Creature marine e abissali abitano l’originale libro di esordio di Valentina Furlotti in cui oggetti, animali e figure umane sembrano brillare di una luce magnetica o emergere dalla superficie apparentemente quieta del reale: “presto / l’ombra sarà troppo forte / il parco si volterà dall’altra parte / un’onda sommergerà ogni cosa / e l’ostrica chiuderà la bocca sulla perla” (p. 13).
In queste sue Fosforescenze (Interno Libri, 2024) l’autrice ci conduce in un mondo attraversato da continui bagliori e impreviste epifanie, che si tratti della scena ordinaria di una vicina che si affaccia “sull’abisso di luce / e trema” o del risveglio notturno di un uomo asfissiato dal monossido di carbonio: “La brace / è spenta da poco quando striscia / verso la porta e la collina entra / nella bocca” (p. 17).
Così, alla ricerca quasi ossessiva di ciò che si concede di essere visto solamente attraverso le lenti della scrittura e di cui se ne inseguono le luminescenti tracce, viene celebrato l’“incanto” e la “solitudine” di una creatura mostruosa come il melanoceto o diavolo nero che si aggira negli abissi degli oceani tropicali: “Nella zona di mezzanotte a qualche / grado sopra zero una luce brilla / nel liquido amniotico” (p. 21).
In questa ricerca di ciò che brilla e illumina il velo opaco del reale, si tratti di prodigiose creature marine, di tremende deformità fisiche come quella dell’Uomo elefante o di rare patologie osservate attraverso abbacinanti radiografie, sembra che Furlotti faccia propri – almeno per intensità e direzione della sua ricerca – alcuni versi del grande Adam Zagajewski: “La poesia è ricerca del fulgore. / La poesia è una strada regale, / che ci conduce nel punto più remoto, più in avanti, più ulteriore”.
Attraversiamo in questo libro luoghi non comuni alla poesia come studi dentistici, camere di degenti o RSA in cui all’improvviso si spalancano le porte come se qualcosa di tremendo e prodigioso stesse per accadere: “Labbra succhiano / dalla tua mano nido, finché la porta / spalanca luce e polvere” (p. 44).
La penultima, affascinante sezione del libro è infine dedicata alla radioattività, esplorata attraverso gli occhi dei coniugi Curie, che scoprono l’elemento chimico del radio e nel buio notturno del loro laboratorio osservano “bagliori blu risorti dalla pietra” (p. 53) o con le “Radium Girls”, operaie americane vittime di avvelenamento mortale da radiazioni nel 1917: “Brillano al buio, le ragazze del radio / verdi scheletri luminescenti” (p. 54). Oppure, su quella sottile linea di confine tra ricerca scientifica e smisurata volontà di potenza umana, assistiamo ai tremendi incidenti nucleari causati in Nuovo Messico dai rischiosi esperimenti con la sfera di plutonio “Demon core”: “Invade la stanza una vampata blu / a Los Alamos, gli occhi dei presenti / sul cacciavite sfuggito di mano / testando la sfera di plutonio” (p. 57).
Brillano, come luminose reliquie sopravvissute ai disastri della Storia, gli oggetti-simbolo e le figure che popolano queste Fosforescenze; al poeta non rimane che porsi in ascolto, come un radar capace di intercettare i minimi segnali del mondo: “nella palude ascolti / il respiro del vivente” (p. 63).
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