La chimica nel Medioevo era l’alchimia. Di origine ellenistica, verso la metà del VII secolo fu ripresa dagli arabi che la praticarono in Spagna e in Italia; in seguito, tra il XII e il XVI secolo, si sviluppò nell’Occidente cristiano.

L’alchimia potrebbe essere definita una “scienza occulta”: il suo scopo era quello di scoprire la pietra filosofale, e gli alchimisti si consideravano adepti della Grande Opera, una sorta di scienza filosofica che si occupava di religione, astrologia, cosmogonia, in pratica ricercavano la salute del corpo e dello spirito e la ricchezza, in poche parole ricercavano quello che oggi definiamo “benessere”.



La professione di alchimista comportava anche una pratica segreta ermetica: la magia. Alchimia è una parola infatti di origine araba che deriva da “al-chemi” che significa il segreto. Il segreto che ricercavano gli alchimisti era la possibilità di trasformare il vile metallo in oro, conseguendo il benessere. L’oro in realtà era un concetto allegorico, rappresentava infatti la moneta, il denaro: fiorino, zecchino, marengo, tallero d’oro.



Esiste una stretta correlazione fra moneta, mercato e conflittualità sociale. Il mercato ha una natura antropologica: infatti, con il mercato quale luogo di scambio di beni nasce una società umana, che si forma e si amalgama, accettando regole di convivenza. E così nello sviluppo della civiltà sono state via via bandite le razzie, il furto e l’omicidio, quali atti umani istintivi per soddisfare il bisogno del possesso dei beni anche altrui. Il mercato alimenta lo scambio dei beni funzionali ai bisogni, esso ha una funzione sociale calmieratrice delle conflittualità, dei desideri, dell’invidia e la moneta ne è il suo mezzo: senza moneta non vi è mercato e non vi è armonia sociale.



La moneta, nata con il mercato, è elemento essenziale della sua esistenza. Questa intuizione era stata colta da Montesquieu in suo libro del 1721, Lettere Persiane, scritto non appena conclusa l’euforia dell’espansione economica francese di quegli anni, dovuta alla circolazione per la prima volta nel mondo conosciuto della carta moneta per merito di John Law. Montesquieu definì quel mondo che aveva appena conosciuto con l’espressione “doux commerce”: se vi è il dolce commercio vi è una società in armonia con se stessa, il denaro circola, i beni si scambiano, i bisogni e i desideri vengono appagati, gli individui sono felici.

Ecco i periodi d’oro dell’esperienza umana: l’età di Pericle, la pax romana, l’Europa di Montesquieu e di Mandeville, la belle époque, la dolce vita, la nostra globalizzazione, solo per citarne alcuni. Essi sono stati caratterizzati dai medesimi elementi: innovazioni tecnologiche, espansione della domanda, espansione della base monetaria, benessere percepito, felicità, rilassatezza dei costumi ed esasperazione della domanda voluttuaria.

Sono stati periodi continui? La storia ci conferma di no. Perché? Ogni periodo ha avuto un andamento ciclico, nascita, apogeo e declino strettamente correlato alla dinamica economica, alla moneta. Basta solo ricordare che tre secoli fa, nel maggio del 1720, tracollò proprio la banca fondata da John Law, aprendo la crisi finanziaria ed economica che devastò la Francia e, a seguire, anche l’Inghilterra, che subito dopo, a giugno, dovette promulgare con urgenza il Bubble Act, al fine di stabilizzare la propria economia, vietando la costituzione delle società di capitali e così la speculazione azionaria.

Gli alchimisti avevano intuito che l’oro, il denaro, evita i conflitti, ma ha anche delle regole. La pietra filosofale ha un valore simbolico: colui che ne conosce i segreti, conosce i segreti della moneta e ne conosce le dinamiche, gli effetti, l’evoluzione congiunturale economica. Così la conoscenza delle dinamiche della moneta può governare il mercato: si anticipa sia la fase di crescita che quella recessiva.

Tornando ai nostri giorni, in piena in emergenza Covid-19, l’attenzione cade su Giulio Tremonti. Già per tre volte ministro dell’Economia e delle Finanze, accademico e politico, nonché presidente di Aspen Institute Italia, think tank internazionale avente fra i suoi fini quello di incoraggiare le leadership illuminate, le idee e i valori senza tempo. Sorge la domanda se non sia anche lui un… “alchimista”. Nel marzo 2008, in anticipo rispetto al crac della Lehman Brothers del settembre successivo, diede alle stampe La paura e la speranza. Europa: la crisi globale che si avvicina e la via per superarla. Ha pubblicato nel 2019 il libro Le tre profezie, ristampato Kindle, con una nuova edizione ultra nel marzo 2020 e distribuita on line all’inizio di aprile.

Ne leggiamo avidi di conoscenza e curiosi le prime pagine. Il professore apre, invitando alla lettura della nuova prefazione introduttiva: l’almanacco degli eventi prevedibili del 2020. Alla lettera C abbiamo Coronavirus, passerà ma non tutto sarà più come è stato finora nel glorioso, ma fragile trentennio che ci è stato donato dagli “illuminati”. Un mondo basato sui consumi – ricorda alla lettera L – fino a che, mettendo i desideri al posto delle virtù si arriverà al collasso. Perché la Bce ha messo il debito al posto del capitale, i liquidi al posto dei solidi – avverte alla lettera P – e con il Quantitative easing – rimarca alla lettera Q – nessuna riforma è stata fatta in Europa, attualmente dominata da robot e algoritmi, che autonomamente e automaticamente ne governano il movimento e anticipano un cigno nero.

Ricomparirà l’idea di patria – lo afferma alla lettera P – con un ritorno della storia, non per caso e non per poco. E arrivando alla lettera T cita Trump, che riuscirà a vincere le elezioni a novembre 2020, pompando la bolla finanziaria fino alla sua elezione, ma che poi esploderà con effetti devastanti. Come ultima lettera si arriva alla W, come Weimar: anche la Germania, causa la caduta della domanda di auto a livello mondiale e la crisi montante dello stato sociale, può scivolare nel disordine.

Al termine dell’almanacco, Tremonti ricorda al lettore che è venuto il tempo di essere saggi: “ora fermati ed aspetta che l’anima ti raggiunga…”. Il tempo di capire sia la globalizzazione che la direzione dove volge il futuro, anche leggendo il prosieguo del libro.

Mi sono domandato cosa capire, se non comprendere la correlazione fra massa monetaria, crescita e i rischi dell’espansione ad infinitum del denaro fiduciario. Può illudere e far credere che il sistema economico abbia sempre soluzioni di politica monetaria che risolvano ogni crisi, ripristinando lo status quo di crescita e di benessere dei cittadini. Condizionati da questa illusione, tutti gli attori, compresi i governi, promuovono idee e proclami e programmi. Essi si richiamano alla storia, al Trattato di Roma, all’Europa, ma la storia, finora – ed è un’altra cosa da capire – ha sempre riconfermato se stessa negli ultimi cinque secoli, come si era già osservato; e oggi, analizzando quello che sta succedendo, aggiungerei le parole con incredulità. Diventiamo dunque saggi, onde evitare, poi, di doveraffidare il cuore a chi la sorte aveva già dato il corpo”.