“Tutti ormai sanno che su di me sono stati pubblicati fantastilioni di libri, e che altri ne usciranno nel prossimo futuro. Colgo l’occasione per incoraggiare coloro che mi hanno conosciuto, che mi hanno visto o che hanno sentito parlare di me a mettersi sotto e scrivere i loro libri. Non si sa mai, qualcuno potrebbe avere dentro di sé un grande libro”.



Queste sono le parole di un provocatorio Dylan a seguito di alcune polemiche montate dopo la sua tournée in Cina nel 2011. Più che un incoraggiamento risulta come un vero e proprio monito: oggi come oggi scrivere di Bob Dylan e suscitare interesse nuovo è davvero un’impresa ardua. I libri dedicati a Dylan sono centinaia e forse migliaia, in particolare dall’assegnazione del Nobel le nuove pubblicazioni e le riedizioni si sono moltiplicate nella speranza di fornire risvolti nuovi dell’artista americano. Così come “Nessuno canta il blues come Blind Willie McTell” diceva Dylan, nessuno può raccontare Dylan meglio di Dylan perché è da Chronicles del 2004 che aspettiamo il Volume II per leggere qualcosa di davvero originale e di autentico sul suo conto. E questo ovviamente può avvenire solo dalla sua penna.



Con cura, rispetto e dovizia di particolari hanno provato a fornire una loro versione del misterioso mondo di Dylan Federico Boggio Merlo e Sergio Gandiglio con “Bob Dylan in Italia – Un Fantastico Viaggio in 100 (uno) concerti” (Arcana – 573 pagine). Devo ammettere che con originalità, competenza e passione sono riusciti bene nel loro intento. I due autori hanno deciso di raccontare uno degli aspetti più controversi e dibattuti della vita artistica di Bob Dylan: le sue esibizioni dal vivo (in show & concert) in Italia. Nel farlo hanno preso in esame essenzialmente il Never ending tour (il 7 giugno 1988 il kick off ufficioso) perché nel nostro Paese, fatta eccezione per i tour del 1984 e del 1987, Dylan con la sua band di turno, è venuto spesso e con cadenza regolare per portare in giro il Tour infinito. Infatti negli anni 60/70 Dylan non è mai venuto a suonare da noi fatta eccezione per la fantomatica esibizione del Folk Studio di Roma del ‘62 di cui si è persa memoria.  I concerti nella nostra penisola sono stati tantissimi, Cento o Centouno a seconda che si consideri o meno la mini esibizione davanti al Santo Padre Giovanni Paolo II in occasione del XXIII Congresso Eucaristico Nazionale tenutosi a Bologna nel 1997. Un numero di concerti esorbitante se lo si confronta con un qualsiasi altro artista internazionale.



Gli autori, in questo lavoro certosino di ricostruzione, si sono divisi i capitoli che rappresentano di fatto gli anni in cui Dylan ha tocca la Penisola con il suo tour. Un lavoro imponente che ha richiesto un anno e mezzo di tempo fatto di esperienza diretta, 2/3 dei live sono stati vissuti dal vivo, mentre i concerti restanti sono stati ricostruiti ascoltando e riascoltando registrazioni audio e spezzoni video passando al setaccio canzone per canzone come dei cercatori di pepite del Klondike.

Dylan è da sempre uno degli artisti più enigmatici e indecifrabili ma per questi motivi anche uno dei più affascinanti. Tutto si potrà dire sul suo conto ma non che si sia mai risparmiato: centinaia sono i concerti tenuti ogni anno nel mondo e pochissimi sono gli show annullati di cui uno solo in Italia a Udine nel 2001 per via di un violento nubifragio (a cui si potrebbe aggiunge Macerata nel 2006 cancellato pare per scarse prevendite). Tra i fan di lungo corso gira il detto: “Non hai ancora visto Dylan dal vivo? Non preoccuparti, è solo questione di tempo, prima o poi verrà nella tua città”. E come dar loro torto, finora sono state ben 46 le città toccate dai suoi tour. Dove trovate un altro artista di caratura internazionale che va a suonare a Cosenza, ad Aosta o a Cava dei Tirreni? Tanti sono i luoghi diversi in cui Dylan ha portato la sua arte: Stadi (San Siro prima di Springsteen e ben prima di Vasco e Ligabue…), Arene, Piazze, Palasport, Spianate, Teatri, Parchi, Ippodromi ma anche Discoteche, Ville e Castelli hanno fatti da cornice alla sua musica.

I risultati sono stati alterni e non sempre all’altezza della sua fama: il libro descrive bene gli anni di grazie come il 1984, il 1987 e il 1998-2002, ma anche le fasi di stanca del 2005-2009. Sulla buona riuscita delle tournée più che le canzoni in setlist hanno pesato altri fattori come l’umore, la condizione fisica, i vezzi e la genialità di Dylan ma tanto ha fatto la composizione della band sul palco: Mick Taylor, Tom Petty e i suoi Heartbreakers, Larry Campbell, Charlie Sexton hanno contributo non poco al successo degli show. Parte del pubblico occasionale e i suoi detrattori lamenteranno un Bob Dylan poco sensibile e poco rispettoso nei loro confronti. Sui seguenti aspetti le critiche sembrano trasversali e ricorrenti: stravolge le canzoni tanto da renderle irriconoscibili (ah ma questa è davvero Like a Rolling Stone?!??), non esegue sistematicamente i suoi Greatest Hits (ma come non fa Hurricane?!?!), i testi non si capiscono (biascica le parole), ha poca interazione con il pubblico (oh almeno un saluto poteva farlo!), almeno poteva fermarsi per una foto e un autografo all’uscita (sì ciao aspetta e spera, se va bene è già nella sua suite dell’hotel che sorseggia un whiskey, altrimenti sta già macinando chilometri per raggiungere la tappa successiva). I fan invece, accecati dalla luce, troveranno sempre almeno uno spunto per essere soddisfatti delle sue performance a prescindere da tutto il resto.

Il libro non ci svela se Dylan preferisca la cacio e pepe o la carbonare (ce ne faremo una ragione), ma tante sono le curiosità raccontate in ogni tour: la prima data in Italia all’Arena di Verona, il flop al botteghino di Sanremo (non del Festival), gli autografi firmati al molo di Cagliari e molto altro ancora. Infine sono interessanti le statistiche riportate nel testo: le canzoni più eseguite sono All along the Watchtower e Highway 61 revisited (66 volte e mai una versione uguale), la città più visitata Milano (20), la location più utilizzata il Palaeur di Roma (8) e l’anno con più tappe in Italia il 2018 (9 date).

Per quanto il libro sia uscito poco prima di Natale è ancora attualissimo: aggiornato fino al suo ultimo concerto in Italia dell’Arena di Verona dell’aprile scorso, non ci sono nuovi capitoli da aggiungere. Nel 2019 al momento non sono previste date nel nostro Paese: certamente non in Primavera dove è passato solo a pochi Km di distanza a Locarno; difficile in Estate dove comunque ci sono ancora buchi di date ma il tempo stringe per un eventuale Booking; ancora possibile invece negli ultimi mesi dell’anno.

In definitiva “Bob Dylan in Italia” è un’ottima enciclopedia e i fan di vecchia data si divertiranno a fare “celo celo manca” e a rivivere data per data e, canzone per canzone, le emozioni grazie alle impressioni e al rendiconto puntuale degli autori. Chi si sta avvicinando più recentemente all’opera di Dylan invece avrà la possibilità di approfondire la conoscenza di un talento unico che nei confronti del nostro Paese ha sempre mostrato una considerazione e un affetto particolare. Ovviamente questo libro è anche un invito implicito a fare esperienza diretta e di andare a sentire Dylan almeno una volta perché in maniera discreta, ma con tanta dignità, Dylan porta in giro il suo spettacolo e fa quello che dovrebbe fare ogni musicista cioè “suonare e basta”. Per chi invece è di casa a suoi spettacoli sa bene che come scrivono gli autori “Ogni volta è come se fosse la prima… in questo mondo perennemente in maschera… riesce a conquistare tutti pur rimanendo se stesso”.