“A una curva la valle ha girato e mi sono ritrovato davanti il ghiacciaio del Rosa. Splendeva da far male agli occhi… La salvezza verso cui correvo… sfolgorava su questa valle buia, dove i nostri peccati giacciono, inespiati”. Come nelle Otto montagne e nella Felicità del lupo, c’è il Monte Rosa sullo sfondo anche del nuovo libro di Paolo Cognetti, Giù nella valle (Einaudi), stavolta non quello delle valli valdostane dei suoi romanzi precedenti, ma quello piemontese della Valsesia. Ci si sposta non solo in latitudine ma anche nell’altitudine, perché ora l’ambiente è molto più quello della bassa valle – le alte quote sono meno presenti –, luogo di peccati e peccatori, mentre salendo sugli alpeggi i cuori dei personaggi si fanno via via più puri, anche quelli più duri. Dove un’aquila che spicca il volo dalla cima di un larice non batte le ali come gli uccelli “normali”, ma le spalanca e si getta nel vento. Una bellezza. E dove “non c’è niente come l’acqua gelata per cacciar via l’alcol dal corpo, è come se il diavolo fuggisse da una preghiera”. La montagna purificatrice. Mi torna in mente, leggendo queste pagine, quello che ci disse anni fa un vecchio escursionista su un’aerea cresta dei Monti Sibillini: “Quassù c’è la vita, laggiù – indicando le valli confuse nelle nebbie basse – c’è la morte”.



Un Cognetti “minore” nelle dimensioni (più un racconto lungo che un romanzo) ma c’è sempre la pulizia dello stile e la capacità di creare i luoghi e le atmosfere. Ricorda nei dialoghi e nell’asciuttezza il John Steinbeck migliore, quello di Pian della Tortilla e Uomini e topi. Del resto, Uomini e cani si potrebbe anche intitolare il libro, dato che i protagonisti sono appunto coppie di rappresentanti del genere umano (marito e moglie, due fratelli) e canino, le cui storie si sovrappongono e si incrociano.



Un Cognetti, inoltre, forse meno militante che in altre occasioni nella difesa dell’ambiente alpino. Se è vero che, nel libro, si devono tagliare 5mila alberi per fare una pista da sci, è anche vero che “mica si può sciare in mezzo al bosco… È dalla notte dei tempi che gli uomini tagliano le piante, accoppano le bestie e si sfondano la testa a vicenda”. Va detto, però, che la storia è ambientata nei primi anni 90, quando ancora investire nello sci era una scommessa che si poteva vincere, mentre ora lo stesso Cognetti si batte, sui giornali e non solo, contro la realizzazione di faraonici impianti di collegamento tra Valtournenche e Val d’Ayas attraverso Cime Bianche.



La copertina del libro è, come sempre, un bellissimo acquerello del pittore Nicola Magrin, la cui storia professionale e umana si è più volte annodata con quella di Cognetti. Ha pubblicato a sua volta un bel libro di disegni, Altri voli con le nuvole (Salani, 2021) e dipinge evocativi acquerelli di cime, boschi, lupi, cervi, uomini e cani sui monti. Come le storie che dipinge Cognetti.

Nicola Magrin, L’attesa (proprietà A. Trevissoi)

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