la crisi delle elites che paralizza l’italia

 

L’associazione “Amici di Marco Biagi”, in origine “Amici di Mario Rossi”, ha superato i 25 anni di attività dedicata alla ricerca sulla modernizzazione della dimensione pubblica e alla autoformazione degli stessi soci. Nata durante il trauma di Tangentopoli, sulla base di un libro manifesto (La tesi di Mario Rossi: le regole semplici della libertà responsabile, Marsilio Editore 1993), essa ha voluto celebrare l’emblematico compleanno producendo con lo stesso editore un volume a più mani dal titolo esplicito: Popolo ed Élite: come ricostruire la fiducia nelle competenze (Marsilio Editore 2020).



Il tema è trattato da numerosi autori, i quali considerano, innanzitutto, la crescente insicurezza che molte persone avvertono per la salute, l’ambiente, il lavoro, il reddito, il risparmio, il patrimonio, la stessa incolumità fisica. Ne conseguono, a loro avviso, diffusi sentimenti di sfiducia e diffidenza nei confronti delle figure esperte che hanno ruoli apicali nella dimensione pubblica come in quella privata.



Eppure il governo di società sempre più complesse e la prevenzione dei numerosi fattori di rischio necessitano di competenze ed esperienze affidabili, alle quali si rivolge soprattutto una domanda non solo di amplificazione del malessere, ma anche e soprattutto di decisioni efficaci e tempestive che sappiano generare sicurezza. La qual cosa pone il problema di una Europa che abbia la stessa capacità decisionale delle grandi aree con cui si confronta: America, Cina, Russia.

L’Italia sembra avere un’origine specifica e precoce della crisi delle élite che ancora oggi ne condiziona la vitalità. Secondo il premio Nobel per l’economia, Edmund Phelps, l’Italia ha avuto nel dopoguerra una straordinaria indigenous innovation, che si è esaurita nel 1993. Il tempo coincide con il trauma di Tangentopoli, che non ha avuto eguali in altre democrazie.



Si trattò, secondo l’introduzione, anche di uno scontro tra élite che alla fine si delegittimarono reciprocamente. Ma fu anche operazione asimmetrica, che colpì una parte del sistema politico risparmiandone con precisione chirurgica un’altra parte. La menzogna per cui vi sarebbero state aree politiche escluse dal finanziamento illecito ha alimentato un moralismo distruttivo che pesa tuttora.

Per questa ragione si invoca un’operazione politica di verità storica, in quanto necessaria a dare un pavimento solido al nostro futuro e a produrre, finalmente, un equilibrio sostenibile tra i poteri costituzionali.

Contemporaneamente, gli Amici di Marco Biagi individuano nell’ascensore sociale lo strumento per rigenerare élite larghe, plurali, in sana competizione tra loro, misurabili in base ai risultati che producono nel loro ambito di responsabilità. Lontane, insomma, da quei caratteri di autoriproduzione, autoreferenzialità e separazione dal senso comune del popolo che oggi le caratterizza.

Ciò significa una rivoluzione educativa coerente con la rivoluzione cognitiva indotta dalle nuove tecnologie, fondata sulla parità di opportunità, realizzata attraverso il cambiamento di metodi e contenuti pedagogici, orientata più a periodiche certificazioni delle capacità che al tradizionale titolo di studio. Ogni italiano deve poter accedere a percorsi coerenti con le proprie vocazioni e necessità. La domanda di “saper essere” prima che di “saper fare” corrisponde a una formazione integrale della persona che non può prescindere dai princìpi della tradizione nazionale.

Ecco, da un’ampia base di persone autosufficienti e occupabili si possono selezionare élite culturalmente diversificate, mobili, verificate e accettate.

LETTURE/ Gli “Amici di Marco Biagi”, una soluzione per uscire della crisi del 93