Nella ricorrenza della Giornata europea dei Giusti del 6 marzo, proclamata nel 2012 dal Parlamento europeo su iniziativa di Gariwo, onlus di straordinaria e feconda iniziativa culturale, è interessante leggere un testo di Gabriele Nissim, Il bene possibile. Essere giusti nel proprio tempo (Utet, 2018). Lo scrittore, con grande passione e forza interiore, ha dato vita alla Foresta dei Giusti, per ricordare chi ha testimoniato con la sua vita una differenza possibile. Nel suo libro dà una definizione di Giusto che spiazza i luoghi comuni del già saputo. Il giusto non è né un eroe né un santo. Non è neanche un uomo impeccabile o animato da un improbabile perfettismo morale. È, infatti, una persona comune con difetti e debolezze su cui si può e si deve sorridere. Tuttavia il Giusto, in un momento preciso, nonostante la sua intrinseca difettività, ha detto un no fermo al male.



Dalle pagine del testo emergono uomini come Armin Wegner (1886-1978), che cercava, sempre, prudentemente, di evitare pericoli e difficoltà. Aveva ottenuto, infatti, una raccomandazione per evitare la prima linea e la guerra. Eppure, davanti al grave genocidio degli Armeni non tacque, facendo di tutto per salvare vite di altri uomini. E non tenne la bocca chiusa neanche di fronte alle leggi razziali, scrivendo una lettera a Hitler. Dopo la tortura abiurò per salvare la sua vita. Ma la lettera di protesta inviata al dittatore resta scritta, anzi scolpita nella storia, sempre pronta a risorgere, evidenziando che un uomo semplice come tutti e anche pauroso può dire una verità scomoda e controcorrente.



E che dire di Václav Havel (1936-2011) che amava andare nelle birrerie, divertendosi alla grande? Nonostante la sua agiatezza e la bella vita a cui non voleva rinunciare, disse un no al regime oppressivo. E invece Etty Hillesum (1914-1943)? Viene vista sempre, giustamente, nella sua grandezza morale e nella sua statura filosofica, ma era anche una persona “che amava intrattenere rapporti con diversi uomini”. Che pensare, poi, di Giorgio Perlasca (1910-1992) che salvò gli ebrei a Budapest forse perché innamorato di una ragazza ungherese, all’insaputa della moglie?

Insomma i Giusti, per Nissim, sono la testimonianza di un Bene fragile che non si presenta mai come ostentatamente forte, arcigno, sicuro di sé. Si tratta, infatti, di un Bene sommesso: quello di una voce sussurrata nel nostro intimo, capace di oltrepassare il carico di pesi, contraddizioni e limiti che ci affliggono, dando luogo, per un piccolo sì, a un’imprevista trasformazione. Il sussurro di quella voce accorata è dentro tutti, proprio tutti. E può dare luogo a un’esplosione di umanità. È il caso del musulmano Lassana Bathily, malese, che durante i terribili attentati terroristici di Parigi salvò una quindicina di clienti ebrei nel supermercato Hyper Cacher in cui lavorava, nascondendoli in un frigorifero. Un gesto decisivo, un argine al male, alla vile cattiveria dell’uomo su vittime predestinate per la loro religione.  E la voce nascosta, ostinatamente, ancora oggi si fa sentire in tante persone e in tanti luoghi nella speranza di un sì, nonostante tutto. La Giornata di oggi in cui saranno scoperte le targhe di cinque nuovi Giusti: Ruth Bader Ginsburg, Dag Hammarskjöld, Liu Xiaobo, Liu Xia, Carlo Urbani ci ricorda che una povera voce parla anche dentro di noi, insistentemente, nonostante i nostri limiti e le nostre contraddizioni, dei quali si può davvero sorridere.



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