La parola consonante viene dal latino, “littera consonans”, che vuol dire “suona con”. La consonante può dunque essere pronunciata solo con l’appoggio di una vocale. La vocale è un suono che nasce con naturalezza dalla cavità orale, la consonante invece si forma quando all’aria emessa dai polmoni, al fiato, si oppone un ostacolo. Sarà per questa natura a suo modo drammatica che le consonanti sono così centrali nella scrittura di Giovanni Testori.
Chi ha avuto la fortuna di assistere a Factum est, l’intensissimo monologo portato in scena da Andrea Soffiantini, ricorda come l’inizio sia un indimenticabile farsi largo, grazie alla voce dell’attore, di una parola che ha nel suo nucleo il suono “cr”: che poi si può sviluppare in Cristo, creatura, creazione (Testori con Factum est mette in scena il monologo di un feto). È un balbettio commovente e drammatico in cui la parola prende forma proprio come se si trattasse di una nascita.
Testori con/sonante è il titolo di un incontro molto originale che oggi, 8 maggio, al Teatro Franco Parenti di Milano dà il via alla settimana del centenario di Giovanni Testori (era nato il 12 maggio 1923). Sul palco ci saranno cinque straordinarie attrici con alle spalle già molte esperienze con il teatro dello scrittore, e special guest sarà proprio Andrea Soffiantini. Ad ognuna è affidata in “adozione” una o più consonanti.
Soffiantini inevitabilmente si occuperà della “c”. L’idea, sviluppata da Giuseppina Carutti, prevede un percorso nel quale spezzoni di brani testoriani sono alternati a brani di altri scrittori per i quali vale la stessa vocazione al ricorso al suono delle consonanti, un suono che coincide tante volte con il senso. Primo tra tutti il Dante delle “rime aspre e chiocce” che verrà letto da Anna Nogara. Ma c’è Gadda con il suo elogio delle doppie, oppure Porta con il suo “Marchionn di gamb avert”. Ma sentiremo anche Iaia Forte proporre i “vasci” napoletani di Enzo Moscato.
Nel suo viaggio a bordo delle consonanti, Testori incontra anche Manzoni: accade nell’inizio dei Promessi sposi alla prova, quando il Maestro, protagonista del testo, insegna a Renzo ad affrontare e pronunciare con pienezza di coscienza le prime parole del romanzo. In particolare il “quel” di “quel ramo”, con insistenza sulla perentorietà della “q” e la dolcezza sospensiva e ferita della “l”. Così ammonisce il Maestro: “Ma quel è parola tronca la cui finale è caduta. Quel è quello… Ho detto che al ‘quel’ è caduta la o finale e che dunque, si presenta ferito, diminuito. Però la eco della o che gli è stata strappata, la si deve avvertire; deve tremare; come se uno cui manca un braccio, tentasse di sollevare il moncherino che gli resta”.
Sentiremo Marina Rocco alle prese con lo “sbrinz” della Maria Brasca di Testori, appena portata in scena con grande successo proprio al Teatro Franco Parenti. Sentiremo Federica Fracassi affrontare il vero e proprio tornado di “s” dello Sfaust. Anna Della Rosa invece si arrampicherà su Cleopatràs, testo che riporterà in scena a giugno al Parenti: il nome della regina egiziana viene rivisitato da Testori, con quell’accentuazione consonantica, seguendo proprio Dante, canto V dell’Inferno: “…poi è Cleopatràs lussuriosa”.
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