Di concorsi e premi letterari è pieno il mondo. Ne nascono, anzi, ogni giorno di nuovi. Alcuni meritori, altri davvero meno. Tutti, però, si muovono dentro parametri piuttosto precisi: si invia un testo, inedito o edito, quasi sempre accompagnato dal versamento di un contributo per le spese di segreteria; una giuria, più o meno autorevole, valuta; vengono selezionati i vincitori; c’è una cerimonia di premiazione con premi più o meno consistenti, qualche salamelecco e poi grazie e arrivederci.
Ma non è sempre così, per fortuna. All’interno dell’Anffas di Jesi si è sviluppato il progetto “Pojesis” che da un anno circa vede un gruppo di persone con disabilità lavorare sulla lettura, la scrittura e la poesia come un prendersi cura con la parola. Questo gruppo, guidato dal giornalista e scrittore marchigiano Silvano Sbarbati, ha promosso e organizzato la prima edizione di un evento dal titolo “Corpi di/versi”. Non un semplice concorso, ma un percorso a cui l’associazione ha invitato a partecipare con la finalità di immaginare la poesia come strumento di un prendersi cura, al di fuori dei canoni dei concorsi letterari e in un’ottica multidisciplinare; sperimentando la possibilità di confrontare sensibilità, saperi e competenze diversamente impegnate ad interpretare e rispondere ai bisogni del riconoscimento dell’Altro.
Il premio è stato intitolato alla memoria di Enzo Presentazi, uomo di scuola e amministratore pubblico che, negli anni 80 del secolo scorso, a Jesi promosse e difese un pensiero pacifista, tollerante in difesa dei valori di inclusione nella comunità educativa scolastica e civica, ed è diventato dunque un incontro vivo e concreto con il paesaggio marchigiano. Cinque le poetesse selezionate: Rosa Di Martino, Martina Lelli, Caterina Milesi, Francesca Petetta e Stefania Torri che, insieme al loro testo, hanno inviato anche un breve scritto in cui spiegavano le motivazioni della loro partecipazione. Nessun versamento di un contributo. E anche nessun premio in denaro, nessuna pergamena per loro. Ma la possibilità di partecipare, senza spesa alcuna, a una tre giorni di corpo a corpo con la poesia che la smette di occuparsi della poesia e torna a interrogarsi sul mondo, incontrando voci ed esperienze diverse.
A Montecarotto, un piccolo, splendido paese dell’entroterra di Jesi, all’interno di un agriturismo circondato da vigneti che in questi giorni daranno vita a uno dei migliori vini bianchi d’Italia, si sono susseguiti incontri che hanno affrontato il tema della cura e della parola da prospettive diverse: insieme al sottoscritto c’erano i poeti Annamaria Farabbi e Sebastiano Aglieco; il filosofo Michele Cardinali; il maestro musicista Leonardo Sbaffi, la giornalista Elisa Ravaglia; il fotografo Giovanni Materazzo; la formatrice sanitaria Tiziana Tonelli, insieme a Silvano Sbarbati e al presidente dell’Anffas di Jesi Antonio Massacci che hanno coordinato i lavori.
Mica conferenze di eruditi, però: comunicazione di esperienze personali, domande e interventi che non finivano una volta finito l’incontro, perché l’evento proseguiva a tavola, a pranzo, a cena, dopocena. E si è spostato poi sabato nel teatro di Montecarotto – in procinto di essere riconosciuto Patrimonio dell’Unesco – dove tutti i partecipanti hanno potuto lavorare sotto la guida di Sebastiano Aglieco, dando vita alla fine a una serata di teatro e formazione a cui hanno assistito anche il sindaco e i suoi concittadini. Domenica sera la chiusura, con un momento finale in cui ciascuno dei partecipanti ha raccontato il valore di un’esperienza come questa: non semplicemente un’avventura intellettuale e teorica, ma profondamente culturale perché esistenzialmente carica di sollecitazioni; un’esperienza di comunità viva segnata dal desiderio di ciascuno di interrogarsi sul rapporto tra l’io e il tu, sul rapporto con l’altro, segnata dalla consapevolezza di essere accolti dentro un luogo in cui le parole erano carne, vita all’opera.
Grazie e gratitudine sono state le parole ripetute da tutti, con una commozione che si vedeva negli occhi e con il desiderio che quello che si era vissuto lì non fosse dimenticato. Quanto sarebbe stato più facile per le cinque poetesse arrivare a ritirare una pergamena e magari un premio in denaro! Quanto è stato più bello per loro – e per tutti quelli che ci sono stati – mettersi in gioco davvero, disposti a imparare, disposti a lasciarsi interrogare dalle parole e dai gesti degli altri?
Questi corpi diversi rimarranno scritti nei corpi di ciascuno di loro. Così come ci rimarranno le strade bianche delle colline di Jesi e il colore azzurro del mare là in fondo. Grazie, abbiamo tutti davvero bisogno di premi così.
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