La storia del Regno di Napoli dalla fine del Settecento in poi è sempre stata inquadrata dall’angolo di visuale dei vincitori e dei dominatori pro tempore. Così è per il Triennio giacobino; così per il Decennio francese; così poi per la caduta definitiva dei Borbone dopo la spedizione dei Mille e la faticosa unificazione italiana. Riguardare la storia da punti d’osservazione diversi e magari insoliti rispetto agli usuali è un necessario omaggio alla completezza e alla verità. In tal senso si orienta il nuovo libro di Maurizio Modugno, Il Gran Maestro. Il Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio e Ferdinando IV di Borbone tra Rivoluzione e Restaurazione (Aracne, 2024), con la prefazione del principe Pedro de Borbón-Dos Sicilias y Orléans, odierno erede della dinastia che il trono di Napoli occupò per quasi un secolo e mezzo.



Il libro si apre con due capitoli dedicati a quella che all’epoca veniva detta “La più magnifica corte d’Europa” e alla struttura amministrativa del Regno di Napoli, descritta nei preziosi annuari variamente chiamati Notiziari, Calendari, Almanacchi e qui in parte riportati. Da questi e poi dai capitoli più strettamente dedicati agli eventi dal 1799 al 1815, emerge in primis un “ritratto autentico” di Ferdinando IV, Re di Napoli e di Sicilia ( poi delle Due Sicilie). Ritratto che da fonti di primissima mano (diari, corrispondenza, giornali, documenti) appare essenziale ad una storia imparziale del Regno del maggior Borbone italiano. Come ha scritto Eugenio Di Rienzo, “Ferdinando IV [fu] un monarca la cui personalità venne sistematicamente distorta e avvilita nei giudizi dei contemporanei e della successiva storiografia fino ai giorni nostri”. Altro da queste fu il Re, altro l’uomo. Si “impone di rivedere a fondo lo stereotipo secondo cui le sorti del Regno napoletano fossero affidate nelle mani della volitiva regina consorte, l’austriaca Maria Carolina d’Asburgo-Lorena e del filoinglese Segretario di Stato, John Francis Edward Acton. Sotto la maschera […] del Re lazzarone e fannullone che ci è stata tramandata, il sovrano celava una volontà decisionista e centralizzatrice di ferro e ben attenta a difendere le sue prerogative in modo da reggere in esclusiva il timone della politica del suo Stato”. Appassionato sia verso il mare, sia verso la terra (la caccia ne era solo il côté visuel), strenuo lavoratore (tra le quattro e le cinque del mattino era già alla scrivania), religioso non per apparenza, lettore infaticabile, musicista dilettante d’ottimo gusto, non si piegò mai ad alcuno se non alla forza preponderante d’armi nemiche e amiche.



Parte specifica del libro di Maurizio Modugno è poi quella dedicata al Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio. La cui storia, tra verità e leggenda, prende le mosse dai cavalieri che componevano la guardia personale di Costantino il Grande, prosegue attraverso le dinastie salite sul trono imperiale di Bisanzio, continua come pertinenza personale dei principi Angelo Flavio Comneno, passa per breve tempo ai Farnese e dall’estinzione di questi (l’ultima erede, Elisabetta, fu moglie di Filippo V di Spagna) ai Borbone di Napoli.

La storia degli ordini cavallereschi – e in particolar modo di quelli che non hanno origine e struttura monastico-militare – è una storia fondamentalmente meritocratica. Titoli, decorazioni, ascrizioni ad un prestigioso albo gentilizio, erano in realtà forme di riconoscimento di valore, di dedizione, di qualità fuori del comune. In particolar modo l’Ordine Costantiniano, al tempo di Ferdinando IV ricco e potente come mai nella sua storia e capillarmente espanso ben oltre la centrale Deputazione di Sant’Antonio Abate a Napoli, dava facoltà al suo Gran Maestro non solo di premiare i Grandi del Regno al pari della piccola nobiltà locale, come giuristi, letterati, artisti, ma di porre in essere un vero decentramento amministrativo-onorifico di moderna perspicacia.



Le complesse e concentriche vicende del Regno di Napoli e dell’Ordine Costantiniano sono il cuore del libro qui recensito. Il Triennio giacobino e il Decennio francese approderanno al doppio arroccamento di Ferdinando IV e della Corte a Palermo, sotto la protezione dell’Inghilterra. Mentre Napoleone Bonaparte proclamava la fine della Casa dei Borbone di Napoli e la sua sostituzione con un prince de ma Maison (prima il fratello Giuseppe, poi il cognato Gioacchino Murat), che daranno luogo all’esplicita soppressione ed eversione degli ordini cavallereschi afferenti alla spodestata corona ferdinandea e alla creazione di ordini nuovi e poi effimeri.

Com’è noto la spes finis dei Bonaparte verso i Borbone non avrà gli esiti da quelli auspicati.  Ferdinando IV riprenderà il trono il 7 giugno del 1815, presto come Ferdinando I, Re delle Due Sicilie. E l’Ordine Costantiniano sopravviverà, dantescamente “tetragono ai colpi di ventura”.

L’analisi istituzionale, storica e cavalleresca del Regno in tale travagliata congiuntura storica è stata condotta da Modugno attraverso documenti per massima parte inediti e con spazio e attenzione al contesto offerto dallo stato e dalla società del tempo. Così come la  ricostruzione degli avvenimenti  è stata basata su fonti assolutamente obiettive. Tutto ciò ha condotto ad una integrale demitizzazione, sia di vantate purezze libertarie nostrane e altrui (Triennio e Decennio ebbero spietatezze e prepotenze innumerevoli), sia d’una ipotetica “civilizzazione” recata dai Francesi al Regno di Napoli (allora modello di modernità industriale, assistenziale, organizzativa), sia infine di un odio popolare verso i Borbone, che non è mai esistito. La Restaurazione e l’esplicita volontà del Congresso di Vienna di riportare Ferdinando IV sul trono di Napoli, mostreranno – al suo ritorno nella Partenope – quanto il re fosse a sua volta amato da quel popolo i cui sentimenti verso la Corona muteranno ben dopo la sua morte. In tal modo questo lavoro di Modugno, Il Gran Maestro, si va – pur con metri personali – a porre in quella letteratura, sempre più vasta, che ai nostri giorni va rileggendo la storia del Sud e il periodo pre-risorgimentale con criteri di lucidità di sguardo e di rigore documentario da tempo attesi.

La strenua attenzione ai cerimoniali del tempo, alla musica e al teatro come palcoscenici dei poteri in auge, i tratti umani dei personaggi sovente in piena luce, uno stile sempre scorrevole ed elegante, completano un libro senz’altro da leggere e nel tempo confrontare e consultare come indubbio riferimento.

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