Era il settembre 1999 quando i lettori di Dylan Dog, il fumetto Bonelli, scoprirono Paola Barbato, che sceneggiava la sua prima avventura sulla serie regolare dell’investigatore dell’incubo con sede a Craven Road. E fu folgorazione. Da allora in poi, migliaia di lettori impararono ad aspettare e apprezzare le sue storie, sempre tesissime, inquietanti, dolorose, e, soprattutto, dotate della capacità di scavare nei meandri più profondi e oscuri dell’animo umano, fra ossessioni, desideri, pulsioni inconfessabili, raffinate crudeltà. Per cui Bilico, il primo, crudelissimo, originalissimo romanzo di Paola Barbato (2007) – che aggiornava ai tempi contemporanei una semplice e cartesiana intuizione di Agatha Christie – venne accolto con entusiasmo da una legione di estimatori. Poi, ça va sans dire, il successo si è ripetuto. E così è anche per Vengo a prenderti (Piemme 2020), il romanzo con cui termina la trilogia iniziata con Io so chi sei e Zoo.



In Vengo a prenderti troviamo un apparente “eroe per caso”, Francesco Caparzo, detto “la Bestia”: un uomo di cinquant’anni “enorme, taurino, i capelli rasati a zero e un’espressione bolsa negli occhi chiari, nascosti in tanta carne”. Una personalità opaca in un fisico da Hulk, un agente che uno dei suoi superiori definisce “ignorante come la malta (…) un passacarte, che non aveva nessuna idea di quello che stava facendo”. Eppure, questo personaggio, regolarmente lasciato in commissariato, mentre i suoi colleghi più scafati, più furbi, più aitanti, formati alle nuove tecnologie e alle sottigliezze della criminologia, si possono mettere in luce con le indagini di cui i giornali e i tg parlano senza sosta, riesce in un colpo impensabile, inimmaginabile: mentre si è messo sulle tracce di Lucio Donadio, ex fidanzato e ora stalker di una donna, Marilena Bacarelli, ancora giovane, ancora bella, Caparzo arriva in vecchio capannone, una struttura industriale dismessa, isolata da tutto.



Lì dentro scopre uno spettacolo orribile, ai limiti dell’incredibile e del disumano: undici carrozzoni da circo in cui vengono tenuti prigionieri individui trattati alla stregua di bestie, un carrozzone vuoto per accogliere la donna perseguitata, e lo psicopatico davanti all’agente Caparzo. Un colpo di pistola uccide il sequestratore folle, e rende “la Bestia” un eroe nazionale, osannato dai media e guardato con invidia – e anche con franco odio, diciamolo – dai suoi più blasonati colleghi: perché, siamo sinceri, a chi mai può capitare di imbattersi per caso in un criminale seriale, ricercato da tutti i commissariati, e ucciderlo?



Eppure, le cose non stanno proprio così come sembrano. Per prima cosa, per seguire quello stalker, Caparzo ha fatto delle cose non propriamente commendevoli. E poi, presto si profila il sensato e motivato sospetto che fra le vittime del criminale ucciso si nasconda un complice, forse addirittura la mente perversa che ha organizzato tutto: un criminale raffinatissimo che riesce a scappare dall’ambulanza che l’aveva soccorso. Per risolvere questo enigma, bisogna tornare al capannone degli orrori, e alle vittime. Caparzo, la “Bestia”, inizia allora a indagare sulle vittime, a ricostruire non solo le loro personalità, ma a cercare, ostinatamente, di portare in luce i loro segreti, denudando quella parte di sé che ogni uomo vorrebbe nascondere, lasciare nell’ombra. In particolare, una delle persone più interessanti coinvolte nel caso è Alessandra Gatteschi, una donna più grande dello stalker assassino, decisamente benestante, per nulla avvenente e con una storia particolare alle spalle: figlia prima scapestrata e ribelle, per reazione a un’infelice condizione fisica e familiare, poi diventata pasionaria della difesa degli animali.

Intanto, parallelamente all’indagine di Caparzo, qualcuno inizia a perseguitare i sopravvissuti del capannone degli orrori, con oggetti che soltanto il loro carnefice può conoscere. Poi, iniziano gli incidenti: dapprima, assolutamente casuali, trascurabili, ininfluenti; o meglio: così dice la polizia; però, ben presto i sopravvissuti iniziano a morire. E a questo punto Caparzo dovrà rimettere insieme i pezzi di un’indagine che, come sempre nei romanzi di Paola Barbato, di colpo di scena in colpo di scena conduce alla soluzione di un enigma complesso, contorto, crudele, fino al cuore del male assoluto.

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