Un libro che racconta le storie di 27 minori ritenuti irrecuperabili ai tempi della Grande Guerra, “vittime” indirette de “l’inutile strage”; storie ritrovate in un Archivio di Stato, un secolo dopo, da 45 liceali coordinati da una docente appassionata.

Si tratta del libro dal titolo A cercar nidi. Storie di Minori discoli 1914-1920 dalle carte dell’Archivio di Stato di Udine, pubblicato dal Liceo scientifico Marinelli di Udine, a cura delle edizioni La Nuova Base. Il testo di 480 pagine a colori, con tante foto inedite, è frutto della ricerca condotta per 3 anni da 45 liceali, coordinati dalla docente Marcella Zampieri, referente del Laboratorio scolastico di Storia contemporanea “Piccole storie”. Si tratta di un lavoro che ha permesso di disseppellire dai fondi d’archivio 174 fascicoli riguardanti altrettanti “minori discoli”, così come venivano definiti dalla giustizia italiana nei primi decenni del XX secolo quegli adolescenti considerati “irrecuperabili, perché indisciplinati, ribelli, impenitenti, colpevoli di furti e comportamenti immorali”, destinati alla reclusione nelle case di correzione. Il libro raccoglie le storie di 27 “discoli”, ricostruite dai fascicoli più ricchi di documenti e informazioni.



E sono gli stessi studenti a presentarle, indicando che “volevamo solo gettare un ponte, abbiamo scoperto un mondo, perché le caratteristiche che accomunano quei discoli sono i mestieri che svolgono, le malattie che contraggono, l’analfabetismo. Provengono quasi tutti dal sottoproletariato urbano di Udine e le loro storie sono state raccolte nel fondo archivistico del Tribunale, l’istituzione deputata alla ricezione delle richieste di aiuto da parte delle famiglie dei “discoli”, ma anche delle segnalazioni di situazioni di disagio che necessitano di interventi delle autorità”.



Uno studente, Daniele D’Andrea, così sottolinea: “la ricerca mi è servita per comprendere le condizioni di vita delle famiglie durante la Grande Guerra e le drammatiche conseguenze del conflitto: le malattie, la fame, il dolore per mariti, figli, fratelli al fronte o morti in battaglia. Le fasi fondamentali del lavoro sono state la lettura, la selezione dei fascicoli, la riproduzione fotografica in Archivio. Poi, il “grosso” dell’attività è stato svolto a scuola, in aula d’informatica, e a casa, cioè le trascrizioni e gli approfondimenti con ricerche mirate”.

Un altro, Boris Pantić, ha messo in luce che “vedere e toccare con mano dei documenti antichi, viverli con tutti i sensi possibili, a partire dal tatto toccando i fogli e i quaderni, per poi sentirne il profumo e leggerne il contenuto, è un’esperienza davvero emozionante. Mi è piaciuta subito l’idea di lavorare su documenti riguardanti storie di gente comune di quell’epoca”.



Ma è ancora Daniele a dire che “ho consultato e trovato interessanti diversi fascicoli, però, alla fine, ho scelto la mia discola, la ‘ribelle’ Jolanda. Nonostante le botte e le violenze del padre e del fratello, non accettava di sottomettersi e fare la donna di casa”.

Anche Boris ha scelto una discola, “per la sua storia, che ha suscitato la mia curiosità: si chiamava Angela ed era una bambina buona, brava a scuola e generosa. Aveva 9 anni quando si è gettata nella roggia, sotto gli occhi della gente stupita, per salvare un bimbo di 5 anni che stava per annegare. Nonostante ciò, la madre era così povera che l’ha denunciata come discola disobbediente, perché potesse essere accolta in un collegio dove avrebbe potuto essere sfamata e imparare un mestiere”.

Nella prefazione del libro, Agostino Molteni, missionario italiano in Cile, scrive: “È vero che rifiutano la disciplina, l’obbedienza, le correzioni. Scontenti di un mondo buonista che li esclude, sono capaci però, come Dio, di prendere l’iniziativa senza attendere l’imprimatur: cercano nidi sui tetti, partono a 17 anni come volontari per la Cirenaica e Tripolitania, fuggono da casa 12 volte, appartengono alla musica e non al lavoro, inventano genitori morti per mangiare, rubano uova per comprarsi sigarette. Vivono fuori casa, ‘vagano’, si dice di loro, ma perché fanno dell’universo intero la loro casa. Nient’affatto provinciali, sono universali, competenti su tutto, anche se, ingenui, si fanno ingannare. Agorafili, amano lo spazio pubblico. Sono come quei bambini che fuggono dai genitori per andare da Gesù. Avercene come loro: saprebbero scrivere una costituzione universale, scontenti del provincialismo scelgono l’universo intero: se gli date una nave scoprirebbero l’America, se gli scarponi andrebbero sull’Everest, se la fede convertirebbero il mondo”.

Il libro rappresenta la terza pubblicazione del Laboratorio di storia contemporanea, perché, come dice la professoressa Zampieri, “il passato riscoperto direttamente dalle fonti ha un altro sapore e lo studente, libero d’indagare, ha un forte entusiasmo. I ragazzi si appassionano quando hanno davanti documenti inediti, scoperti nei cassetti di famiglia o in archivio. Riportare alla luce le storie sconosciute dei “discoli” è stato vissuto come responsabilità personale, che porta con sé un valore etico”.

Nella loro ricerca, i 45 studenti di Udine hanno scoperto, tra l’altro, la vicenda umana di Gioconda Modotti, sorella della famosissima Tina Modotti, nota per essere stata tra le più grandi fotografe dell’inizio XX secolo, nonché attrice e attivista rivoluzionaria in vari Paesi del mondo. Anche Gioconda era una “discola” nel 1915, poi ragazza madre di un “figlio della guerra” partorito a gennaio 1918, in profuganza; si chiamava Tullio e anche lui sarà “discolo” nel 1929. Una storia tutta da leggere nei capitoli dedicati.