Nella Marina militare italiana il nostromo è il più esperto dei sottufficiali adibiti al servizio di coperta. Non è un grado, ma un incarico, un ruolo ben preciso affidato a un sottufficiale, dato all’uomo di fiducia del comandante della nave. Il termine deriva dal latino Noster Homo, “il nostro uomo”. In genere è il più anziano dei sottufficiali che prestano servizio in coperta, di cui sovrintende e dirige le manovre sul ponte. Maria Giovanna Fantoli, ne Il Nostromo: la traversata di Giorgio Ferro (Ares, 2024) racconta la traversata più importante del protagonista, quella della sua vita.



Giorgio Ferro è un uomo che ha vissuto con gli occhi ed il cuore spalancati alla ricerca dell’essenziale, una ricerca che ha giudicato tutte le scelte compiute nel corso degli anni. Arruolato da giovanissimo nella Marina militare italiana, presta servizio per sette anni sulla Nave Vespucci. Come sottufficiale nel 1960 è nostromo del SS-373 Lizardfish, un sommergibile americano ceduto all’Italia, che la nostra marina ribattezza S-512 Torricelli, sotto il comando del capitano di corvetta Lino Ravalico. A bordo del Lizardfish, preso in carico a Pearl Harbor, Giorgio farà mezzo giro del mondo, passando per Balboa, il Canale di Panama, Key West in Florida, le Azzorre, Gibilterra per raggiungere infine Taranto.



Nel 1959 si sposa con Loredana, dalla quale ha tre figli. Nonostante il grande amore per il mare, la vita del marinaio comincia ad andargli stretta: desidera svolgere il suo ruolo di padre, stare vicino alla moglie e ai figli. Lascia quindi la marina, e con la famiglia si trasferisce a Novara, dove inizia un umile lavoro di ufficio che però, affrontato con serietà, lo conduce a conoscere molti concittadini, e ad iniziare con loro un rapporto stringente, che va oltre il semplice ruolo burocratico.

La ricerca dell’essenziale accompagna Giorgio nelle scelte della vita e negli incontri che la vita gli propone, il più importante dei quali si rivela essere quello con don Giussani ed il movimento di Comunione e Liberazione, di cui diverrà in seguito con gli anni una delle figure di riferimento nazionali. L’apertura verso l’umano lo porta a condividere il bisogno delle persone che incontra, prendendo corpo in una semplice amichevole condivisione della vita, testimoniata da tanti dei suoi amici più giovani di lui, ma anche attraverso la creazione di iniziative importanti, tra cui “Iniziativa 2”, una associazione per dare lavoro a portatori di handicap. Incontra don Carlo Saino, cappellano del carcere di Novara, con il quale inizia un’opera di volontariato nel reparto di alta sicurezza, rivolto agli ex brigatisti lì detenuti, seguito dalla nascita di “La Terra Promessa”, una piccola tipografia per dare lavoro sia ai detenuti ancora in carcere sia a coloro che dal carcere uscivano.



Nel 1987 fonda a Novara il circolo Charles Péguy, un’associazione culturale nata per mostrare a tutti che l’alternativa cristiana è quella razionalmente più adeguata ad affrontare la traversata della vita. Una vita che per Giorgio è affrontata nella fedeltà quotidiana alla preghiera ed al rapporto con gli amici che la sua storia gli aveva affidato. “Giorgio, dunque, ci mostrava un metodo da adottare in tutte le circostanze della vita, soprattutto quando avremmo voluto che fossero diverse, vale a dire il fatto di sostenerle con coraggio e di dare pienamente il nostro contributo senza risparmiarci. Partendo da una posizione così, aveva gli occhi spalancati sulla realtà, senza temere di confrontarsi con nulla” (pag. 99).

Giorgio si spegne nel 2002 dopo una lunga malattia, piena di complicazioni, ma affrontata con la certezza che, alla fine della traversata, lo aspetta un destino buono. Maria Giovanna Fantoli, amica di Giorgio Ferro, ci accompagna nella narrazione della sua vita, in modo delicato e mai invasivo. La parte finale del libro lascia spazio alle testimonianze di molti che hanno conosciuto Giorgio e che ne hanno condiviso i passi, testimoniandone la paternità e la statura umana.

Un’ultima nota a margine: il libro è stato stampato dalla tipografia La Terra Promessa Onlus, quella iniziata da Giorgio per aiutare i detenuti, il cui lavoro oggi serve a conservarne la memoria.

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