L’avventura europea della ragione, a partire dall’epoca moderna, ha intrecciato i suoi destini con l’ideale di un sapere che fosse in grado di difendere l’esperienza dell’umano da violenze e da contraddizioni. Tutto ciò lo si è tentato attraverso regole e norme. Questo sapere si è articolato come privilegio dato alle scienze fisico-matematiche della natura come modello di un sapere in grado da un lato di dominare i fenomeni e dall’altro lato di funzionare come un’etica “razionale” che, liberata da una fondazione “religiosa”, potesse garantire un controllo sociale degli irrefrenabili egoismi.
Gli esiti di questa vicenda della ragione sono oggi sotto gli occhi di tutti. Tale modello di sapere si è liberato dai vari “dogmatismi”, ma si è posto, tuttavia, come forma insuperabile e totalizzante di lettura e di pratica dell’esperienza umana. Il desiderio, la mancanza, la malvagità, ma anche la dedizione e l’amore sembrano relegati, in tale forma di sapere, ad una sorta di intimità fragile ed anche enigmatica, “inconoscibile”. La pretesa di un “io” post-illuminista in grado di costruire se stesso come dominio conoscitivo ed etico sembra necessariamente naufragare per l’eccedenza, nel bene e nel male, della natura dell’uomo rispetto a ogni forma di ingegneria sociale.
Nella seconda metà del secolo scorso, come è noto, varie voci nella filosofia, nella religione, nell’arte si sono levate mettendo in crisi tale ideale di un dominio conoscitivo ed etico dell’umano. Nel campo delle scienze fisico- matematiche Gaston Bachelard (1884-1962) ha svolto un ruolo eccentrico ed insieme decisivo perché ha fatto esplodere l’interna contraddizione del sapere moderno a partire da quello che era stato vissuto come l’esito migliore della modernità. Da Bachelard desiderio, immaginazione, problematicità, trascendenza non sono pensati come sentimenti o idee ospitati nell’interiorità dell’individuo, ma sono visti piuttosto come ingredienti dello stesso sapere “scientifico” e del suo sviluppo.
Un libro di Renato Boccali (Collezioni figurali. La dialettica delle immagini in Gaston Bachelard, Mimesis, 2017) affronta questo problema rilanciando questioni di metodo decisive per una concezione non ideologica, “dogmatica” in senso deteriore, del rapporto fra l’umano e la scienza moderna.
Ad uno sguardo d’insieme l’epistemologia di Gaston Bachelard si presenta come duplice, attenta simmetricamente all’asse scientifico-razionale e a quello poetico-immaginativo. Siamo di fronte a una polarità d’esclusione tra concetti e immagini che, tuttavia, si rivelano complementari secondo una doppia logica, diurna e notturna, che chiama in causa un’antropologia completa, quella dell’uomo delle ventiquattro ore che, pur mantenendo separata la vita razionale da quella onirica, realizza un’esistenza tonificante per lo spirito e moralmente responsabile per il mondo, grazie ad un doppio “impegno”: scientifico e poetico.
È per questo motivo che, accanto ai costanti processi di rettificazione del pensiero rispetto al reale, che mirano a porre un freno all’invasione di immagini, necessariamente isolate ed emendate per un corretto funzionamento della razionalità scientifica, è fondamentale assumere un atteggiamento di accoglienza “poetica” di quelle stesse immagini, le quali, nell’atteggiamento “estetico”, assumono il ruolo di valorizzatori della vita dello spirito. Per questo accanto all’atteggiamento scientifico, accanto alla verità epistemica, occorre far spazio all’immaginazione come facoltà di deformare le immagini fornite dalla percezione, di liberarci dalle immagini prime, di cambiare le immagini, aprendo lo spazio per un’azione immaginante che trova il suo perno nella rêverie, ossia in quell’attività sognante che però non abbandona la dimensione del cogito, che non coincide con il sogno notturno, ma si struttura in una posizione intermedia tra il sogno e la veglia.
Così si dischiude la possibilità di aprire molteplici traiettorie d’immagini che si condensano in veri e propri “immaginari” legati in un primo momento agli elementi materiali, i quattro elementi della cosmologia classica, acqua, aria, terra e fuoco, per poi essere concepite dal filosofo in maniera sempre più libera, secondo aggregazioni associative e interattive che costituiscono delle vere e proprie costellazioni.
La domanda che dovremmo porci è dunque: la filosofia dell’immagine bachelardiana ci può essere d’aiuto per comprendere l’imagosfera contemporanea, caratterizzata da una sempre maggiore intermedialità e virtualità?
L’approccio bachelardiano sottolinea con efficacia la necessità di accostare a una funzione del reale una funzione dell’irreale, una funzione irrealizzante, appunto, che ci spinge a distruggere le immagini ricevute per realizzarne di nuove, attivando la funzione poetico-creatrice che si trova in ogni uomo, attivata grazie al contatto con altre immagini “creative”, siano esse immagini parlate o immagini visive. Lo spazio estetico, inteso quindi in senso molto ampio, permette all’uomo di attivare immagini interne, “continuare” la traiettoria di immagini ricevute secondo percorsi individuali radicati nella dimensione creativa della nostra psiche, in quella che alcuni definiscono “mente estetica”. Ciò accade attraverso un processo di “risonanza” per mezzo del quale l’immagine ricevuta continua a riecheggiare all’interno dell’individuo, attivando nuovi percorsi e traiettorie d’immagini che rendono “salubre” la vita psichica del soggetto immaginante, il quale produce immagini sempre nuove, secondo un processo di propagazione che è alla base del dinamismo immaginativo.
In questo modo l’uomo notturno può tornare alla sua attività diurna tonificato, pronto per il difficile lavoro della scienza che ha il compito di liberarsi da ostacoli interni, dalle valorizzazioni indebite di immagini in vista di un materialismo razionale e discorsivo, sempre pronto a ricominciare, rinnovare e riorganizzare il sapere. Si tratta di una pratica attiva del fare scienza, di un razionalismo applicato che allude ad un soggetto che non è mai puro e che soprattutto pratica la scienza all’interno di una vera e propria cittadella della scienza, all’interno di una comunità del sapere condiviso e rettificato.
Lo sforzo bachelardiano consiste quindi nel cercare di mappare le opposte regioni in cui si articola la vita del soggetto, tentando di rendere conto della vita della psiche secondo gli assi antitetici ma complementari del diurno e del notturno.
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Venerdì 5 marzo alle ore 17,30 il libro sarà presentato in zoom a cura di Prologos, Gruppo per scoprire interrogare insegnare la filosofia. Saranno presenti l’autore Renato Boccali e, come discussant, Antonio Allegra. Seguirà un libero dibattito. Per collegarsi aprire il sito: www.prologos.it.