Bologna, primi anni duemila. In città si verifica una serie di omicidi efferati, con un denominatore comune: le vittime sono tutte uomini che, in un modo o nell’altro, hanno all’attivo episodi di violenza sulle donne. E il loro ultimo incontro è stato appunto con una donna, abbigliata in modo vistoso e sensualmente incongruo ai luoghi dove si sono verificati gli omicidi. Questo è il punto di partenza dell’ultimo libro di Barbara Baraldi, La bambola dagli occhi di cristallo (Giunti, 2024); o meglio, del primo libro di Barbara Baraldi, dato che si tratta dell’esordio dell’autrice nel thriller, qui riproposto con le opportune revisioni: il romanzo venne infatti pubblicato nel 2008 nella collana “Il Giallo Mondadori”, ma la sua gestazione risaliva a tre anni prima, al 2005, quando Bologna venne funestata da una serie di aggressioni nei confronti delle donne. E, come ricorda l’autrice stessa, il senso di impotenza e oppressione di fronte alla crudeltà di quei fatti di cronaca fu tale da indurla a scrivere quasi di getto il romanzo. La rabbia e la frustrazione di Barbara Baraldi contro l’impossibilità di far cessare abusi, violenze, fisiche e morali, su quanti e quante sono percepiti come anelli deboli della società, sono palpabili, anzi, esondano, e si concretizzano nella figura di un killer tanto misterioso e sfuggente quanto ardito e sicuro di sé, che lascia accanto ai cadaveri indizi di puro orrore.
La trama del romanzo di Barbara Baraldi si dipana dunque attraverso tre fili narrativi che finiranno per intrecciarsi: il primo, naturalmente, è quello relativo alle indagini sul killer, condotte dall’ispettore Marconi, tanto affascinante quanto disilluso; il secondo riguarda Viola, una giovane trasferitasi da poco a Bologna, al seguito del fidanzato Nunzio. Per Nunzio, il suo grande amore, la ragazza ha lasciato la sua regione, la sua famiglia, i suoi amici; ma il risultato è stato una voragine di solitudine, e di dubbi, dato che Nunzio, in teoria, dovrebbe lavorare nel negozio di un parente, ma, da molto tempo, mette in atto comportamenti strani e dimostra una possessività allarmante nei confronti della sua ragazza. Inoltre, Viola ha delle visioni: sogni che sembrano anticipare fatti terribili e sanguinosi, e che la accompagnano da quando è bambina.
La terza storia, infine, è quella di Eva: timida, riservata, viene dalla provincia e dopo aver condotto studi di arte ha trovato impiego in un’agenzia pubblicitaria. Ma per farsi largo in certi ambienti lavorativi servono grinta, faccia di bronzo e una robusta dose di indifferenza nei confronti del prossimo: tutte doti – se così si può dire – che alla ragazza difettano, e questo la condanna a vivere nell’ombra, perennemente sottovalutata, e persino derubata delle sue idee. Nella stessa agenzia pubblicitaria, però, lavora anche Giulia: figlia di un ricchissimo notaio bolognese, ha ottenuto quel lavoro grazie alla rete di relazioni di suo padre; e a differenza di Eva, che non ha mai avuto un ragazzo e che passa le serate nel suo monolocale tutto spigoli con la sola compagnia della gatta Miew, Giulia è corteggiata e corteggia senza falsi pudori i ragazzi, è esplosiva, modaiola, piena di iniziative, a volte inconcludenti, ma che rendono la sua vita piena e colorata. Diverse come il giorno e la notte, Eva e Giulia diventano amiche pressoché inseparabili, e Giulia convince la collega a iscriversi, anzi, la iscrive proprio materialmente nella stessa palestra da lei frequentata. Giulia inizia quindi un corso di kick boxing: e, sorpresa, nonostante l’apparente scetticismo dell’istruttore stesso, in breve si rivela una delle allieve più costanti e più dotate. Pian piano, acquisisce così quella sicurezza in sé necessaria a imporsi nel lavoro, e i primi successi non tardano ad arrivare; senza contare l’intima soddisfazione di aver preso, a sua volta, sotto la sua ala protettrice (diciamo così) un ragazzino timido preso di mira dal bullo della scuola.
Nel frattempo Viola, agghiacciata dalle sue visioni oniriche, decide di parlarne con la polizia, venendo ascoltata proprio da Marconi, che, nel frattempo, pur di acciuffare il, anzi la killer, sta seguendo ogni più labile indizio, immergendosi nel sottobosco tenebroso della vita notturna bolognese.
La conclusione non ve la anticipo, ma vi dico solo che il finale vi spiazzerà e vi lascerà addosso un senso di disagio profondo, e che il libro della Baraldi, pur se profondamente revisionato, tanto da poter essere definito dall’autrice stessa un’opera molto diversa da quella edita nel 2008, davvero, di fronte al perdurare dell’emergenza sociale e umana della violenza, dimostra di essere frutto della “medesima urgenza” del “medesimo furore” da cui nacque.
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