Per gentile concessione della casa editrice Rizzoli, pubblichiamo un estratto dell’ultimo libro di Marco Pozza, “Chi ultimo arriva meglio alloggia” in libreria dal 17 settembre.

Di solito vince chi arriva primo: il secondo è il primo degli sconfitti.
Ci sono volte, però, altre volte, in cui vince chi arriva ultimo.
L’ultimo amore, quello che resta oltre ogni attesa, quello che conservi per i tutti i tuoi giorni a finire: “Gli uomini vorrebbero essere sempre il primo amore per una donna. Le donne, l’ultimo amore di un uomo” (O. Wilde).



Sta di fatto che, passato l’ultimo treno, ci sono ancora un sacco di pullman.

Nel Vangelo gli ultimi fanno sempre bellissima figura. Non si rischiasse un cartellino rosso per aver pronunciato invano il nome santo di Dio, calzerebbe a pennello il detto che gli ultimi “fanno una figura da Dio”. Evasori, puttane, storpi, sgualdrini, ladruncoli di quartiere e boss della malavita, a guardarli sfrecciare in direzione del Paradiso, viaggiano in terza corsia. In sorpasso: “In verità vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio” (Mt 21,31). In maglia nera – non in maglia rosa! – ma sul podio loro ci salgono, con tanto di inno ad accompagnarli. Per aver inventato la “classifica dell’ultimo arrivato”, non fece una gran carriera il Cristo: gli affibbiarono, in vita, tutti gli appellativi possibili e immaginabili. Tra i quali mangione e beone, amico delle meretrici, dei poco di buono. Quelli buoni – i “cosiddetti cristiani” – se poteva li scansava: “I cattolici sono veramente insopportabili nella loro sicurezza mistica. S’immaginano che lo stato naturale del cristiano sia la pace, la pace per mezzo dell’intelligenza, la pace nell’intelligenza. Propria del mistico, invece, è un’inquietudine invincibile” (C. Péguy). Il più delle volte, capitava che i “cosiddetti cristiani” fossero soltanto fiori di plastica. E l’acqua – “Chi beve dell’acqua che io gli darò, non avrà mai più sete” (Gv 4,14) – è risaputo che sui fiori di plastica non può nulla. Quelli appassiti, invece, li può raddrizzare.



Rinvigorire.

Nei Vangeli:

chi ultimo arriva meglio alloggia.

Prendete le parabole e guardatelo voi il figlio ch’è andato con sgualdrine e maiali com’è stato trattato dal padre al ritorno. Guardateli bene in faccia quegli ultimi operai – ancora col tabacco della pipa in bocca – mentre ritirano la loro bella busta paga: è uguale identica a quella di chi ha svangato l’intera giornata. Inseguite Zaccheo mentre, in barba a quelli della “messa prima”, può vantare di avere avuto come ospite a casa sua – la casa del ladro – nientemeno che Gesù in persona. Chiedete a Maddalena, al ladruncolo appeso alla croce, alla pecora imbottigliata tra rovi e sterpi, all’emorroissa che aveva problemi di mestruazioni che nessun medico – pur dissanguandola – le aveva risolto. Chiedete a loro: al pecoraio di Betlemme che s’è visto davanti un angelo con la tromba a dirgli che, in grotta, toccava a lui tagliare il nastro inaugurale. Nella grande corsa a tappe dei Vangeli, costoro indossano tutti la maglia nera. Non per questo sono meno famosi dei primi: “Anzi – interviene Cristo in conferenza stampa – valgono più dei primi: hanno corso molte ore in più dei primi arrivati”. Con un’aggiunta non da poco, che nelle pagine del Vangelo vale la medaglia di oro: gli ultimi arrivano in fondo alla corsa anche se sanno, coscienti come sono dei loro limiti, che non indosseranno mai una medaglia. Non avranno mai il loro nome in prima pagina.



Il loro è un nero tendente al rosa: quando il pericolo cessa, torna sempre il rosa. Come in cielo qualche istante dopo lo scroscio di un temporale.

Beati gli ultimi perché non troveranno traffico.

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