Imitazione e desiderio sono i due poli entro cui si dibatte un’anima straordinaria, quella di Charles de Foucauld (1858-1916), eremita ma anche avventuriero, mistico ed esploratore, affascinante icona della Chiesa del 900, oggi bisognoso di un’interpretazione che lo renda contemporaneo in tempi in cui la religione e le scelte nel suo nome non godono di buona narrazione. Ci prova un volume scritto con piglio professorale da Mariella Carpinello, docente nell’Istituto di Teologia della Vita Consacrata, il Claretianum: Charles De Foucauld. Il magistero di una biografia (Ancora, 2022). Dimenticate il politicamente corretto se vi avvicinate al mistero di quest’uomo finito martire nel deserto, scelto per nascondersi al mondo e farsi scovare da Dio.
L’investigatrice di monaci e vocazioni, Carpinello, nonostante il rigore storiografico, riesce a tracciare gli elementi della tradizione scelti da Foucauld per la sua esperienza missionaria e vocazionale. Una ricerca serrata nella spiritualità francese riporta ascendenze, ispirazioni, passioni di un religioso che ha un posto tutto suo nell’enciclica Fratelli tutti di Papa Francesco, facendoci scoprire come nasce il miracolo di una vocazione atipica, irrequieta per anni, approdata nel Sahara, meta definitiva prima del cielo. Formazioni come quelle di Foucauld non sono più possibili. Il suo mondo è scomparso per sempre: l’aristocratico lignaggio, l’educazione marziale, il cattolicesimo e il patriottismo nella Francia di fine 800, sono di difficile immaginazione per noi immersi nella cultura digitale, eppure il fascino della crescita umana e spirituale rimane.
L’autrice rende comprensibile l’attrazione che il giovane Charles avverte per la preghiera musulmana, il richiamo dei minareti che riconduce sempre alla presenza di Dio, l’impatto con una fede diversa che infrange gli schemi positivistici per riscoprire il primitivo senso religioso. Il riappropriarsi del proprio credo attraverso la constatazione che forse “quella religione”, bevuta con il latte materno, “non era assurda” e la strana e ripetuta preghiera “mio Dio, se esisti fa’ che io ti conosca”. Il resto è un cammino costante e ascetico, che lo porterà, di scelta in scelta, alla radicalità evangelica nel deserto, in quell’immersione nella vita di Nazareth che è la cifra della sua santità.
È significativo che la sintesi della sua spiritualità venga affidata a un pensiero del grande convertito John Henry Newman: “Com’è straordinario che egli (Gesù) sia vissuto sulla terra tanto a lungo senza fare nulla di grandioso, come se il suo solo scopo fosse per l’appunto vivere; che abbia dimorato in mezzo a noi senza predicare, senza reclutare discepolo e, almeno apparentemente, senza promuovere in alcun modo la causa che era stata all’origine della sua incarnazione” (Newman, Sermone 8).
È solo uno dei lampi di comprensione offerti dal volume di Mariella Carpinello, della figura di de Foucauld, l’altro è la spiegazione di uno dei concetti più audaci dell’eremita, il senso della sua vocazione austera e totale: la felicità di Dio. Pensiero vertiginoso che trasporta il nostro cattolicesimo “maturo” e inevitabilmente borghese a confrontarsi con “l’immensa felicità di cui si gode al pensiero che Dio è Dio e che Colui che noi amiamo con tutto il nostro essere è infinitamente ed eternamente felice”.
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