Oggi, 2 luglio, Sergio Bresciani (1924-1942) avrebbe compiuto cento anni. Chi era Sergio? Fu il più giovane soldato del reggimento artiglieria Terzo Celere, caduto il 4 settembre 1942 a diciotto anni in Africa durante le battaglie di El Alamein, pluridecorato con la Medaglia d’oro al valor militare italiana e con Croce di ferro tedesca di prima e seconda classe; a Sergio Bresciani, inoltre, è stata dedicata la Pista Rossa di El Alamein. Nel centenario della nascita di Sergio, la sorella Liliana Bresciani Alba, di undici anni più giovane, gli dedica un emozionante libro, Il cucciolo della Leonessa. Mio fratello, Sergio Bresciani (con prefazione di Antonio Besana, Ares, 2024), riedizione di un volume già uscito nel 1999, stampato in proprio dall’autrice, ristampato nel 2007 e circolato attraverso canali personali e amatoriali; inoltre, già nel 1992 era stata pubblicata una biografia di Sergio, nel cinquantesimo anniversario della sua morte, e nel 2023, sempre per Ares, Antonio Besana ha pubblicato Il bambino di El Alamein, di cui abbiamo dato conto su queste pagine.
Il presente volume, però, ha il valore aggiunto di offrirci direttamente le parole e la voce di Sergio, poiché si tratta di una raccolta di documenti che testimoniano della sua vita e della sua indole. Soprattutto, troviamo in queste pagine numerose lettere di Sergio, dalle quali traspare tutta l’indole del ragazzo e che qui vengono offerte al pubblico nell’intento di serbare memoria della purezza d’animo di Sergio, rendendo giustizia a quanto aveva compiuto in vita.
L’idea viene da lontano. Così racconta Liliana Bresciani: “Raccolsi e riordinai i documenti di mio fratello nel lontano 1960, quando insegnavo nel piccolo paese di montagna dove Sergio visse parecchio tempo della sua infanzia e della sua adolescenza (ovvero, Treviso Bresciano, nda). Forse, chissà quando, avrei anche potuto pubblicarli; desideravo vivamente rispondere a una aspettativa dei miei genitori, ma soprattutto desideravo che la vicenda umana, del tutto singolare, di Sergio non venisse dimenticata. C’era, nella sua breve vita, qualche cosa che mi colpiva, e che mi colpisce ancora ben oltre l’affetto parentale che mi lega a lui: intuivo, nascosto nel suo animo, come un piccolo-grande mistero buono che lo aveva spinto a compiere, con spontanea e giovanile semplicità, ma con grave consapevolezza, scelte e gesti difficili, duri; scelte e gesti che non potevano essere il frutto di una esaltazione momentanea; essi comportavano e in effetti comportarono aspra e lacerante fatica di giorni e di notti e furono causa di rinunce, di dolore, di paure, di nostalgia, di attese e di speranze. Non dimenticare Sergio, anzi conoscerlo un po’ di più nel profondo e magari farlo conoscere, con discrezione, alle nuove generazioni, a quei bambini che in qualità di insegnante elementare andavo incontrando, poteva significare per me la realizzazione di un sogno; ma sempre rimandavo: il compito mi pareva troppo arduo, poi gli impegni familiari e il mio lavoro di insegnante sempre più coinvolgente”.
Dopo mesi di lavoro, all’inizio del 1962 Liliana spedì tutti i documenti, corredati da note personali, al capitano di Sergio, Guido Zirano, che li aveva, a sua volta, richiesti al padre del giovane soldato. Il capitano Zirano rispose con parole come sempre non solo affettuosissime per Sergio, ma che sottolineavano anche la straordinarietà morale del personaggio: “Nella vita di ciascuno di noi vi sono oasi di purità assoluta, di disinteresse, di esaltazione morale: Sergio ha questo ruolo, appunto, nella mia esistenza non priva di soddisfazioni, ma pur sempre esistenza di un burocrate alle prese della grigia realtà di ogni giorno. Ho ammirato il tono pacato delle parole sue, parole che non sono solo quelle della sorella di un eroe, ma altresì di una educatrice. Intendo rileggere attentamente tutto il dattiloscritto e vedere quali possibilità vi siano di darlo alle stampe. E ciò nell’intento di non lasciare sconosciuto alle nuove generazioni un episodio che onora non solo l’Italia di ieri, ma l’Italia di sempre”.
In queste parole è ben sintetizzata la consapevolezza che fa da chiave di volta per questo volume e che ha guidato l’autrice: il desiderio che la figura di Sergio rimanga staccata da schieramenti politici, in quanto già troppe volte in passato era stata per questo strumentalizzata. Infatti questo libro, proprio perché narrato in prima persona da Liliana Bresciani, scava a fondo nei suoi ricordi e nelle sue emozioni, approfondendo la figura del fratello, morto quando ella era solo una bambina, i valori che serbava nel cuore e che orientavano la sua vita e le sue scelte, maturati e vissuti in una famiglia profondamente cattolica e unita. Per questo la breve vita di Sergio merita di essere raccontata, come ebbe a dire Guido Zirano in una lettera inviata alla famiglia poco dopo la morte del giovane soldato: “La figura di Sergio è troppo bella e grande perché il suo eroismo possa andare nascosto e non premiato”.
Liliana Bresciani ha spesso partecipato sia a incontri pubblici sia con ragazzi delle scuole medie e superiori, raccontando la storia di suo fratello, e in quelle occasioni le vicende di Sergio e il volume hanno riscosso sempre vivo favore: e se questo libro contribuirà tenere alto l’interesse per questa giovane figura di eroe (usiamo, per una volta, le parole con il loro senso letterale), sarà un bellissimo regalo per Liliana; ma anche per Sergio e per il suo coraggio.
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