Pochi uomini hanno cantato come don Francesco Ricci il mistero dell’incontro di uomini vivi. Rimemorando la sera del 16 ottobre 1978, quando “un Papa fu dato alla Chiesa e un Uomo fu rivelato al mondo”, Ricci scrive a riguardo del suo amico venuto “da un paese lontano”:
“Ogni incontro in qualche modo rivela, e in qualche modo nasconde. In ogni incontro, attraverso le vie dei sensi e del pensiero, si forma in me un’immagine di ciò che dell’altro mi si rivela, nella quale si riflette una forma dell’esistere dell’altro, in cui a me si comunica la verità dell’altro, e in un certo senso comincia a vivere in me, come nuova forma del mio esistere, e nuova ricchezza della mia verità; ma insieme a quel rivelarsi della verità nella forma dell’altro, resta ancora un ignoto, una dimora più profonda della verità del suo essere, che affascina e insieme incute timore. Chi è costui? […] A questa domanda si offre la primordiale rivelazione dell’essere, di ogni essere. Tale fu la primordiale rivelazione dell’uomo all’uomo nel racconto della Genesi, tale anche la primordiale rivelazione di Dio all’uomo nel racconto dell’Esodo. La risposta attraversa tutti gli strati dell’apertura dell’uomo alla rivelazione dell’essere: i sensi, la mente, il cuore. Ma è il cuore la dimora ove più pienamente l’essere rivela la propria verità. Immaginazione e pensiero sono le vie che portano la comunicazione della verità dell’essere alle soglie della dimora cui è destinata. Essa infatti viene dal cuore e al cuore va. La suprema rivelazione dell’Essere è annunciata dalle parole di Giovanni: Dio è amore. Tale è il contenuto della rivelazione di Dio all’uomo e tale sarà dunque la via della conoscenza di Dio per l’uomo: ‘Chi non ama non ha conosciuto Dio’ (1Gv 4, 8).
Dunque l’uomo, ogni uomo, è per l’altro uomo una tale presenza che, attraverso le vie dell’immaginazione e del pensiero, porta fino alla dimora del cuore la rivelazione della verità. Quelle vie hanno tragitti diversi, le une portano fino alla superficie esteriore dell’uomo, alla bellezza della forma della verità, le altre portano agli strati più profondi dell’essere, ma una sola porta alla dimora del seme di verità da cui durevolmente nasce l’essere, alla dimora in cui sgorga la verità dell’essere. Ogni uomo porta in sé la dimora della verità del proprio essere racchiusa nell’involucro delle forme della propria esistenza individuale. Ogni uomo è dunque per l’altro uomo possibilità di incontro, attrattiva all’incontro, rivelazione nell’incontro. Ogni uomo è dono per l’altro uomo. […]
Per accogliere il dono della verità dell’altro che si rivela nell’incontro, l’uomo ha bisogno di occhi che vedano nel modo particolare di esistere delle forme in cui si rivela la verità dell’altro, oltre al fascino della loro bellezza che desta il desiderio di avventurarsi sulle vie dell’ulteriore conoscenza dell’altro, l’aprirsi d’una breccia attraverso cui s’intravvede, nel cuore dell’uomo, la dimora segreta della sua verità, il luogo della scaturigine del suo essere nella verità. Perciò Cristo disse a Filippo: ‘Chi vede me, vede anche il Padre’. […] Solo chi ama conosce.
Conoscere l’uomo che in quell’ora di tramonto di un autunno romano fu dato alla Chiesa come Pontefice e al mondo come Uomo, penetrare, oltre il fascino della forma particolare del suo esistere, nella dimora della sua verità, percorrere dunque fino in fondo le vie dell’immaginazione e del pensiero e discendere nella dimora del cuore, può ora accadere solo come frutto di decisione di fedeltà all’incontro accaduto. Quella breccia aperta allora dalla gratuità della rivelazione e immediatamente dilatatasi nell’immane silenzio dell’istintiva accoglienza continuerà a far scorrere la corrente della verità che scaturisce alla fonte dell’essere, solo se chi lo ha incontrato resterà alla sua presenza, non più solo attratto dal fascino della bellezza delle forme in cui la verità si rivela, ma per amore della verità stessa. Ciò si chiama sequela” (Erre, Chi è costui?, in Wojtyła – i miei amici, Cseo, Bologna 1980, pp. 12-17).
Francesco Ricci, chi è costui? Solo chi ama conosce. E si cerca di conoscere meglio una persona per amarla di più. L’amicizia è uno dei quattro tipi fondamentali dell’amore umano (C.S. Lewis). Lasciamo che a condurci alle soglie dell’animo di don Ricci sia un amico, un uomo vivo, un figlio generato nella fede. La parola, dunque, a Claudio Chieffo: “Don Francesco metteva in comunicazione la persona col Mistero. […] Lui ci aiutava a fare i conti con la realtà e con l’Infinito. […] Aveva un senso dell’umorismo unico, che ho ritrovato solo in don Giussani. Una volta venne a Forlì il filosofo marxista Louis Althusser, e per paura che dicessi stupidaggini con lui mi avevano pregato di non intervenire durante l’incontro. Poi mi sono trovato davanti a una lavagna, con Althusser che mi chiedeva di esporre il mio pensiero, e io volevo spiegare ad Althusser la differenza tra l’uomo e gli animali. Io! Dietro di noi si era fatto il vuoto. Althusser, intanto, mi invitava a continuare: ‘Mi dica, mi dica’. Allora io: ‘Professore, la differenza fra l’uomo e gli animali è che l’uomo ha un incredibile bisogno di Dio e se ne accorge’. Don Francesco arrivò alle mie spalle dicendo: ‘Cosa vuoi, cosa dici?’. E io: ‘Voglio spiegare al professore la differenza fra l’uomo e gli animali, ma lui sostiene che manca un passaggio’. Allora don Francesco si tolse dalla tasca le chiavi della sua macchina e mi disse: ‘Ecco, bravo, dagli un passaggio e portatelo via con Vincenzo. E non cantargli più di tre canzoni’. Io cantai la Ballata dell’uomo vecchio e la Ballata dell’amore vero. Beh, Althusser non è più tornato per tre anni a Forlì… è tutto vero. Dopo questo episodio telefonavano dalle altre comunità chiedendo: ‘Ci prestate Chieffo, che viene Sartre?’. Ma mai che don Francesco abbia detto: ‘Fatti da parte, cretino’. Lo poteva dire. Invece, sentivo il suo sostegno, il suo affetto. Poteva dire: ‘Ragazzino, vai via, lasciaci lavorare’, ma lui non voleva umiliarmi, lui che aveva una testa dell’altro mondo. Don Francesco era il punto in cui la persona si incontrava con il Mistero e veniva rilanciata in orizzonti stupendi. […] Come si fa a non essere grati a chi ti ha inserito nel rapporto con il Mistero? Non in un modo ideale o generalizzato, ma in un modo che si chiama vocazione” (C. Chieffo, La misericordia di Dio in una faccia, in Don Francesco Ricci. Fino agli estremi confini della terra, a cura di Marco Ferrini, Itaca, Castel Bolognese 2011, pp. 74-76; si tratta della testimonianza di Claudio Chieffo al convegno Don Francesco Ricci: passione per l’uomo, che si tenne il 23 giugno 2007 a Dogana, Repubblica di San Marino, due mesi prima della sua morte).
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