Intemperie, il romanzo di Jesús Carrasco, racconta la fuga di un bambino attraverso una pianura inospitale da un luogo dove impera la violenza. È un racconto che si svolge in territori iberici, in un periodo che potrebbe essere quello del dopoguerra e i cui protagonisti non sono indicati con i loro nomi propri.

Tutti segni di un’opera che presenta una profonda vocazione universale. Potrebbe essere accomunata alla migliore narrativa nordamericana (C. McCarthy, R. Carver o F. O’Connor), alla narrativa spagnola rurale (C. J. Cela, J. Jiménez Lozano, J. A. González Sainz, Ana M. Matute o M. Delibes) o ai racconti di A. Cechov, Isak Dinesen e O. Henry.



Intemperie è semplicemente un’opera d’arte, entra nella lista di quei testi che offrono un’esperienza così vera e con un linguaggio così appropriato e limpido che il lettore si sente affettivamente coinvolto nella storia e nel suo significato.

Parte della forza del romanzo è nell’essere ambientato all’aperto: tra lecci e canneti, aride pietraie e argilla rinsecchita, all’ombra di cisti bruciati e olivi contorti. Il mondo del bambino e del pastore che incontra nella sua fuga è quello del formaggio raffermo, della carne secca e del latte di capre assetate. Il bambino è scappato da una violenza sorda, quella dello sceriffo del suo villaggio, con la complicità infame di suo padre. Il capraio, vecchio e solitario, è parte del paesaggio pietroso.



I due si incontrano in situazioni estreme: il bambino indifeso e perseguitato da un potente e pervertito pubblico ufficiale, nel mezzo di una pianura ostile e sconosciuta, dove è difficile sopravvivere da soli. Il capraio, stanco, malato, come incollato al suolo, in attesa solo della morte. I due sconosciuti legano tra loro e, attraverso un rapporto teso, quasi privo di parole, dovranno affrontare gli obbrobri di una persecuzione infame. Il romanzo è il racconto austero di questo succedersi di giorni sotto il sole e la spossatezza.

Ci si potrebbe chiedere quale sia il significato del romanzo: è nella descrizione dell’inferno di sete nel quale si muovono? È nella terribile persecuzione dello sceriffo? O possiamo vederlo nella brutalità, nell’umiliazione e nel degrado che subiscono queste due vittime del potere arbitrario e perverso? È tutto questo e molto di più.



Ogni parola del romanzo rivela che le circostanze sordide ed estenuanti in cui vivono il bambino e il capraio portano a qualcosa d’altro. Così lo spiegava l’autore: “Il male e la violenza sono il risultato degli attriti tra personaggi che abitano un territorio impoverito. Succede quando c’è poco pane e tante bocche da sfamare. Ciò nonostante, il male, la meschinità o la violenza sono temi accessori. Intemperie ruota intorno all’idea di dignità” (intervista a J. Carrasco di A. Fontana su ABC).

Il romanzo, scritto con la moderazione e la sobrietà richiesta da questa storia di infamie, fornisce una verità salda e una solida bellezza. I due protagonisti provengono da una ricerca della dignità in circostanze terribili. È molto più che tremendismo, è una nuova epica ispanica che dà spazio al dramma umano nella sua nudità e segreta forza.

È il dramma della dignità che il bambino cerca nella sua fuga da casa. È la dignità che si scopre nella vita serena del pastore, dove ogni cosa aspetta di essere trovata, conosciuta e valorizzata nella sua giusta misura. Naturalmente è la dignità che scoprono insieme. Il bambino impiegherà tempo ad accettare la saggia guida del vecchio. Il vecchio accoglie il bambino senza problemi, rispondendo con sobrietà alle sue necessità. Nella riservatezza e moderazione del pastore si rivela la sua forte volontà: si mette in cammino per evitare il pericolo, guida il bambino fino all’acqua, cura le sue ferite, gli insegna a governare le capre e a caricare con cura l’asino, lo salva dalla morte. Tutto con un rispetto paziente, per questo lascerà spazio affinché la libertà del ragazzo agisca e riconosca la sua stima. Allora gli mostrerà il dovere verso i morti o lo correggerà quando il bambino si lascerà trasportare dall’odio e dal rancore.

La relazione diventa un percorso educativo, il capraio aiuta il bambino a entrare nella sua nuova realtà e lo fa con discrezione e quasi senza parole. La storia è già avanzata quando il ragazzo comincia a comprendere e ad aver fiducia in quello che offre il capraio: “Ricordò la prima volta che aveva visto il vecchio avvolto nella sua coperta nel mezzo della notte e anche il tempo che gli ci era voluto solo per potersi sedere sul pavimento. Comprese allora che la vita del pastore, prima del loro incontro, si limitava a portare le capre da un maggese all’altro, senza percorrere grandi distanze. Perché si era impegnato in suo aiuto? Perché questo vagare al limite delle sue forze? Perché non lo aveva consegnato allo sceriffo? Il suo silenzio gli aveva fatto perdere la maggior parte del suo gregge e, inoltre, lo aveva portato sulla soglia stessa della morte”. Questa scoperta ha richiesto che il bambino, spaventato dalle precedenti esperienze, verificasse più volte che non aveva nulla da temere con il pastore.

Allo stesso tempo, l’incontro con il bambino e la sua compagnia sono occasione perché si riveli la ragione ultima della dignità del vecchio. Se il capraio accompagna il bambino è perché è già accompagnato, è solo apparente la solitudine del paesaggio quasi desertico. È accompagnato dalle cose che gli servono da sostentamento e che tratta con il valore del sacro, dai suoi pochi beni e animali, è accompagnato dalle parole della sua vecchia Bibbia e vive il dolore come parte delle sofferenze di Cristo, che lo ha preceduto nel tempo, e che il vecchio accetta sul suo corpo perché il bambino viva.

Nel quadro di questo rapporto sobrio e di una bellezza profonda, il bambino impara dal pastore e il pastore svela tutta la sua grandezza. Per questo, nelle ultime pagine del racconto, il bambino esprime il desiderio che è il culmine della dignità scoperta: “Gli sarebbe piaciuto sapere il nome del vecchio”. Una domanda che, dopo giorni di convivenza intensa e di numerosi gesti silenziosi, è espressione della sua rinascita e indica una nuova conoscenza: quella dell’origine di un amore fino a quel momento sconosciuto.

— — — —

Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.

SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI