Il volume di Massimo Borghesi, Il dissidio cattolico. La reazione a Papa Francesco, è il terzo di una trilogia che l’autore ha dedicato al papa nel corso degli ultimi anni. Gli altri due avevano come titolo Jorge Mario Bergoglio. Una biografia intellettuale. Dialettica e mistica (Jaca Book 2017) e Francesco. La chiesa tra ideologia teocon ed “ospedale da campo” (Jaca Book 2021). Quest’ultimo testo, edito da Jaca Book nel 2022, costituisce una raccolta di articoli e saggi che Borghesi ha dedicato al pontificato, dal 2013 al 2021, anni infuocati per il vescovo di Roma soggetto alle critiche più dure da parte di ampi settori del cattolicesimo mondiale rimasti spiazzati dalle improvvise dimissioni di papa di Benedetto XVI.



Il volume, che analizza le ragioni del dissenso cattolico verso Roma, risulta suddiviso in cinque parti: “I conservatori contro il Papa”, “Il nemico necessario: l’Islam”, “Il Papa, la Chiesa, la secolarizzazione”, “La biografia intellettuale di Jorge Mario Bergoglio”, “Interlocutori, maestri, testimoni”. Il testo si conclude con un’appendice dedicata a “La guerra tra Russia ed Ucraina”. Un conflitto, tragicamente aperto, che vede il Papa, ancora una volta, al centro di un dibattito altamente drammatico.



Riportiamo qui la parte iniziale della Introduzione del volume.

Dal Concilio Vaticano II in avanti, in corrispondenza al formarsi di un apparato mediatico mondiale, tutti gli ultimi pontefici sono stati oggetto di critiche, spesso molto dure. Non sono stati risparmiati né Paolo VI, né Giovanni Paolo II, né Benedetto XVI. Critiche provenienti da settori progressisti, per i quali la riforma conciliare doveva assumere l’aspetto di una vera e propria rivoluzione; critiche provenienti dai tradizionalisti per i quali ogni cambiamento nella Chiesa viene letto eresia. Rispetto al passato le opposizioni all’attuale pontificato di Francesco hanno qualcosa di inedito e di eccezionale sia per la loro intensità che per la volontà di delegittimazione che le anima. Amato e stimato come pochi, riconosciuto come una grande personalità morale e religiosa a livello mondiale, papa Bergoglio ha attirato su di sé l’avversione sistematica di personalità e gruppi, interni ed esterni alla Chiesa, che vedono in lui il pericoloso destabilizzatore dell’ordine ecclesiale e di quello economico-sociale. Come riconosce uno dei suoi critici più assidui, il vaticanista Aldo Maria Valli.



“Pur abituato alle discussioni e alle polemiche sull’operato dei papi (…), devo ammettere di non aver mai assistito ad un confronto così aspro. In Italia è un po’ sotto traccia, ma è in corso, soprattutto nel web. E al centro della discussione c’è lui: Francesco. Osannato da alcuni, criticato e avversato da altri. Qualcosa di analogo avvenne sotto il pontificato di Giovanni XXIII, specie dopo la sua decisione di indire il Concilio Vaticano II. Anche Roncalli, tanto amato da passare alla storia come il ‘papa buono’, fu infatti accusato di modernismo e progressismo, anche a lui, come oggi succede a Francesco, qualcuno diede del ‘comunista’ e ci fu chi gli imputò di essere troppo ecumenico e poco rispettoso della tradizione. Per certi ambienti il suo richiamo all’aggiornamento fu un autentico tradimento e il dibattito sul suo operato si fece infuocato, ma forse non così duro come lo è oggi su Francesco, anche perché all’epoca i mass media non erano onnipresenti come adesso e non c’erano i social network, catalizzatori di estremismi. In ogni caso, Bergoglio è ormai tra due fuochi: se la maggior parte delle critiche continuano ad arrivargli da ‘destra’, anche gli ambienti più progressisti sono in fibrillazione e, dopo aver tanto sperato in lui, incominciano ad accusarlo di inconcludenza” (A. M. Valli, 266. Jorge Mario Bergoglio Franciscus P. P., Liberilibri, Macerata 2016, pp. 20-21).

Si tratta di un ritratto perfetto, anche per le analogie tra Francesco e Giovanni XXIII, che proviene, singolarmente, da un autore che si è collocato, negli ultimi anni, nell’alveo della destra anticonciliare e che della critica sistematica al pontefice ha fatto una missione. Nondimeno Valli dice bene: il dibattito intorno al Papa non è mai stato “così duro come lo è oggi su Francesco”. Le accuse, reiterate e lanciate in miriadi di blogs, sostenute da cospicui finanziamenti soprattutto negli Usa, si concentrano su più punti: questo Papa è un latinoamericano avverso all’Occidente, un populista critico del sistema capitalista, un globalista che non riconosce tradizioni e confini, un progressista-relativista che mette da parte la dottrina e si affida al primato della prassi. È un “buonista”, un papa “morbido”, accondiscendente con il mondo, refrattario a sostenere le battaglie etiche (culture wars) contro la secolarizzazione. Poco importa che Francesco in tante occasioni abbia dimostrato di opporsi, con parole chiare, contro l’aborto, l’eutanasia, il modello gender. Contro la cancel culture e la sua neutralizzazione ideologica delle differenze come ha detto anche ultimamente al Corpo diplomatico:

“Il deficit di efficacia di molte organizzazioni internazionali è anche dovuto alla diversa visione, tra i vari membri, degli scopi che esse si dovrebbero prefiggere. Non di rado il baricentro d’interesse si è spostato su tematiche per loro natura divisive e non strettamente attinenti allo scopo dell’organizzazione, con l’esito di agende sempre più dettate da un pensiero che rinnega i fondamenti naturali dell’umanità e le radici culturali che costituiscono l’identità di molti popoli. Come ho avuto modo di affermare in altre occasioni, ritengo che si tratti di una forma di colonizzazione ideologica, che non lascia spazio alla libertà di espressione e che oggi assume sempre più la forma di quella cancel culture, che invade tanti ambiti e istituzioni pubbliche. In nome della protezione delle diversità, si finisce per cancellare il senso di ogni identità, con il rischio di far tacere le posizioni che difendono un’idea rispettosa ed equilibrata delle varie sensibilità. Si va elaborando un pensiero unico – pericoloso – costretto a rinnegare la storia, o peggio ancora a riscriverla in base a categorie contemporanee, mentre ogni situazione storica va interpretata secondo l’ermeneutica dell’epoca, non l’ermeneutica di oggi. La diplomazia multilaterale è chiamata perciò ad essere veramente inclusiva, non cancellando ma valorizzando le diversità e le sensibilità storiche che contraddistinguono i vari popoli. […] Non bisogna mai dimenticare che “ci sono alcuni valori permanenti”. Non sempre è facile riconoscerli, ma accettarli ‘conferisce solidità e stabilità a un’etica sociale. Anche quando li abbiamo riconosciuti e assunti grazie al dialogo e al consenso, vediamo che tali valori di base vanno al di là di ogni consenso’. Desidero richiamare specialmente il diritto alla vita, dal concepimento sino alla fine naturale, e il diritto alla libertà religiosa” (Discorso del Santo Padre Francesco ai membri del Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede, 10-01-2022, in www.vatican.va/).

Queste puntualizzazioni trovano però in molti orecchie sorde, sembrano non intaccare i pregiudizi. Per i “puri”, per coloro che si sono autoproclamati custodi della retta dottrina, il Papa del sorriso, al pari di Giovanni XXIII, è il servo accondiscendente dei potenti, l’ultimo papa secondo i racconti apocalittici che tornano significativamente di moda. Così il cerchio si chiude e la vulgata del papa “buono” al servizio di Soros e dei poteri del mondo, di colui che porta la Chiesa verso la sua autodissoluzione, percorre le miriadi di strade del Web e viene ripetuta come una sorta di mantra. Il contesto? Quello di un mondo apocalittico, contrassegnato dal tramonto della fede, in cui i fulmini sulla cupola di San Pietro preannunciano la distruzione della Chiesa. Si tratta di un quadro così palesemente deformato da lasciare stupefatti ed attoniti. Come è possibile immaginare un Pontefice che costituisce al presente la testimonianza vivente dell’amore di Cristo al mondo come una manifestazione dell’anti-Cristo? Una tale deformazione ottica ed intellettuale non può essere compresa solo razionalmente, ha anche un fondo mistico. Una sottile, effervescente, patologia religiosa percorre oggi la Chiesa.

Essa si si iscrive in un generale movimento di reazione che segna la scena mondiale a partire dalla tragedia dell’abbattimento delle Torri gemelle, a New York, l’11 settembre 2001. L’11 settembre è l’evento che segna uno spartiacque tra il prima e il poi, rappresenta la crisi dell’era della globalizzazione che si afferma dopo la caduta del comunismo, inaugura il mondo manicheo in cui l’Occidente combatte contro l’“asse del male” ed apre “l’era della teopolitica” fondata sul contrasto tra amico e nemico. La rinascita del religioso, la “desecolarizzazione” che caratterizza il nuovo millennio, viene inscritta in una concezione militante e guerriera della fede che trova i suoi avversari nel relativismo etico postmoderno e nell’integralismo fanatico dell’islamismo radicale. Nel nuovo clima di scontro la saldatura tra la religione e l’Occidente in guerra diviene potente, coattiva.

Al progressismo, ottimistico e superficiale, della breve era della globalizzazione si oppone una controspinta, una reazione per la quale dialogo, solidarietà, impegno per la pace, appaiono sospetti. Una diffidenza che coinvolge la stessa eredità conciliare la quale viene posta sul banco degli accusati non più da frange minoritarie ma da settori consistenti della Chiesa. L’11 settembre cambia lo scenario del mondo e la Chiesa ne subisce il contraccolpo. È da qui che occorre partire per comprendere la reazione conservatrice che ha tentato in questi anni di deformare e delegittimare il pontificato di Francesco. L’odio e la paura, “La rabbia e l’orgoglio” come scriveva Oriana Fallaci, suscitati dalla follia dei piloti suicidi di Osama bin Laden, ha provocato una metamorfosi della stessa testimonianza cristiana.

Il cattolico del secondo millennio torna sulla scena, dopo la scomparsa dell’avversario comunista, grazie a un nuovo nemico rappresentato dall’islamismo radicale. Torna il quadro manicheo e il cristiano può riprendere la sua tenuta da combattimento dismessa negli anni 90. Lo spirito bellico vira ora da sinistra a destra. Per questo parole come dialogo e pace paiono sospette, perché configurerebbero un mondo, religioso e politico, segnato dalla smobilitazione. Al contrario la storia volge verso la resa dei conti tra le forze del bene e quelle del male. Ogni irenismo, ogni buonismo è fuori luogo. Noi e loro, noi o loro: questo è il quadro che l’11 settembre impone a tutti, anche ai cristiani. Di fronte al nuovo nemico le identità non possono più essere “leggere”, fluttuanti, come sognavano i post-moderni ammaliati dalla New Age, ma divengono dure e conflittuali. Così, in pochi anni, il cristiano “da missionario e aperto al dialogo diventa identitario e conflittuale, da sociale diventa individualista e burocratico, da pacifico si fa bellicoso, da cattolico e universalista diviene occidentalista”. Il cristiano diventa il cristianista.

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