“La risposta creativa è un elemento essenziale nel processo storico” scriveva nel 1947 Joseph Schumpeter (1883-1950). Mi è capitato di leggere questa frase recentemente e l’ho trovata attualissima. Stiamo attraversando un momento storico in cui la creatività di ciascuno sta giocando e giocherà un ruolo fondamentale per arginare l’emergenza sanitaria dettata dal coronavirus e favorire la ripresa socio-economica. “Ogni volta che un’economia o un settore di un’economia si adatta a un cambiamento espandendo la sua pratica esistente, possiamo parlare di risposta adattiva (adaptive response). Ogni volta che l’economia o un settore o alcune aziende in un settore fanno qualcos’altro, qualcosa che è al di fuori della gamma delle pratiche esistenti, possiamo parlare di risposta creativa (creative response)”. Esempi di questa risposta creativa oggi sono già in atto, come ha sottolineato Giorgio Vittadini nel suo editoriale del 27 Marzo.



Ultimamente si sente spesso il paragone tra la ricostruzione che siamo chiamati ad affrontare e quella avvenuta dopo la guerra. C’è chi evoca un nuovo piano Marshall e chiede (giustamente) l’adozione di misure economiche straordinarie mai adottate prima. In questo momento d’incertezza una cosa è certa: ognuno di noi è e sarà chiamato a essere protagonista di questo processo di ricostruzione, offrendo la sua risposta creativa.



Certamente, quello con il dopoguerra è un paragone che si vorrebbe non dover sentire, ma, se così fosse, è bene iniziare a guardare che cosa ha permesso all’Italia (e all’Europa) di ripartire in momenti come questi.

A tal proposito, la mostra curata dalla Fondazione per la Sussidiarietà in occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia (“150 anni di Sussidiarietà: le forze che cambiano la storia sono le stesse che cambiano il cuore dell’uomo”) mi è stata di grande aiuto per iniziare questo lavoro. In essa, infatti, sono raccontate storie di uomini, imprenditori e non, che con la loro “risposta creativa” agli eventi drammatici e ai bisogni del tempo hanno permesso non solo di risollevare l’economia di un Paese, ma di risvegliare l’ardore e l’impeto di tante anime affrante e piegate dalla fatica. Durante tutta la storia travagliata del nostro Paese, questa creatività ha pervaso incessantemente tutti i settori del tessuto sociale, da quello educativo e sanitario, a quello economico e politico.



Per quanto vedo, questo filo oggi non si è spezzato, nonostante tutti gli ostacoli che stiamo affrontando. Anzi. Numerosi sono i parallelismi tra quelle storie e le numerose che in questi giorni stiamo vedendo emergere. Gli imprenditori che si stanno rimettendo in discussione per rispondere a un bisogno sociale ed economico urgente non sono tanto diversi da Olivetti o Ferrero, che dall’unica materia prima rimasta nelle terre di Alba devastate dalla guerra (le nocciole) ha tirato in piedi un’azienda che ancora oggi è leader mondiale. I medici e gli infermieri in prima linea nell’affrontare l’emergenza sanitaria e i donatori che desiderano sostenerne le spese ricordano coloro che a fine Ottocento diedero vita a opere di assistenza sanitaria come il Cottolengo, tra le più efficienti di Italia. La passione educativa di tanti insegnanti di oggi, che nonostante le difficoltà inventano nuove forme creative per continuare a insegnare e non perdere il rapporto con gli alunni, richiama quella passione e creatività che spinse educatori come Nicolò Rezzara a creare opere educative innovative a inizio novecento. Si potrebbero fare tanti altri esempi.

Irriducibilità e creatività di soggetti che edificano il popolo, oggi come allora, favorendo una riscossa sociale e riportando la speranza a prevalere sulla disperazione. Aggrapparsi a questo filo e guardare a questi soggetti può essere in questo momento un aiuto ad accorgerci delle pietre preziose che risplendono nella buia miniera e offrire un sostegno alla “risposta creativa” che ciascuno di noi è chiamato a dare.

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