Quando il tipico umorismo partenopeo e una sana e verace comicità incontrano spunti di riflessione, allegria e amarezza si fondono. Si propaga il buon umore, si dispensano sorrisi, si “gustano” risate spontanee, esilaranti e a tratti esplosive ma al contempo non si perde occasione di stimolare anche l’animus civilis su temi di rilevanza sociale.



È questo il caso della saga letteraria della famiglia camorristica degli Esposito – Benvenuti in casa Esposito (Giunti, 2012), Bentornati in casa Esposito (Giunti 2013), Tutti pazzi per gli Esposito (Salani, 2021) –, fiore all’occhiello della narrativa umoristica di Pino Imperatore, giornalista e scrittore nato a Milano ma di sangue partenopeo, perfetto conoscitore della città di Napoli, dell’animo caleidoscopico dei suoi abitanti, delle sue meravigliose bellezze e delle sue difficoltà.



Con uno sguardo scanzonato e ironico e una penna decisamente spiritosa racconta spaccati di vita divertenti, talvolta quasi surreali, ma anche duri della Napoli contemporanea, e così va al cuore dei problemi, rispettandone la gravità ma senza appesantirli, senza drammatizzarli e senza incappare nei soliti luoghi comuni. In modo del tutto originale destruttura il fenomeno camorristico, gli attribuisce una veste nuova, profondamente diversa da quella che si è abituati a vedere nelle fictions o a leggere nelle pagine dei giornali. Demolisce l’immagine forte del famigerato boss della criminalità. “Con lo strumento dell’umorismo – dice – lo faccio scendere dal piedistallo, lo guardo negli occhi, gli parlo e poi racconto la  sua quotidianità fatta di comportamenti trash, banali e anche stupidi. In questo modo lo  denudo per far capire che è un essere umano come gli altri, anzi peggio degli altri perché usa la violenza e le armi per riuscire ad affermare se stesso”.



Le vicende tragicomiche di questa famiglia “allargata”, decisamente singolare, si svolgono nel rione Sanità, un quartiere tra i più complessi e affascinanti di Napoli, a metà strada tra centro e periferia. Pagina dopo pagina l’autore costruisce con una dovizia di particolari tutti i personaggi che arricchiscono i tre romanzi con le loro avventure, con le loro dinamiche comportamentali, con le loro gioie e paure nel racconto di una quotidianità fatta di tradizioni,  superstizioni, elementi caratterizzanti una napoletanità viva e vivace, spontanea e genuina, ma anche contraddittoria. Nel susseguirsi della narrazione ognuno di loro acquista sempre più un posto privilegiato nell’animo del lettore che si affeziona, simpatizza o ne prende le distanze. Accade così che i personaggi, nati dalla fantasia dell’autore, sembrano uscire dalle pagine del libro, quasi materializzarsi, e se si ha l’occasione di passeggiare tra le strade o i vicoli di Napoli si ha quasi la suggestiva percezione di poterli incontrare in carne e ossa.

Protagonista indiscusso della saga è Tonino Esposito, detto o’ fesso, figlio di un boss spietato della camorra morto ammazzato, che si ostina a ripercorrere le gesta paterne senza alcun successo perché, completamente opposto rispetto al padre, non ne ha la “stoffa”. È un buono che si trova a vivere, suo malgrado, un tipo di vita che non è neanche sicuro di avere scelto. È troppo imbranato, goffo, pasticcione, una sorta di sfigato, un uomo mediocre ed impacciato! Si rende ridicolo in qualsiasi occasione, sino all’inverosimile, combina una serie di guai, alcuni dei quali decisamente improbabili. Come un novello Fantozzi, un Paperino della malavita – così come è stato definito dalla critica – ridicolizza con i suoi ripetuti comportamenti rocamboleschi  il clan camorristico al quale appartiene e che ad un certo punto decide addirittura di esautorarlo da qualsiasi incarico. Mette in difficoltà anche la sua stessa famiglia, composta dalla moglie Patrizia, da quattro figli, dalla mamma e due suoceri, una domestica ucraina e finanche tre animali pseudo domestici e davvero particolari – due iguane e un coniglio – stipati tutti insieme, come nella migliore tradizione partenopea, in una palazzina a tre piani.

Nell’ultimo romanzo della saga – pubblicato ad aprile dalla casa editrice Salani – intitolato Tutti matti per gli Esposito, l’improponibile camorrista, nel suo ennesimo tentativo di affermarsi nella società e di riscattarsi dalla sua triste inettitudine e dal ruolo di “zimbello” di tutti coloro che gli ruotano intorno, continuerà a commettere tantissimi errori. Intraprende una vera e propria “parabola discendente senza paracadute”! Finirà per accettare il ruolo di reggente di un clan camorristico e cercherà con la sua mentalità, innaturale per un malavitoso che si rispetti, al confine tra legalità e illegalità, di introdurre a discapito di ogni comica previsione un programma di riforme composto da regole “giuste” e al passo con i tempi odierni in quanto rispettose dell’ambiente e delle norme governative relative alla pandemia mondiale di Covid-19. Arriverà addirittura a proporre il distanziamento sociale del killer dalla vittima nel caso sia necessario ricorrere ad un omicidio o ancora un’isola ecologica per il riciclo e lo smaltimento delle armi usate con tanto di richiesta scritta al Comune. Il tutto raccontato con l’abile maestria di chi, come Pino Imperatore, ha fatto dell’umorismo una vera e propria arte alla stregua di Totò, Troisi, Eduardo De Filippo.

Completamente diverso il personaggio di Tina, la figlia di Tonino che acquista sempre più un ruolo decisivo nella narrazione. Vittima innocente di una pallottola vagante in regolamento di conti camorristico, come se ne sono visti e  sentiti tanti, costretta per questo su di una sedie a rotelle, è l’eroina del romanzo. Lei è il personaggio positivo per antonomasia, un’icona della legalità, una ragazza che piano piano e nonostante la sua condizione diventa una donna coraggiosa, capace di affrontare con determinazione persino la malavita e quel padre maldestro che riesce con la sua giovane autorevolezza ad intimorire.

A lei l’autore non può far a meno di affidare riflessioni profonde sulla banalità del male, messaggi di valore etico e pensieri di condanna estrema per quella realtà malavitosa che ferisce e sporca una città bellissima come Napoli.

Ed è proprio Napoli che l’autore non perde occasione di valorizzare. Una città che spesso si impone all’attenzione pubblica per episodi negativi ma che in realtà è molto altro. È luminosa, labirintica, ricca di sorprese, di solidarietà, di storia, di cultura, di arte, di archeologia, capace di rigenerarsi continuamente con il suo camaleontismo e di essere contemporaneamente tutto e il contrario di tutto. Dotata di un doppio volto: quello della velata malinconia, dell’appocundria – per dirla alla maniera del cantautore Pino  Daniele – e quello della solarità, della voglia di vivere intensamente l’esistenza, di goderne ogni attimo con spensieratezza.

E così nei romanzi di Pino nascono delle bellissime descrizioni paesaggistiche e si scoprono anche luoghi meno noti anche agli stessi napoletani, come il cimitero delle Fontanelle, ex-ossario conosciuto per il rito delle “anime pezzentelle” – le capuzzelle – (adozione e cura da parte di un napoletano del cranio di un’anima abbandonata in cambio di protezione), l’orto botanico, un’oasi naturalistica e scientifica tra le più belle, la Chiesa di San Carlo all’Arena, dove c’è un Cristo a pezzi definito il Cristo velato dei poveri, o ancora la Chiesa di Santa Luciella, dov’è custodito un teschio con delle  orecchie calcificate molto venerato in passato – à capuzzella c’è rrecchie – al quale venivano attribuite facoltà divinatorie.

Nell’ultimo romanzo della saga, protagonista anche la città di Milano, bella, scintillante, accogliente, valorizzata anch’essa per le sue ricchezze quasi come a creare una connessione non affatto casuale, un ponte ideale con la città partenopea con la quale, a discapito di tanti pregiudizi, sembra in bellezza assomigliare. Viene descritto in particolare il santuario di San Bernardino alle Ossa, che come il napoletano Cimitero delle Fontanelle contiene una cappella con migliaia di teschi, e nel sud della città l’Abbazia di Chiaravalle, luogo di accoglienza e grande spiritualità.

Non meraviglia dunque l’eco che questa saga ha ottenuto verso un pubblico di qualsiasi età. È stata adottata come testo di lettura nelle scuole di ogni ordine e grado, ha varcato le porte blindate delle carceri (Poggioreale, Santa Maria Capua Vetere, Secondigliano, nonché il carcere minorile di Nisida) dove molti sono stati gli incontri e i dibattiti con l’autore. È diventata una commedia teatrale con rappresentazioni sempre sold out e ora è addirittura un film con un cast d’eccezione prodotto da Alessandro Siani, che uscirà  ufficialmente nelle sale il prossimo 23 settembre.

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