E se agli amanti sofoclei, Antigone ed Emone, fosse stato dato il tempo, in scena, agli occhi degli spettatori, di amarsi, cosa sarebbe successo? La storia non si costruisce con i se e con i ma, né tanto meno le opere teatrali di un certo spessore, ma sotto la filigrana della storia shakespeariana di Romeo e Giulietta se ne potrebbe leggere un’altra: quella di Sofocle e della sua Antigone.



Le maschere di Antigone ed Emone ritornano: Romeo e Giulietta si incontrano ad un ballo in maschera. Antigone, promessa sposa del figlio del suo giustiziere Creonte; Giulietta, innamorata del figlio dei suoi nemici, i Montecchi.

Che scherzo del destino le ha giocato quel ballo! E così l’Antico cede il testimone al Nuovo attraverso quella maschera, quel ruolo, di opposto, avverso e nemico. Il conflitto sembra, di nuovo, insanabile. Potrebbe il drammaturgo elisabettiano aver avuto pietà per quei due amanti del mondo antico, che non hanno avuto il tempo di innamorarsi e di passare la vita insieme? Come fare a rendere loro giustizia? Come far vincere le leggi non scritte per cui Antigone muore?



Ecco, forse, uno stratagemma: Shakespeare prova a strappare ai Numi e agli uomini del tempo per i suoi amanti amici-nemici, questa volta la “novella Antigone” e il “novello Emone”, i suoi Giulietta e Romeo inizieranno una corsa contro il tempo per sottrarsi all’esilio di Romeo e alle nozze indesiderate per Giulietta con il Conte Paride. Perché non c’è tempo per chi trova Amore. Al tempo poi spetterà di spiegare l’Amore agli uomini. Grazie alla sapiente arte medicinale di Frate Lorenzo l’ingegno umano questa volta potrebbe beffarsi del destino avverso. Una fiala, contenente del liquido eterico, aiuterà Giulietta ad addormentarsi: sembrerà morta agli occhi dei parenti. Per sole 42 ore. Poi sarà Romeo ricongiunto in segreto con lei a risvegliarla.



Il punto d’incontro tra le maschere di Antigone e Giulietta è dunque una promessa, uno sposalizio, che etimologicamente parlando, porta con sé la promessa di amare. Infatti, quello che fa di un personaggio un’eroina è il suo indomito coraggio di seguire gli eventi senza sottrarsene. E allora, a Verona la festa preparata dalle famiglie rimane, l’abito buono c’è, i fiori sono freschi, ma non per il matrimonio con un vivo: ci si va a “sposare con Ade”. Questa è la chiosa del padre di Giulietta, di Messer Capuleti, perché la speranza di Giulietta è quella di sconfiggere la morte apparente attraverso l’amore per il suo Romeo. Speranza nutrita dall’aiuto di Frate Lorenzo, che unisce gli amanti in matrimonio qualche tempo prima della morte del cugino di Giulietta e dello sposalizio voluto dai Capuleti. Già, Shakespeare fa sposare i suoi personaggi, in segreto, ma concede loro di coronare il loro sogno d’amore.

Antigone invece prepara il suo solo e unico matrimonio nella “tomba-letto” con la sua famiglia estinta, togliendosi la vita, prima che la Vita si allontani da lei. L’amore per Emone è sbiadito: sparisce davanti alla morte del fratello. Tutto farebbe e rifarebbe per quel fratello, nato da genitori estinti ormai. Altri figli e altri mariti potrebbe avere, ma non quel fratello. Se Giulietta non esita a perdonare la mano omicida di Romeo che uccide Tebaldo, Antigone non può sottrarsi al legame indissolubile con la sua famiglia, quasi negando sé stessa e i propri desideri. La promessa è compiuta: Giulietta abbraccia il suo Romeo, Antigone Ade, ed Emone? Nulla può contro il Tiranno di Tebe e la condanna a morte della sua promessa sposa. Per questo, nel “letto-tomba” si prepara, alla “festa di Ade” stringendosi ad Antigone. Un colpo di spada permette alle anime dei due personaggi sofoclei di potersi congiungere.

Emone/Romeo. L’uno e l’altro impossibilitati ad amare. Emone sbeffeggiato dal padre perché “schiavo di donna”, “succube di donna”; Romeo deriso dagli amici e in particolare da Mercuzio che lo invoca come “spiritello” dell’amore all’uscita di casa dei Capuleti, non trovandolo più. Entrambi pronti a consacrare il loro amore a costo della vita. Sofocle fa duellare nella tomba di Antigone il suo eroe con Creonte, che vilmente scappa, Shakespeare sceglie la spada che verrà scagliata contro il conte Paride. Non ci sono più ostacoli. Ora è solo con la sua Giulietta. Il messaggio di frate Lorenzo non è giunto allo sposo. Romeo non sa dell’apparente morte. Quel tempo che il suo autore aveva guadagnato per lui, ora gli rema contro. Bastava aspettare un giorno in più e il piano di Frate Lorenzo sarebbe andato in porto. Ma chi ama ardentemente non può aspettare. Romeo beve una pozione letale e si ricongiunge alla sua Giulietta.

La vita che è stata tolta a Romeo ritorna sulle labbra della sposa. Pochi secondi per capire: Romeo non c’è più. E allora come una “novella Antigone”, Giulietta si immola per il suo amore. Non può sottrarsi al vincolo più sacro a cui si è legata, non può sottrarsi alle leggi non scritte dalle famiglie dei Montecchi e Capuleti, perché nessun uomo sarà Romeo. E così lo risposa tra i Morti. Quel tempo guadagnato da Shakespeare ha fatto incontrare i due amanti, li ha quasi redenti dalle inimicizie degli uomini. Ma con questa fine, lo stesso drammaturgo confessa che occorre ragionare (parole dette dal Principe di Verona e dal coro dell’Antigone), riflettere su quanto accaduto, senza magie o sotterfugi. Ragionare su questa verità: “quando novellamente/ nasce nel cor profondo/ un amoroso affetto,/ languido e stanco insiem con esso in petto/ un desiderio di morir si sente: /come, non so: ma tale/ d’amor vero e possente è il primo effetto”. Amore e Morte. Sorelle, facce della stessa medaglia, secondo Leopardi. Ma se per il poeta solo Morte può dare pace all’anima divorata da Amore, Sofocle e Shakespeare, forse, arrivano alla medesima conclusione: chi ama sacrifica la propria vita per la vita dell’amato.