Simbolica anche la data, lo scorso giorno di Natale, per un viaggio fra le stelle e le galassie, alla ricerca di dimensioni inesplorate o persino alla scoperta dell’arcana origine dell’universo. Come è noto, lo scorso 25 dicembre il telescopio spaziale James Webb è stato lanciato dalla base europea di Kourou (Guyana Francese) con un Ariane 5 per proseguire e approfondire le osservazioni iniziate con il telescopio Hubble che per primo, dallo spazio, ha perlustrato i corpi celesti registrandone immagini sorprendenti. Ora la nuova avventura, nata dalla collaborazione tra Nasa, Agenzia spaziale europea (Esa) e Agenzia spaziale canadese (Csa), prospetta esiti ancor più sensazionali: grazie alle tecnologie avanzate il telescopio Webb, cento volte più potente, potrà catturare il 70% di luce in più ottenendo una visione assolutamente inedita delle prime galassie nate dopo il Big Bang.



In preparazione da 30 anni, costata oltre 10 miliardi di dollari, l’operazione schiude orizzonti inimmaginabili o fino ad ora delineati solo in una dimensione fantascientifica.

Mentre il Webb, procedendo a circa 400 metri al secondo, a breve (secondo le previsioni il 23 gennaio) raggiungerà il punto di Lagrange, a un milione a mezzo di chilometri dalla Terra, dove avrà inizio l’impresa che in 10 anni realizzerà l’affascinante “reportage” sull’universo ignoto fra galassie e pianeti finora irrilevabili, la fantasia di molti che pur faticano a comprendere in termini scientifici metodiche e sviluppi dell’imponente progetto, corre inevitabilmente a briglie sciolte verso l’esaltante ipotesi di raggiungere dimensioni inafferrabili e “toccare” l’infinito.           



È certamente avvincente accostare, anche da inesperti, l’ingegnosità superlativa di un progresso scientifico e tecnologico che conquista stupefacenti traguardi, eppure la sensazione di ottimismo compiaciuto si misura quasi d’istinto con un’attesa che supera l’avventurosa esplorazione degli spazi siderali: la vera aspirazione, ben più di una curiosità, sottende l’interrogativo sull’origine del Creato, sulla possibilità di conoscere la consistenza ultima delle cose, la radice dell’esistenza.

È il sogno di sempre quello di poter giungere alla conoscenza dei primordi, di un’origine che non è solo un inizio temporale, ma implica un’esigenza più profonda, chiede e attende una rivelazione del senso e del destino: il cielo nella sua vastità, nel suo incanto sfolgorante di astri, ha sempre suggerito all’umanità questo slancio, quel volo audace e irrinunciabile raffigurato nel mito di Icaro attratto dal sole. Il cielo ha sempre ispirato l’anelito alla conoscenza che porta oltre il limite, che suscita il desiderio invincibile di vedere e toccare l’oltre, di sfondare la barriera dell’ignoto per  trovare il segreto dell’inestricabile vicenda umana. Appare evidente anche ai nostri giorni l’urgenza di colmare la distanza fra la nebulosa insensatezza che avvolge i giorni e l’accadere di un evento che apra una prospettiva luminosa per comprendere chi siamo e da dove stiamo andando. L’astrofisico Marco Bersanelli sostiene che indagare il cielo stellato ha sempre suscitato nell’umanità uno stupore metafisico: studiare sempre più a fondo la perfezione che muove l’universo può indurre a rintracciare in esso l’impronta divina, risvegliando domande esistenziali oggi facilmente emarginate dai contesti accademici.



“Quando provate dolore nell’anima, uscite fuori e guardate le stelle” consigliava l’eclettico matematico, fisico e filosofo Pavel Florenskij: prendere alla lettera le sue suggestive parole, oltre la facile e fuggevole commozione, porta ad aprire un percorso di conoscenza incredibilmente attuale e sperimentabile.      

Il desiderio di “riveder le stelle” – evocato il 25 dicembre dal lancio del telescopio Webb verso nuovi e inesplorati orizzonti cosmici – può scoprire realmente, oltre la coincidenza della data, un richiamo al Natale, all’evento dell’incarnazione di quel Dio che assume il limite umano e viene ad abitare la terra.

In fondo anche i Magi che giunsero a Betlemme mossi dall’inesausta passione per la conoscenza, proprio nella contemplazione e nello studio della volta celeste scoprirono i segni che guidarono il loro tragitto alla ricerca della verità: furono sorpresi e provarono “una grande gioia” riconoscendo che la verità che cercavano era sotto i loro occhi, che era un bambino “venuto dal Cielo” ad aprire il varco all’infinito, a rivelare il senso di tutto.

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