L’Amore, l’amicizia, l’adolescenza, il fascino delle foreste e dei grandi boschi misteriosi, l’avventura, il sogno; tutto in un libro mitico, opera della meteora della letteratura francese Alain-Fournier (pseudonimo di Henri Alban Fournier, 1886-1914). Una meteora, sì, ma luminosissima, che con Il grande Meaulnes (1913) ha realizzato un capolavoro, unico nel suo genere, e imprescindibile per capire il Novecento.



La voce narrante del romanzo è quella di François Seurel, che, da adulto, rievoca la sua amicizia con Augustin Meaulnes, detto, appunto “il grande Meaulnes” come dice il titolo (anche se il libro, in alcune edizioni italiane, è stato intitolato Il grande amico). Augustin conosce François perché quest’ultimo è figlio del Professeur Seurel, docente in una scuola nella Francia profonda, in un villaggio immerso nei boschi. E il paesaggio ha un ruolo importantissimo nel romanzo: i boschi fitti, con il loro intrico di sentieri ingannevoli, sono lo scenario attraversato da Meaulnes nella sua prima avventura.



Augustin, infatti, sin dal suo arrivo nella classe di François, rivela il suo carattere avventuroso, che lo porterà a compiere una autentica bravata: col calesse di uno degli abitanti del villaggio, il ragazzo vuole recarsi, a sorpresa, alla stazione ferroviaria più vicina, a parecchi chilometri di distanza, a prendere i genitori del Professor Seurel, ovvero i nonni di François, in visita al figlio. Ma, senza una cartina e in assenza di indicazioni stradali, Augustin si perde, e si ritrova in una strana tenuta, immersa nel folto delle foreste, in cui si tiene una ancor più strana festa: una festa di bambini, venuti da ogni dove, con tanto di maschere, saltimbanchi, travestimenti, crociere sul fiume e corsa dei pony. Augustin, per carattere attratto dall’ignoto, viene ovviamente calamitato dall’atmosfera sospesa e irreale che regna in quelle stanze solenni e insieme ingombre di stranissime suppellettili, tra le più disparate e apparentemente abbandonate, che gli parlano di un tempo lontano e fatato.



Il giovane verrà a sapere che quello in cui è stato coinvolto è un bizzarro ricevimento voluto dal figlio dei padroni della tenuta, Frantz de Galais, per festeggiare il suo fidanzamento con la giovanissima figlia di un tessitore, di cui si è innamorato repentinamente. Frantz viene dipinto ad Augustin come un temperamento bizzarro, sognatore, dagli entusiasmi immediati ed estrosi. Ma il giovane non si farà nemmeno vedere al ricevimento, perché la sua fidanzata, con un colpo di testa, lo abbandonerà prima della celebrazione del matrimonio, sentendosi indegna di lui. La festa si scioglie dunque, e tutti i bambini vengono ricondotti a casa, all’arida realtà; ma quel tempo sospeso è bastato ad Augustin per innamorarsi: egli ha infatti incontrato la sorella di Frantz, Yvonne de Galais, una giovane dalla bellezza eterea e celestiale, che lo ha letteralmente stregato.

Ritornato a scuola, Augustin cercherà per mesi di ritrovare la strada che conduce alla tenuta misteriosa, per rivedere la ragazza che ha preso possesso del suo cuore, ma la tenuta, come un castello stregato, sembra essere inattingibile (quanti patemi ci si sarebbe risparmiati, se ci fosse stato già allora Google Maps!). In questa ricerca, che ha il sapore di una quête da romanzo cortese e cavalleresco, Augustin, novello Perceval in cerca del suo Graal dai lunghi capelli biondi e dal profilo squisitamente cesellato, viene aiutato, inaspettatamente, da un giovane artista girovago che si palese nella scuola del Professor Seurel. Questo ragazzo, non appena messo piede in classe, suscita la curiosità di tutti gli studenti, sia per la benda che, con effetto molto drammatico, gli fascia una misteriosa ferita alla testa, sia per i piccoli e bizzarri tesori che egli dispone sul banco e che passano di mano in mano, nello stupore generale dei ragazzi.

Astratto nella sua ossessione di ritrovare la tenuta misteriosa, solo Augustin sembra restare indifferente di fronte al fascino del nuovo studente; ma, inaspettatamente, proprio quest’ultimo saprà completare con indicazioni precise la mappa lacunosa che il grande Meaulnes ha stilato per ritrovare la strada che lo condurrà da Yvonne. La tenuta misteriosa, apprenderà il ragazzo, si chiama Les Sablonnières, ma la figlia dei padroni, l’eterea Yvonne, in determinati momenti dell’anno si trasferisce con la famiglia in un palazzetto che i Galais possiedono a Parigi.

Questa informazione determina la decisione di Augustin di lasciare la scuola del Professeur Seurel per trasferirsi nella capitale, ufficialmente per proseguire con maggior profitto i suoi studi, in realtà per cercare la ragazza che ormai signoreggia il suo spirito. Il trasferimento a Parigi è una vera e propria uscita da quella condizione interstiziale e magica vissuta dagli adolescenti che si affacciano nell’età adulta: una autentica perdita dell’innocenza, come in seguito Augustin confesserà all’amico. E a Parigi il grande Meaulnes, proprio mentre attende una sorta di miracolo – ovvero, il palesarsi di Yvonne – davanti alla casa, desolatamente vuota e chiusa, dei Galais, conoscerà un’altra ragazza, Valentine, che rappresenta l’opposto di Yvonne, ovvero l’altra faccia del Femminile.

Augustin tornerà in seguito nel villaggio immerso nella foresta, dove nel frattempo François è riuscito a ritrovare Yvonne: la giovane si sposerà con Augustin, ma ormai il grande Meaulnes, che ha assaggiato il gusto del mondo adulto, non può più farne a meno e non riesce più a restare nei confini, meravigliosi ma angusti, del paradiso adolescenziale. E, per l’ennesima volta, il grande Meaulnes partirà, anche in questo caso per una quête, questa volta a vantaggio di Frantz, che Augustin, da bravo emulo dei cavalieri erranti medievali, con tutta la loro carica di alti e nobili ideali, vuole riunire alla fidanzata. Ma gli esiti saranno assolutamente imprevisti….

Mi fermo qui, perché se non avete ancora letto Il grande Meaulnes sarebbe un delitto rivelare lo scioglimento dell’intreccio di questo romanzo, frutto unico di un talento immenso, morto giovanissimo presso Verdun, ma che continua a vivere e a parlarci attraverso il suo capolavoro.

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