nel perimetro delle attività d’impresa. Adolfo Bottazzo, direttore generale di Ima e vicepresidente di Confindustria Caserta per l’economia circolare e il territorio, interverrà per raccontare il progetto di recupero dei Giardini di Piazza Carlo III, antistanti la Reggia di Caserta. Infine, Laura Valente racconterà i percorsi virtuosi messi in campo dal Museo Madrenapoli, di cui è presidente, per il sociale in genere.

Da tempo parlate di un vero e proprio Movimento dell’Arte che cura. Cosa intendete promuovere?

Chiederemo a testimonial del mondo artistico napoletano e nazionale, a intellettuali e critici, a esperti del mondo culturale un endorsement a proposito dell’Arte che cura, con l’intento di mostrare come i vari linguaggi creativi possano diventare non solo strumento di rappresentazione, ma anche il mezzo tramite il quale, con un adeguato lavoro formativo, si possono curare patologie, trasformare contesti difficili e far crescere l’individuo. Il nostro impegno si rivolge a tutti coloro che vogliono conoscere, approfondire, studiare, diffondere, vivere questo mondo con consapevolezza.