Il nichilismo è tornato ad essere un problema nella vita delle persone, e nelle vicende del mondo. Questo è il Leitmotiv delle bellissime pagine dell’ultimo libro di Costantino Esposito, che ci consentono di conoscere gli aspetti costitutivi di una radicale forma di vita, che è quella del nichilismo. Il libro si compone di dieci scritti, comparsi sull’Osservatore Romano, ai quali se ne aggiungono altri otto originali. Non intende ricostruire la storia del nichilismo, ma si propone di descrivere e di analizzare da una prospettiva rigorosamente filosofica la questione oggi bruciante del nichilismo nella sua fenomenologia, nei suoi modi di evolvere e di trasformarsi, di riemergere e di nascondersi nelle più diverse aree tematiche del mondo della vita, come sono le poesie, i romanzi, i film, le narrazioni televisive, le testimonianze letterarie e quelle spirituali, che si intrecciano gli uni agli altri. Un comune filo rosso scorre lungo i diversi capitoli del libro, riunificandoli splendidamente nei loro orizzonti di senso.



Il titolo, Il nichilismo del nostro tempo (Carocci, 2021), ne indica gli orizzonti tematici, e il sottotitolo, Una cronaca, la spontaneità, la freschezza e l’attualità dello sguardo ermeneutico di Costantino Esposito, che consente ad ogni lettore, anche se non abbia formazione filosofica, di guardare al nichilismo nella sua realtà. Il libro non si limita a delineare la fenomenologia del nichilismo, ma si propone anche di indicare quali ne possano essere gli orientamenti, non solo filosofici, che consentano di arginare le conseguenze del nichilismo, dal quale sono così affascinate le più giovani generazioni.



Vorrei ora svolgere qualche ulteriore considerazione sulla fenomenologia del nichilismo, sulle forme che assume, o almeno può assumere, nel mondo della vita, ma anche su quello che esse ci dicono in ordine alle attese, e alle speranze, che sono in noi, in ogni età della nostra vita. Esposito dice che il nichilismo del nostro tempo può essere considerato come una chance al fine di intravedere un significato nell’esperienza che noi abbiamo nel mondo. Nelle espressioni più banali e quotidiane della nostra vita riemerge una resistenza (come dice Rilke, chi parla di vittoria, resistere è tutto) al dilagare del nichilismo, elemento costitutivo del mondo della vita di oggi, ma anche scintilla che porta a chiederci quale sia il significato profondo della vita. Il nichilismo ci porta ad intuire che non ci si salva da soli, e che il nostro destino è la comunione, il dialogo, la intersoggettività.



Un libro di grande valore conoscitivo, certo, ma anche educativo e formativo, che cambia radicalmente il nostro modo di vivere, ridando un nuovo senso alla vita. Una citazione, indispensabile a cogliere una delle molte correnti, confluite nel grande fiume narrativo del libro, è quella che dice che, per conoscere le cose, c’è bisogno di amarle. “Uno sguardo di affezione è richiesto anche quando usiamo la nostra intelligenza come una mera procedura di calcolo. Questa dimensione affettiva non va intesa però come un’aggiunta ‘sentimentale’ o come un’emozione soggettiva rispetto alla fredda constatazione dei dati oggettivi della realtà. Al contrario, quell’affezione costituisce la motivazione di fondo in ogni nostro atto conoscitivo, un’apertura della nostra mente che cerca il senso delle cose. Possiamo descriverla come un’‘attrazione’ che la realtà – le cose, le persone, la natura, gli eventi – esercita sempre sul nostro io, chiamandolo e sfidandolo a un viaggio di scoperta”.

Ogni capitolo ridesta scintillanti risonanze emozionali, e l’uno si intreccia all’altro, senza alcuna discontinuità, e non posso non dire la mia ammirazione dinanzi a ciascuno di questi capitoli, che si sgranano come perle di una collana preziosa, mai perdendo di vista il tema sconfinato del nichilismo, alla luce (anche) di riflessioni generate dalla presenza della pandemia. Il tema della morte si aggiunge a quello dell’infinito, e a quello del mistero, dello shock di fronte al mistero, che consente di comprendere ragionevolmente in quale modo la natura biologica si converte in coscienza, e in libertà.

Ma come non sottolineare ancora l’originalità e la profondità del capitolo sulla felicità, che si svolge seguendo il cammino tracciato da Sant’Agostino, che ha attraversato la sfida del nichilismo, e riassume la ricerca della fonte della felicità nelle tre semplici parole delle Confessioni: “gaudium de veritate”. Non lontana da questa è la riflessione, che si snoda in uno dei capitoli, ai quali la psichiatria fenomenologica non può non essere molto interessata, dedicato agli occhi con cui guardiamo il mondo, chiedendosi quante volte noi guardiamo senza vedere veramente quello che stiamo guardando, e quante volte il vedere può essere parziale, tagliato da una prospettiva più o meno ristretta, illusoria o ingannevole. Sì, la vista non è rivolta solo al mondo esteriore ma anche, e forse soprattutto, a quello interiore, e su questo tema Costantino Esposito rimanda alle celebri Lezioni americane di Italo Calvino, che hanno risonanze anche nella psichiatria, e nella vita di ogni giorno.

Gli ultimi capitoli del libro sono dedicati ad un tema, del quale si sono occupati in particolare Emanuele Severino e Umberto Galimberti, ed è il volto tecnico del nichilismo. “Se volessimo individuare i tratti caratteristici del nichilismo del nostro tempo certamente dovremmo andare a cercarli nell’assetto tecnico del mondo. In fondo è stato così sin dai tempi della prima, grande esplosione nichilistica novecentesca, in particolare in quello che già Nietzsche – come si è detto – individuava come nichilismo non più ‘passivo’, ma ‘attivo’”. Un libro di straordinario interesse per chi si occupa di filosofia, e di pedagogia, di psicologia, e di vita.

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