“Turner comunicò immediatamente di detenere mandati per l’arresto di William H. Bonney e altri fra i suoi compagni (…). – Anche noi abbiamo mandati per voi e per tutta la vostra banda, e ve li serviremo ben caldi dalla bocca delle nostre pistole! –”.
Questo memorabile scambio di battute è solo uno dei molti che segnano L’autentica vita di Billy the Kid (Lorenzo de’ Medici Press, 2024), la biografia del bandito, all’anagrafe William Bonney, che terrorizzò il Texas e il Nuovo Messico tra 1878 e 1881, scritta da Pat Garrett, lo sceriffo che lo uccise. Il libro, per la prima volta tradotto in italiano da Aldo Setaioli, latinista conosciuto in tutta Italia e nel mondo, professore emerito dell’Università di Perugia e poliglotta coltissimo e dai molteplici interessi, ci presenta uno spaccato della “Vita quotidiana nel Far West” – giusto per riecheggiare il titolo di una fortunata collana editoriale Bur di qualche anno fa: vediamo così tutta la precarietà, la violenza, ma anche lo spietato e crudele senso dell’onore degli uomini che popolavano quelle lande dove la legge, molto spesso, era labile e poco consolidata.
William H. Bonney, il protagonista di questo racconto, era nato a New York il 23 novembre 1859; il soprannome di “Kid” è dovuto alla giovanissima età cui iniziò quella carriera da desperado che lo rese uno degli uomini più temuti del West. E poi, la sola fotografia che possediamo di lui ce lo mostra, giovanissimo, con una espressione che non ci fa certo pensare a un coraggiosissimo e crudele ladro di bestiame, cavalli, bandito e assassino; anzi, gli incisivi leggermente sporgenti nel volto del ragazzo che ci fissa da questo scatto di quasi centocinquant’anni fa, senza sorridere (come era uso nelle fotografie di un tempo), ci fa immaginare il suo sorriso obliquo, dolce e al tempo stesso sinistro, quando minacciava uno dei suoi avversari.
Fin da bambino, William Bonney aveva dimostrato “uno spirito di temeraria audacia, ma anche sentimenti dolci e generosi, che ne fecero il beniamino dei suoi giovani compagni nei suoi momenti più amabili, e il loro terrore quando la collera s’impadroniva di lui”. L’affetto più radicato e tenace della sua vita fu la madre, che Billy “amava e onorava più di qualsiasi cosa al mondo. Ma la sua casa non era un luogo felice per lui”. E proprio in conseguenza di uno sgradevole avvenimento a carico della sua amatissima madre, William, allora ragazzino, iniziò la sua carriera di criminale, che lo lasciò in balia dei suoi impulsi e passioni: “Mentre la madre di Billy passava davanti a un capannello di sfaccendati per strada, un sudicio perdigiorno fece un complimento offensivo su di lei. Billy lo sentì e, veloce come il pensiero e con il fuoco negli occhi”, si scagliò contro l’uomo, colpendolo, ma venendo trattenuto da un passante dal compiere azioni più gravi. Tuttavia, questo non era abbastanza per un carattere ardente e violento come quello di Billy, che, nottetempo, prima si procurò un fucile, e poi, una volta dissuaso dal farsi vendetta in questo modo, si vide coinvolto in una rissa da saloon, strascico del primo scontro. E se a quella età ancora tenera Billy era stato solo spettatore delle zuffe che avvenivano in città, quella volta intervenne, macchiandosi per la prima volta le mani di sangue. “Se ne andò messo al bando come Caino, ma meno fortunato del primo assassino perché nessuna maledizione venne lanciata contro chi l’avrebbe ucciso (…). Si allontanò per sempre dalla sollecitudine, l’amore e l’influenza di una madre affezionata, perché non avrebbe più visto il suo volto”.
Da questo momento in poi, Billy inizia la sua carriera da fuorilegge, e, parimenti, come sottolinea Pat Garrett, si delinea il paradosso che caratterizzerà la sua intera vita: “Bill amava e venerava realmente sua madre, e tutta la sua successiva vita di delitti restò segnata da una profonda devozione e rispetto per le donne rette, derivata indubbiamente dalla sua adorazione per lei”.
Nelle pagine successive, Garrett racconta dunque le imprese di questo desperado, capace di uccidere a sangue freddo, con la sua consueta espressione imperturbabile, dedito al furto di cavalli, capace di depredare e all’occasione di trucidare, di farsi giocatore di prim’ordine in Arizona, e di impegnarsi nella cosiddetta “guerra del bestiame della contea di Lincoln”. Così venne chiamata una serie di scontri condotti fra grandi allevatori e proprietari di immense mandrie di bovini, per tramite dei pistoleri assoldati dalle fazioni in lotta. Ma già prima di questo conflitto, il giovanissimo bandito aveva dimostrato un coraggio non comune, producendosi in spericolate acrobazie criminali in sella al suo fidato cavallo grigio, e un forte senso di lealtà, quasi cavalleresco, verso gli amici e nei confronti della parola data. Si trattava di tempi ardui, e difficili: ma anche i criminali avevano una sorta di senso dell’onore, che Pat Garrett stesso, l’autore di questa Vita, tende a ribadire per quanto riguarda se stesso.
Infatti, raccontando l’incontro ravvicinato – dovuto a un puro colpo di fortuna – che ebbe con il Kid, fatale per quest’ultimo, Garrett ribadisce di non avere adottato sotterfugi vigliacchi, ma solo la necessaria cautela nel dare la caccia a un temibile ricercato, il quale sapeva bene che un incontro con lo sceriffo “significava resa o combattimento”. In altre occasioni, Bonney aveva per giunta dichiarato che, anche se non nutriva alcun risentimento personale contro lo sceriffo Garrett, sapeva molto bene che incontrarlo avrebbe significato arrendersi, uccidersi o essere ucciso.
E così, negli Addenda a questa Vita, Pat Garrett risponde alle critiche di chi lo accusa di essere un vigliacco: “Avevo paura? Immaginate che un uomo della famosa gentilezza e amabilità di carattere e temperamento del Kid vi avesse avvertito che quando vi foste incontrati avreste fatto bene ad ‘arrivare sparando’; immaginate che vi fosse capitato addosso inaspettatamente con una pistola in mano, mentre la vostra era nella fondina. Spaventato? Voi non vi sareste spaventati? Non mi sono azzardato a rispondere alla sua domanda – Quien es? –, perché il primo suono della mia voce (che lui conosceva perfettamente) gli avrebbe dato il segnale per fare un bersaglio della mia persona con la sua pistola a innesco automatica, dalla quale era suo costume sputare un’ininterrotta corrente di fuoco e di piombo infallibilmente, in qualsiasi direzione si confacesse ai suoi scopi. Avevo paura, capitano? Bene, direi di sì”.
Il tono del racconto, avvincente, quasi cronachistico, ha il merito di calarci in un’altra epoca, crudele e spietata, in cui la vita umana era labile e legata a un filo sottile: un mondo che abbiamo conosciuto, solo in parte, grazie ai film ambientati nel West, e che rivive nelle parole di Pat Garrett.
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