“So in partenza che rimprovereranno. Perché do notizie su libri come questo e non, poniamo, di quelli che furoreggiano nelle classifiche dei ‘più venduti della settimana’, quasi il corrispettivo del Titanic in campo librario […] Cerco di segnalare, più che posso, libri che modificano, arricchendolo, il mio (povero) modo di vedere le cose del mondo”. Sono parole del romanziere e poeta ticinese Giovanni Orelli (1928-2016), storico collaboratore per quarant’anni delle pagine culturali del settimanale svizzero Azione. Ora, grazie alla cura precisa e attenta di Pietro Montorfani (La gioia dei classici. Letture e consigli di uno scrittore vorace, Casagrande, 2022) è possibile inoltrarsi nei sentieri impervi e avventurosi della riflessione letteraria di Orelli, geniale e vorace lettore dei classici o di autori spesso banditi dalle aule (scolastiche e non solo).



Invogliare alla lettura, offrire al lettore – con la capacità critica e la perizia acrobatica che lo contraddistingue – una traccia, un metodo, un segnale luminoso per entrare nell’universo dei grandi della letteratura: questa l’impresa di Orelli, condotta con rigore e passione. Se, secondo l’ormai celebre definizione di Calvino, un classico è un libro che non finisce mai “di dire quel che ha da dire”, in quest’antologia di scritti Orelli va oltre: classici come libri da far “tremare le vene e i polsi” o ancora “magnificamente atti a salare il sangue”.



Il recensore “atipico” Orelli, con una lunga frequentazione delle aule scolastiche (come insegnante) e universitarie (allievo di Giuseppe Billanovich all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano) sa bene che per guidare alla lettura in profondità di un testo occorre talvolta percorrere vie originali e inaspettate, saper “scoperchiare le carte”. L’insegnante-recensore Orelli se ne sta lì – come “arcangelo-guida” – sulla soglia del testo, in attesa del lettore ma pronto ad affondare la lama: “Difendere Dante? Ma scherziamo? Se c’è uno che in Italia si difende, impareggiabilmente, da sé, questo è proprio Dante […] Tra l’altro: Dante ci aiuta a capire le cose della quotidianità nostra. Con i suoi fulminanti disegni. La crisi italiana, Bertinotti ecc. Guardando il dibattito alla tivù, come non pensare all’Inferno XXIII, verso 4 e seguenti: Volt’era in su la favola d’Isopo / lo mio pensier per la presente rissa, / dov’el parlò de la rana e del topo”.



Leggere un classico come Dante per capire meglio le complessità della politica italiana, rileggere gli Essais di Montaigne per comprendere le mosse di Gorbaciov e la perestrojka o ancora trovare in Racine la chiave di lettura per scendere nei conflitti multietnici del Kosovo: “Che c’entra Racine con il Kosovo? Io credo che c’entri […] Punto I. Una prospettiva per il millennio prossimo venturo è l’inarrestabile scivolamento verso il villaggio globale. Semplificando semplicisticamente, i nostri discendenti parleranno tutti amerikano? Mangeranno tutti, se mangeranno, McDonalds o pillole? […] Quello scivolamento vorrà dire perdita di individualità, di molteplicità, di identità regionali. Vittoria del cosmopolitismo anonimo e sconfitta delle radici”.

C’è in Orelli un fiuto incredibile per gli aspetti linguistici e stilistici, una sorprendente capacità di entrare nei testi dei grandi della letteratura restituendone l’energia sotterranea, la forza inesauribile. Così questo libro di consigli di lettura di uno scrittore sui generis è una manna celeste per lettori non appiattiti, un vero e proprio grimaldello per leggere il presente.

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