Molteplici fattori portano oggi a ripensare il rapporto dell’uomo con l’ambiente circostante. Innanzitutto le urgenze sollevate dalla crisi ecologica, tema un tempo spesso sottovalutato e talora perfino ridicolizzato anche in ambienti cristiani, e l’insegnamento dell’attuale pontefice al riguardo soprattutto nell’enciclica Laudato si’.  Non può non impressionare, per esempio, il fatto che il consumo di carne incida assai di più del consumo dei prodotti agricoli sulle risorse alimentari del pianeta terra. Di qui l’opportunità di ridurre gradualmente la superficie dei terreni destinati all’allevamento di animali. Ciò comporterebbe, a sua volta, un cambiamento delle diete alimentari nei paesi sviluppati con notevoli benefici anche per la salute delle persone.



Inoltre un rinnovato rapporto con l’ambiente è favorito da una visione dell’uomo che, dopo secoli di spiritualismo e, per reazione, di materialismo, tende a recuperare la sua dimensione “animale”, quindi il valore del corpo e il suo stretto nesso con la psiche, in particolare il ruolo basilare dell’alimentazione e della dimensione sessuale, in una parola di ciò che ci accomuna agli altri animali. Nel complesso l’invito che proviene dalla situazione attuale all’uomo di oggi è quello di riscoprire il nesso fra uomo e ambiente nella prospettiva di un’ecologia integrale, incentrata innanzitutto su un’ecologia dell’uomo, ovvero su un rinnovato rapporto dell’uomo con se stesso e quindi con gli altri uomini e con il cosmo.



Un recente volume ripropone e ripensa in modo accessibile a un largo pubblico queste tematiche da un punto di vista religioso e in particolare cristiano. Si tratta del lavoro di Antonio Gentili e Marilena Bogazzi, Cibo (e sesso). Natura, cultura, spiritualità (Ancora, Milano 2019).

Gentili, religioso barnabita e studioso di spiritualità, insiste in particolare sul nesso che esiste fra alimentazione e sessualità, in quanto dimensioni basilari e costitutive dell’umano. La prima concerne innanzitutto la nostra conservazione, quindi il nostro rapporto con noi stessi attraverso la mediazione dell’ambiente, la seconda il nostro rapporto con gli altri. Secondo il pensiero religioso e cristiano in particolare, per esempio della tradizione monastica, v’è un nesso stretto fra temperanza e intemperanza su un piano e sull’altro: il mangiare e il bere incidono sulla dimensione sessuale dell’uomo. Una rinnovata ecologia dell’umano dovrebbe tenere nuovamente conto di questo nesso. Si tratta di considerare e valorizzare il ruolo della corporeità senza assolutizzarlo in nessuno dei due ambiti. Ma ciò è possibile se l’uomo vive un orientamento verso ciò che lo trascende e lo unifica, permettendo così un’articolazione equilibrata delle sue dimensioni costitutive.



Per quanto riguarda il cibarsi esso ha un carattere olistico, in quanto investe per sua natura la sfera individuale, sociale, ecologica e religiosa. Si tratta di ricuperare nuovamente queste dimensioni spesso dimenticate nell’epoca del fast food. Non a caso il sacramento cristiano dell’eucarestia s’inserisce opportunamente in una disposizione umana, in cui il ruolo del cibarsi assume un significato integrale. Come noi siamo cibo metabolizzato, così chi frequenta la mensa del Signore è eucarestia metabolizzata, anticipo della vita eterna, in cui, secondo Simone Weil, “guardare è mangiare”.

L’autore cita una serie di passi significativi, a questo proposito, della spiritualità orientale, in particolare indiana, e anche cristiana dei Padri, di San Francesco d’Assisi e di San Filippo Neri, che documentano la presenza ininterrotta di un filone di pensiero cristiano particolarmente attento al tema ecologico dell’inserimento dell’uomo nell’ambiente e anche a quello della sofferenza animale.

Nella seconda parte del volume Marilena Bogazzi, presidente nazionale dell’associazione cattolici vegetariani, oltre a portare argomenti di natura ecologica in favore dell’astinenza dalle carni, documenta la presenza di una tradizione di vegetarianesimo, oltre che nelle religioni orientali, anche nel cristianesimo, come dall’origine nell’ordine dei certosini. Il che è meno noto ai più. Senza voler pretendere di rendere tutti vegetariani, l’autrice argomenta le buone ragioni di questa scelta in un contesto cristiano.

Nel complesso il volume, scritto in modo chiaro e accessibile, rende partecipi di una tradizione di pensiero spesso dimenticata e con la quale le circostanze attuali sollecitano nuovamente a confrontarsi.