Nel 2021 quasi 400mila tedeschi hanno abbandonato la Chiesa cattolica, in Francia 9.500 chiese saranno vendute. Da fatti come questi prende spunto il volume della nota filosofa cattolica francese Chantal Delsol, La fine della cristianità e il ritorno del paganesimo (Cantagalli, 2022).
Come c’è stato sedici secoli fa con l’imperatore Teodosio il momento sorgivo della civiltà cristiana, che ha gradualmente sostituito quella pagana, così è venuto il momento della sua fine. L’inizio di questo processo di estinzione può essere identificato nella Rivoluzione francese che, a differenza di quelle precedenti, è stata la prima che è avvenuta contro la Chiesa. Questo graduale processo di dissoluzione della civiltà cristiana è stato facilitato – tra l’altro – da una interpretazione troppo dottrinale e razionalista del cristianesimo in epoca moderna da parte degli stessi teologi e dal fatto che la Chiesa cattolica nel Novecento per resistere al declino della sua influenza si è spesso appoggiata a regimi conservatori, se non reazionari, che sono poi crollati.
Ma che cosa si sostituisce alla civiltà cristiana? Secondo la Delsol non il nichilismo, se non in una prima fase, ma un nuovo paganesimo, il panteismo e la sacralizzazione della natura (certo ecologismo, l’animalismo), come avevano previsto Jacobi, criticando lo spinozismo, e Tocqueville, scorgendo i rischi di appiattimento delle differenze insiti nell’egualitarismo democratico.
L’uomo è un animale religioso che non può fare a meno di divinizzare. Del resto, il paganesimo è una religione di primo tipo, più diffusa nella storia dell’umanità e più facile. Mentre il cristianesimo è una religione teista di secondo tipo, meno immediata. Tanto è vero che si è affermata gradualmente e faticosamente a partire dall’ebreo Mosè. Non a caso la riforma religiosa in senso monoteista promossa dal faraone Amenofi IV non aveva avuto successo.
Al cristianesimo si sostituisce così una nuova morale influenzata dall’epicureismo e da un nuovo umanitarismo dolce che, secondo l’autrice, si può riassumere in questa espressione tratta da una novella di Flannery O’Connor: “Voi siete diventati così buoni che non credete più in nulla”.
Al posto della Chiesa lo stato e la legge civile con le sue regole diventano la nuova sorgente della morale. Ma questa nuova morale è per molti aspetti parassitaria di quella cristiana. In fondo, perché chiamare matrimonio le unioni fra omosessuali, se non per un intento sostitutivo e polemico? E, soprattutto, come resisterà in futuro il valore della dignità della persona su cui si basano i tanto conclamati diritti e che storicamente è legato al teismo, all’uomo “creato ad immagine di Dio”?
Viene da chiedersi, in questo come in altri casi, se non si possa parlare, per esempio, pure di “nichilismo gaio” (Del Noce) piuttosto che solo o soprattutto di ritorno al paganesimo, termine che ha pur sempre un’impronta sacrale ed eroica.
E la Chiesa? Vi sono certo da tempo forme di reazione che si difendono dal nuovo che avanza. Ma si tratta di minoranze. Oggi cresce il senso della colpevolezza da parte dei cristiani e soprattutto del clero, che spesso finisce per accettare integralmente una nuova tavola di valori non più basata su un’antropologia forte, ma in un’ottica sensistica, sulla sofferenza manifesta degli umani e degli altri viventi. In questo contesto, se la pedofilia non è più in alcun modo scusata, l’aborto non fa problema. La Delsol sottolinea che, immersi totalmente nel presente assolutizzato, non si vedono i limiti storici dei nuovi valori. Di qui la diffusione della “cancel culture” che nega recisamente i valori del passato.
In ogni caso la fine della cristianità non significa certo la fine del cristianesimo. Il potere politico non è necessario al cristianesimo. Esso, come affermava Mounier, può anche essere stato nocivo alla diffusione del suo rivoluzionario messaggio di salvezza. La filosofa francese immagina il cristiano nella nuova società scristianizzata come una sorta di “agente segreto di Dio”, eroe non della violenza, ma della pazienza, dell’attenzione e dell’amore, in grado di suscitare l’invidia di rassomigliargli. Come suggeriva Camus, “quando non si può essere una potenza, si può essere un esempio”.
Al di là di alcuni possibili limiti del pur interessante volume nell’analisi della cultura contemporanea, ci si può legittimamente chiedere: si può pensare un cristianesimo senza vita comunitaria pur accettando pienamente di vivere in una società pluralista? E si può pensare ad un cristianesimo che non tenda a incidere sulla vita sociale e politica imparando anche dai radicali mutamenti avvenuti in tempi relativamente brevi?
In ogni caso il volume della Delsol, che risente certo dell’avanzato processo di scristianizzazione che ha avuto luogo soprattutto negli ultimi decenni in Francia e nel Nord Europa, costituisce un’ulteriore documentazione del fatto che si registra sul piano culturale un nuovo e vivace interesse per il cristianesimo.
Che il problema del destino del cristianesimo dopo la fine della civiltà cristiana e di quale cultura possa sostituirlo sia il problema filosofico fondamentale della nostra epoca? Molti segni lo fanno pensare.
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