Nel mese di luglio la nazionale italiana di calcio si è insediata sul tetto d’Europa, vincendo il torneo che le dava diritto al titolo di campione d’Europa. Nei giorni successivi con l’inizio delle Olimpiadi di Tokyo la parola campione ha cominciato a circolare in modo insistente nella stampa e nei media. Ad essa dunque vorremmo dedicare questa nota.
Il punto di partenza è naturalmente il latino campus. Oltre è impossibile andare: non vi sono radici con cui connettere la parola né all’interno del lessico latino né in altre lingue indoeuropee: tentativi fatti in questo senso non hanno prodotto risultati. Vi sono anche poche derivazioni come campestris o campanus, ma nel complesso non pare che il termine sia stato particolarmente produttivo in latino.
Campus designa un vasto terreno pianeggiante, senza nessuna indicazione circa le sue destinazioni. Il campus si presta però a due utilizzazioni fondamentali: l’uso come terreno per la semina di prodotti agricoli e il vasto spiazzo che permette l’effettuazione di manovre militari ed esercitazioni. Come si può osservare dai lessici, la parola prosegue naturalmente la sua vita nella storia del lessico italiano e il significato prevalente rimanda in prima istanza al valore agricolo.
Anche nel vecchio Tommaseo-Bellini il significato primario a cui si rinvia è il seguente: “spazio di terra ordinariamente piana, aratía, e all’aperto, e dicesi per lo più della terra nella quale si semina grano, o sim.”. E anche nel più recente lessico del Battaglia campo è innanzitutto uno “spazio opportunamente delimitato di terreno, lavorato e coltivato”. Ben presto accanto a campus “terreno agricolo” nasce e si estende l’uso di campus “terreno di lotta, zona dove si svolge uno scontro militare”, e semplicemente “lotta”. L’uso del termine s’incontra inizialmente nel latino delle truppe mercenarie germaniche, nella forma kamp (settentrionale) o kampf (meridionale): sarà quest’ultima a prevalere, come si vede dai derivati (p.es. Kämpfer “combattente”)
Le modalità esatte della formazione e dell’insediarsi della parola in francese antico non sono chiare, anche perché le nostre fonti non sono molto abbondanti. La forma genuina in francese antico sarebbe champion, ma sussiste a lungo anche la variante dialettale campion. Nei testi più antichi campiun designa chi sostiene un combattimento giudiziario: poi questa idea si attenua, e champion designa chi si impegna in un torneo, magari per sostenere una causa d’onore oppure il prestigio di una località o anche semplicemente per affrontarsi in una gara come occasione di passatempo. La letteratura francese antica più volte ci mette di fronte descrizioni di tornei che spesso sono allegre occasioni di incontro nelle quali si ritrovano, insieme alle consorti, personaggi famosi dell’epoca, con grande sfoggio di colori e tessuti e prodotti locali. Si realizza così un championnat, parola che si estende ampiamente raggiungendo confini lontani.
In Italia la più antica attestazione di campion si ritrova nel poeta Uguccione da Lodi (XIII sec.), nel cui poema Libro de Uguçon de Laodhtani leggiamo (v: 660) “de li al[tri] peccadhi eu no sai far rason. Encontra T[i] fui forte campïon”. Poi, l’idea del campione come lottatore eccellente si estese anche al di fuori dell’attività sportiva, ed entrò nel lessico merceologico: ove la troviamo in numerosi statuti. In altre aree romanze possiamo trovare suffissazioni diverse, per esempio lo spagnolo campeador.
Una nuova epoca di vitalità per le derivazioni di campus inizia nel XVI secolo in Inghilterra, con la formazione del verbo camping “fermarsi su uno spiazzo, sostare in una determinata località”. Gli usi specifici moderni (“accamparsi, trascorrere le notti in un tenda”) sono ancora successivi. Oggi abbiamo una ulteriore derivazione in camper, autofurgone attrezzato per trascorrervi le vacanze.
In conclusione, la storia di questi termini, anche se non fornisce spunti di riflessione particolarmente suggestivi, è un’occasione per osservare movimenti e scambi di idee che percorrono la storia dell’Europa moderna.
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