La terribile e tragica guerra in corso in Ucraina suscita tanti interrogativi. È possibile approfondirli, grazie ai diversi saggi contenuti nel testo Russia. Anatomia di un regime (Corriere della Sera Inchieste, 2022), a cura di Memorial Italia. Nell’Introduzione Andrea Gullotta sottolinea lo shock causato dall’invasione russa del 24 febbraio 2022. Non l’aggravata prosecuzione e intensificazione dei combattimenti nel Donbass, ma un fatto nuovo e radicale. Il Donbass, nel saggio di Pianciola, risulta essere stato solo un pretesto per l’invasione. “A partire da quella data, il mondo occidentale, attonito e smarrito, si è trovato costretto ad affrontare un cambiamento rivoluzionario, che ha necessariamente coinvolto numerose sfere della vita quotidiana, nonché della conoscenza”.



Secondo Elena Dundovich, la scelta terribile e minacciosa che sta provocando sofferenze al martoriato popolo ucraino avrebbe come punto cruciale la svolta del 2012. Mentre nel decennio precedente il presidente russo aveva incoraggiato l’economia, in quell’anno il paradigma da portare avanti diventò il patriottismo. “L’Occidente, dopo quasi un ventennio, smetteva di essere un modello, mentre la classe dirigente sempre più faceva riferimento alla grandezza, all’eccezionalità e al paradigma morale della Russia”. In quel periodo divennero costanti i riferimenti alla vocazione imperiale russa e ai grandi uomini di potere della storia (Ivan il Terribile, Pietro il Grande, Stalin, Stolypin, l’ammiraglio Kolčak, eccetera).



La promozione dei valori della grande Russia avvenne nel 2013, attraverso la redazione di testi scolastici unificati, volti a promuovere una visione della storia gradita al Cremlino. In quel periodo, inoltre, aumentarono, a dismisura, le accuse contro l’associazione russa Memorial che cercava, coraggiosamente e meritoriamente, di dare un nome e una storia alle vittime del Terrore e del totalitarismo. Il sostegno americano alle “primavere arabe” rafforzò, poi, nei circoli governativi e nel Cremlino l’idea di porsi come attore diverso e alternativo all’egemonia americana nel Medio Oriente. E infine il colpo di mano degli uomini verdi della Wagner in Crimea diede inizio a un doloroso processo storico.



Nel saggio successivo, Alexis Berelowitch sottolinea l’ideologia storiocentrica presidenziale. Nella logica promossa “organicista ed essenzialista, i popoli russo e ucraino diventano popoli fratelli perché uniti da legami di sangue… Questa unione-fusione è naturale come sarebbe contro natura la riunione di popoli differenti”. In tale ottica, non si ha possibilità di scelta e di autonomia politica. Si impongono alla realtà, perciò, il risentimento e l’ideologia della forza.

La teorizzata mancanza di autonomia ha poi un riflesso fortissimo anche a livello interno. Marusja Papageno ricorda la resistenza interna alla guerra. Le reazioni sui social media, l’indignazione di semplici cittadini e poi la petizione su Change.org per chiedere un cessate il fuoco immediato con la raccolta di 1.250.000 mila firme a giugno 2022. E poi gli appelli di Naval’nyi, Jašin, Kara-Murza, tutti condannati a pene gravi. Su Naval’nyi, peraltro, in questo periodo, giungono notizie sempre più preoccupanti sul suo stato di salute. Per tale motivo, cento scrittori e artisti (Alexievitch, Atwood, Carrère, Rushdie, ecc.) hanno firmato un appello per chiedere la liberazione del dissidente.

Vi sono poi state anche forme artistiche e creative di protesta: adesivi, striscioni, biglietti, manifesti improvvisati. Segnali di gente che ascolta le esigenze fondamentali del proprio cuore. Gli uomini, infatti, nel loro profondo sentono di essere bisognosi del bene e della pace. Allora, torna incessante la domanda: perché una guerra fratricida e liberticida?

Decine di migliaia di giovani sono scappati dalla Russia alla volta dei Paesi confinanti per non sparare contro altri giovani soldati. Inconsapevolmente, sentono la verità dell’esperienza non violenta di Tolstoj e la fallacia di quella del Gumilëv, citato dai circoli filogovernativi. E rifiutano con la loro fuga un modus operandi in cui lo scopo non è “imprigionare tutti”, ma “imprigionare pochi, per controllarli tutti”, come evidenziato da Aleksandr Čerkasov nel saggio conclusivo del volume.

E d’altro canto fanno riflettere e indignare i recenti report di Medici senza frontiere, che parlano di massicce distruzioni di ospedali e strutture sanitarie, sottolineando le gravi difficoltà di accesso al soccorso da parte della popolazione civile. Altre allarmanti e tremende notizie in questi giorni arrivano, anche, dalla Croce Rossa, dall’Onu e da Save The Children. Nel rapporto A heavy toll (Un pesante tributo), in particolare, Save The Children afferma che dall’inizio della guerra sono rimasti uccisi o feriti, ogni giorno, quattro bambini. E ogni bambino ha passato oltre 920 ore nascosto nei rifugi sottoterra, a causa dei cannoneggiamenti o dei bombardamenti aerei.

Tutte queste strazianti evidenze drammatiche dicono di una necessità urgente: che cessi la catastrofe prodotta dall’invasione.

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