Se c’è un’esperta di matrimonio è lei, la cattolicissima e spassosissima Costanza Miriano, giornalista, moglie e mamma, prestata alla scrittura brillante per rivendicare la linea di confine tra post-femminismo e buon senso, appartenenza ecclesiale e catto-glamour. La “Cost”, come la chiamano schiere di fan disposti ad estenuanti code firma-libro ad ogni presentazione, la si ama alla follia o la si detesta. Entrambe le cose a prescindere. Certo è che ogni sua fatica diventa un best-seller, sia che si eserciti sul terreno che conosce meglio, vita familiare e dintorni, sia che esplori lande più scivolose come la dottrina cristiana ai tempi del pensiero fluido.
Per l’ultima uscita editoriale ha scelto di andare sul sicuro. Ancora una volta propone pensieri sparsi per approntare un “Manuale di manutenzione del matrimonio”, come recita il sottotitolo di Benedetto il giorno che abbiamo sbagliato (Sonzogno, 2024). Gioca facile, in casa, esordendo con una lode al cielo abbastanza ovvia per chiunque sia rimasto invischiato in quella pericolosa e complicatissima relazione che è il matrimonio. Nel titolo infatti ciò che immediatamente consola è il riferimento alla mancanza, fallimento, caduta che chiunque abbia scommesso sul “per sempre”, sperimenta. Si sbaglia. Si sbaglia nei rapporti, nel credersi padroni del proprio destino, nella capacità di “governare” la relazione, nel desiderio di possesso e di controllo dell’altro o di ciò che si è generato con l’altro.
Questa volta nella casistica di matrimoni a rischio entra un po’ di tutto: dal tradimento al sesso (o piuttosto la mancanza di sesso), dalla stanchezza all’insofferenza per il sacro vincolo, dallo stantio e inevitabile “non ci amiamo più” al “siamo su due pianeti religiosi diversi”. Con l’abituale stile, perfetto mix tra l’ironia di Jean Kerr e del brillante, anche se ombroso, femminismo di Norah Hoult, la Miriano prova a spandere consigli a piene mani, senza recedere di un millimetro dall’immagine di icona dell’orgoglio cattolico, quella che non rinuncia ad una battuta fulminante, all’audace gioco delle parole, alla “figaggine” da Carrie Bradshaw del mondo cristiano.
I complici di questa dettagliata disamina del matrimonio post-divorzio breve sono sempre la cerchia di amiche ed amici che in Costanza trovano l’alleata a cui confidare pene e arrovellamenti, fatiche e paturnie. Il gioco funziona, come sempre. Prende, appassiona, e fa riflettere. Se c’è una critica che si può muovere all’autrice, però, è proprio quella di non alzare l’asticella, di andare sicura, innestando il pilota automatico in una narrazione che concede troppo al contorno di maculato e fondotinta, all’autocitazione esistenziale, ai siparietti con la compagine familiare. Costanza Miriano ha la maturità e le convinzioni da esporre senza l’operazione “infiocchettamento”. Quando dice con sincerità “io non riesco a vivere quello che dirò qui – o almeno non quanto vorrei” ha già conquistato il lettore, e non è necessario aggiungere che una conversazione riuscita con il marito deve contenere parole chiave come “Confederations Cup” o “servizi segreti” a meno di cedere troppo al cliché della incomunicabilità tra Venere e Marte. Insomma ancora una volta la Miriano mette sul piatto il “bello” della prospettiva cristiana, racconta lo sguardo di Dio che illumina e abbraccia le miserie umane. E già solo questo è “figo”. Basta e avanza.
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