Per una serie di circostanze, talune anche casuali, il panorama editoriale sulla figura di don Luigi Giussani e sul movimento di Comunione e Liberazione si è notevolmente arricchito negli ultimi anni. Testi inediti e raccolte di testimonianze hanno allungato la fila delle opere già presenti in libreria. E allora perché un altro testo, come quello di Salvatore Abbruzzese, Effetto don Giussani. Società italiana e senso religioso dagli anni 50 ad oggi (Morcelliana-Scholè, 2024)?



La risposta la offre l’autore stesso, per altro profondo conoscitore dell’esperienza e della storia di CL cui ha già dedicato qualificati studi in passato.

“Questo libro – chiarisce subito l’autore a pag. 6 – non vuole essere una nuova presentazione di don Giussani, né un’analisi del movimento che questi ha fondato”, perché conviene anch’egli che sono numerose le opere già pubblicate. Abbruzzese indica subito la domanda cui intende rispondere: si tratta di “spiegare l’affermazione e l’estesa persistenza dell’iniziativa educativa di don Giussani lungo un’epoca di esplicita secolarizzazione”.



Di fronte a questo quesito mette in guardia il lettore da due risposte già molto diffuse che risultano a suo avviso insufficienti. “La prima – scrive Abbruzzese –, di tipo istituzionale, spiega il successo del sacerdote di Desio con l’appoggio che gli è stato dato da alcune componenti del mondo ecclesiale e politico” (pag. 7). La seconda, dice più avanti, fa riferimento alle sue qualità personali e umane che si potrebbero definire di tipo carismatico.

La risposta di Abruzzese, che è poi il fil rouge che lega tutte le interessanti 195 pagine del saggio, è che “Il successo di don Giussani va totalmente rintracciato nella sua capacità di entrare in contatto con l’Italia già secolarizzata e indifferente della seconda metà del Novecento, riuscendo a cogliere un dialogo apparentemente irrealizzabile e a cogliere le domande che pur esistevano, ma restavano rimosse sotto un’apparente e costante indifferenza”.



Questa chiarificazione consente di inoltrarsi con semplicità e con un interesse sempre crescente nella descrizione dell’Italia dell’immediato dopoguerra e di quella che è giunta ai nostri giorni, così diversa ma anche così simile, al fondo, a quella che don Giussani incontrò varcando per la prima volta nel 1954 il portone del Liceo Berchet di Milano.

Alla storia e agli avvenimenti dell’Italia Abruzzese contrappone pagina per pagina il pensiero di don Giussani, cioè le risposte e le proposte che offrì ai giovani da quel fatidico 1954 fino alla sua morte, ma anche dopo, grazie al fatto che CL prosegue fino ad ora la sua opera di testimonianza e di proposta a tutta la società italiana ed anche agli abitanti del 94 Paesi del mondo in cui è presente.

Con un pizzico di fantasia si può immaginare questo percorso come l’attraversamento di un corridoio in cui si allineano due file di specchi contrapposti: l’una di fronte all’altra, ognuna restituisce elementi di comprensione reciproci che alla fine consentono un giudizio di sintesi in grado di cogliere i profondi cambiamenti accaduti nella società e il fascino e l’attualità della proposta che CL continua a offrire.

Sul versante della società, Abruzzese, da esperto sociologo qual è, aiuta a comprendere il graduale processo di secolarizzazione che ha attraversato la società italiana durante tutti questi anni e che don Giussani intuì per primo e meglio di tutti. Lo fa rileggendo tanti fenomeni e tanti personaggi del mondo del cinema, della canzone, della cultura, della politica, dell’editoria e del loro impegno a leggere e interpretare un cambiamento che necessitava di risposte chiare e certe, soprattutto da dare ai giovani. Alla lettura di queste pagine avvincenti e affascinanti rimandiamo il lettore.

A queste si contrappongono, come gli specchi posti di fronte, quelle in cui Abruzzese illustra in modo chiaro e sintetico il pensiero di don Giussani, partendo dalla sua intuizione originaria, espressa nel suo testo più famoso, Il senso religioso, e sviluppandola nella dialettica con la società e le tensioni degli anni seguenti, per giungere alla sintesi della sua proposta educativa: un’esperienza di comunione cristiana non fondata su singole personalità, magari fuori dal comune, ma su una vita già nuova e rinnovata  secondo il principio del “centuplo quaggiù”, poco diffuso in anni in cui si richiamavano le coscienze più sull’attesa dell’eternità, su un “dopo” che deve venire e di cui non si fa sufficiente esperienza nel presente.

Lasciando al lettore il gusto di entrare in quest’affascinante dialettica, piena di citazioni, aneddoti e giudizi, occorre giungere alle conclusioni del libro per verificare se l’ipotesi di partenza ha raggiunto la meta.

Abruzzese parte da un dato incontrovertibile: l’Italia è cambiata. A maggior ragione occorre porsi la domanda: l’ipotesi educativa e di vita vissuta di don Giussani regge l’urto dei cambiamenti intercorsi? L’autore riparte dal Senso religioso e afferma: “La ricerca e il recupero del ‘senso religioso’, che è il termine con il quale don Giussani indica il senso dell’esistenza, costituisce pertanto la porta d’accesso. Questo costituisce la linea di confine tra la società di ogni epoca e la dimensione religiosa intesa come ricerca di una verità capace di dare un senso all’esistenza, ma anche capace di accompagnare e sostenere la concreta fatica del vivere, indicando una meta di vita in abbondanza. Solo l’esperienza di una tale presenza del Vero può di nuovo alimentare la ricerca di Dio” (pag. 189).

Tale conclusione va commisurata al grande cambiamento di natura antropologica degli ultimi anni, che attraversa tutta l’Italia e forse il mondo intero. E qui il riferimento all’uso incondizionato della tecnologia, e adesso dell’Intelligenza Artificiale, è pressoché scontato.

Abruzzese non ha dubbi. Riferendosi a don Giussani, scrive: “Ciò che lo spinge ad agire è piuttosto l’improvvida e inaccettabile negazione della domanda di senso che, in virtù del relativismo dominante, viene presentata come una evidenza ormai acclarata. Pertanto, il problema (…) è quello del venir meno dei presupposti antropologici che precedono ogni religione e che son costituiti dalle domande sull’esistenza, sul senso della vita e della morte: problemi che interrogano il cuore dell’uomo (…) Don Giussani si oppone ad una intera cultura che rinvia questi stessi presupposti a uno stadio culturale da tempo superato, propri di una umanità ancora imprigionata nella sua adolescenza” (pag. 188).

Le ultime pagine sono dedicate al grande lascito di don Giussani, costituito non da un “discorso” più convincente, ma da una esperienza di vita vissuta volta a “costituire una comunità morale nella quale il percorso educativo non si separasse dalla vita ordinaria, ma ne costituisse un alimento per viverla senza dimenticarla” (pag. 194). Ed infatti CL, pur con le inevitabili fatiche e distrazioni, costituisce un punto di riferimento nella società e nella Chiesa italiana e internazionale.

Il libro lascia tutti con l’interrogativo sull’oggi, non sulla personalità di don Giussani unanimemente riconosciuta (tanto che il 10 maggio si è aperta la fase testimoniale della causa di beatificazione), quanto sulle sfide, soprattutto quelle più nuove, che il mondo propone alla Chiesa e quindi anche a Comunione e Liberazione. Potrebbe essere l’argomento di un prossimo libro sull’argomento.

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