…anche se è stata riportata alla luce l’intera pianta della città-stato Ue (Cee/Ce?), non è stato possibile rispondere agli interrogativi, lasciati irrisolti dalla prima spedizione, sulla sua reale denominazione e civiltà di appartenenza. La città presenta una complessa struttura architettonica con edifici pubblici e spazi di aggregazione o di culto, tra loro variamente comunicanti. La struttura viaria appare tortuosa, con circonvoluzioni e dedali di budelli estranei alla tipica pianta viaria delle urbs quadrata greco-romane. Sebbene le ricerche condotte abbiano recato molti indizi utili a sostegno di questa tesi, tale conclusione non è unanime e bisogna pertanto dar conto anche del diverso avviso della minoranza, secondo la quale saremmo, invece, al cospetto di una megalopoli orientale e, precisamente, della mitologica Babele.
A sostegno di questa tesi si indica l’ampiezza della città. La Ue (Cee/Ce?) si distende infatti con una struttura lassa su di un territorio molto più esteso di quello tipico della città stato. Verrebbe così a mancare quel canone – indicato da Aristotele come fondamentale per le città stato – della percorribilità a piedi da un araldo nell’arco di un solo giorno.
La minoranza fa leva essenzialmente sulla scoperta dei resti di un’imponente struttura a forma di torre. La “Torre” non si erge però a sfidare il cielo ma, all’opposto, sprofonda verso le viscere della terra; posta com’è, al centro di un complesso di edifici di pari livello, non è visibile dall’esterno. Costruita su cinque piani, con colonnati che affacciano su di una piazza esterna, essa appare, ai più, anche per la larghezza del basamento, qualcosa di simile alle arene greco–romane.
La “Torre” – come comunque convenzionalmente si è deciso di chiamarla – si pone al margine di una più vasta e complessa struttura urbanistica costituita da edifici pubblici, basiliche, piazze e templi, tra loro variamente connessi, nella quale spiccano in ubicazione centrale, un insieme di agorà poste su diversi piani in modo tale da far ritenere che tale sistema sia stato il centro architettonico e quindi politico della città, a riprova piuttosto dell’appartenenza della città stato Ue (Cee/Ce?) al genere della polis.
La minoranza, invece, ritiene che non si possa derivare dalla centralità urbanistica la preminenza politica delle agorà. Si osserva, al contrario, come la tortuosa rete viaria della città le trapassi per convergere verso edifici più interni, costituenti la corona esterna, e prospicienti i loggiati della Torre. Sarebbero questi tortuosi ed involuti percorsi e i più ristretti spazi cui accedono, che affacciano finalmente sulla corte esterna alla Torre, i luoghi sacri destinati ai culti iniziatici ed esoterici per l’accesso alla Torre.
Lo strato più antico, di assai più ridotte dimensioni rispetto al secondo strato e a quello finale, è costituito da due primitivi insediamenti denominati uno Ceca e l’altro Euratom, entrambi successivamente inglobati nel secondo strato, più vasto, denominato Cee, che nelle parti più recenti presenta anche la denominazione Ce innestandosi senza soluzioni di continuità nel terzo e ultimo strato Ce/Ue.
Le scarse vestigia del primitivo nucleo Ceca testimoniano comunque il possesso di una progredita tecnica di lavorazione dell’acciaio, realizzato probabilmente con l’energia termica ricavata dalla fusione del carbone. Gli archeologi concordano sul fatto che il secondo insediamento Euratom possa derivare il nome dalla scuola filosofica atomistica del filosofo greco Eraclito, successivamente soppiantata negli altri strati, ad avviso della minoranza, da culti iniziatici ed esoterici di chiara matrice orientale.
Anche la pianta dello strato Cee presenta un assetto relativamente semplice.
L’edifico più importante – facilmente riconoscibile benché incorporato nelle successive sopraelevazioni – sembrerebbe essere stato originariamente sede delle tipiche magistrature delle città stato. Contigua alla sala del Consiglio, organo deliberativo, si situa quella del governo della città, “la Commissione”. Più distanziata e di modeste proporzioni la sala del Tribunale, con la classica disposizione sopraelevata e a raggiera degli scranni dei giudici. Questa chiara testimonianza della cultura greco–romana è disconosciuta dalla minoranza, che sposta lo sguardo sull’adiacente unico mercato di straordinarie proporzioni per affermare che l’iniziale complesso architettonico sia un insieme di strutture destinate all’assegnazione degli accampamenti e dei bivacchi delle tribù nomadi e a dirimere le controversie in occasione delle rituali fiere stagionali.
Il completamento degli scavi ha mostrato come il recinto del mercato coincida sovente con le mura di cinta della città stato. All’interno del mercato sono ancora visibili tracce di primitive recinzioni, probabilmente delle diverse gentes fondatrici. La tesi pro Babele trae sostegno dal fatto che all’interno delle recinzioni si rinvengono frammenti di iscrizioni in lingue diverse per sostenere il nomadismo, anche di ritorno, delle tribù coinvolte nella costruzione della Torre. Per la maggioranza la diversità linguistica testimonia una capacità di attrazione di un mercato probabilmente non inferiore e a quello di Atene e di Roma, con traffici estesi a diverse etnie.
Nei sigilli, negli strumenti di peso, di punzonatura e di misurazione si rinviene il marchio Cee e in seguito anche il sincopato Ce. Quest’ultimo, accanto alla sigla Ue, si trova anche fuori dalla zona del mercato. Nella fase finale, poi, le denominazioni Ce ed Ue risultano contemporaneamente e promiscuamente impiegate.
È possibile che alle diverse denominazioni corrispondessero diverse funzioni della città? Il termine Ue, più squillante, potrebbe essere il nome/grido di battaglia della città. La minoranza ritiene invece che Ue indichi la città nella sua dimensione collettiva mistica e religiosa; nella fase finale, a partire dai luoghi di culto, la zona dei templi, l’appellativo Ue si sarebbe esteso a tutta la città a riprova del carattere teocratico/autocratico assunto al suo tramonto.
Del declino della città nel periodo Ue/Ce la minoranza offre una lettura catastrofica, conforme del resto al mito di Babele. Sebbene il periodo precedente Cee/Ce appaia come quello di maggiore splendore, non ci sono elementi, ad avviso della maggioranza degli archeologi, che consentano di suffragare la tesi di una rapida, improvvisa caduta della città e conseguente diaspora.
Le tracce di devastazione rinvenute sono precedenti e sembrano imputabili piuttosto ad eventi sismici. I terremoti appaiono causati dalla “faglia del dollaro” che attraversa per la sua lunghezza e centralmente tutta la città stato. L’esistenza della faglia, sfuggita agli Auguri fondatori, si è rilevata nel periodo Cee con un terremoto avente epicentro nella zona del mercato. La fusione di un’imponente statua metallica a forma di Serpente (detto “monetario” perché realizzato con la fusione delle monete donate dai mercanti) avrebbe dovuto esorcizzare, con la sacra allegoria del moto immobile che esso rappresenta, il demone tellurico. Al fallimento del Serpente, abbattuto da un successivo sisma, si è reagito, con successo, costruendo una piattaforma metallica antisismica denominata Ecu, “scudo”, posta a protezione delle fondamenta della città rafforzata con colate di una particolare lega detta Euro, che ha definitivamente consolidato il territorio della città.
È comune convinzione che la messa sotto controllo del rischio sismico abbia determinato l’esplosione dell’intensa attività edificatoria, cui si assiste nel periodo Ce/Ue. La sigla Ue contrassegna tre enormi pilastri costruiti all’esterno quasi a ridosso delle mura della città stato. I templi, costruiti su ognuno di quei pilastri non appaiono completati. In quello della Guerra e della Pace, l’altare centrale è appena sbozzato, tracce di riti sacrificali presentano invece gli altari delle navate laterali dedicati alle divinità delle diverse gentes. Secondo la minoranza, invece, nella misura in cui la costruzione della Torre si complicava, prendeva avvio la bellicosa diaspora delle tribù nomadi che, ultimati i sacrifici propiziatori, rimuovevano i loro tabernacoli dai templi comuni. Anche gli altri due templi della Solidarietà Sociale e della Sicurezza Interna non sono completati. La loro costruzione, secondo la minoranza, ha come movente il panico.
Il mancato perfezionamento del progetto urbanistico e architettonico troverebbe il culmine nella stupefacente complessa architettura della Torre, concepita per ricondurre “le parti ad unità e ridurre l’unità alle sue parti” in un armonioso disegno ricorsivo a spirale in cui l’inizio e la fine di ogni percorso avrebbe dovuto coincidere ovunque nella Torre. Frugando tra i segni incisi sui metalli e nelle pietre abbandonate il progetto sarebbe da attribuire all’ordine sacerdotale dei conventuali (convenzionali?) che avrebbe sostituito il testo sacro, sotteso alla pianta dei primitivi insediamenti, con un cifrario esoterico non più decifrabile dagli stessi artefici. Si riscontrerebbe, in conclusione, lo stesso demoniaco tentativo di spezzare e ricapitolare il tempo, come eternità, all’interno della Torre che provocò, secondo la tradizione, la divina maledizione e la confusa diaspora.
La centralità del sistema delle agorà, così capillarmente diffuso e interconnesso alla Torre, denota, invece, ad avviso della maggioranza degli archeologi, il permanere della struttura politica della polis: anche se il disegno complessivo dei raccordi appare oltremodo complesso con gli edifici variamente disposti in cerchi concentrici e degradanti che attorniano, con porticati e logge, il pozzo in cui tenta di ergersi la Torre. All’interno di questa i raccordi, mai lineari, i passaggi presentano biforcazioni senza sbocchi, ritorni e continui pentimenti dei percorsi. I tracciati per labirintiche deambulazioni e le strade senza uscite, in cui appaiono improvvisi slarghi e vertiginosi precipizi, trovano spiegazione, ad avviso della maggioranza, nella funzione difensiva che la Torre assicurava, confondendo il cammino dei non iniziati in modo da depistarli, sorprenderli e sopraffarli.
È questa logica difensiva che spiega l’apparente irrazionalità del disegno e le violazioni necessarie dello schema geometrico della città stato. Essa ispira il complessivo disegno urbanistico: le opere di interconnessione infrastrutturali per incorporare la città templare nel sistema architettonico dei palazzi e delle agorà pubbliche con imperscrutabili collegamenti reticolari variamente convergenti nella Torre. In questa grande invenzione architettonica le agorà testimoniano comunque la permanenza del carattere democratico della polis. Disposte su cinque piani crescono di numero in modo esponenziale ad ogni discesa di livello, a partire dall’apicale unica agorà Ce/Ue. Il colonnato interno posto su ogni livello affaccia sulla vasta “arena comune” prospiciente e circolare alla Torre dando modo alle diverse gentes sui diversi piani di dialogare costantemente tra loro e con le civili magistrature insediate nella Torre. E come spiegare, altrimenti se non come testimonianza del loro insediamento, le rasserenanti toponomastiche che nella Torre si rinvengono: i levigati corridori delle competenze che si biforcano, i meandri delle “cooperazioni rafforzate”, i saliscendi delle “competenze concorrenti”, i falsi piani della “sussidiarietà orizzontale”, i vertiginosi trompe l’oeil della “sussidiarietà verticale”?
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Relazione al “Congreso Internacional: Utopia, La Ciudad Utopica”, Madrid 28 giugno 2003