“Ore 7, irreparabile sventura. Povero San Pier Giorgio! Era Santo e Dio l’ha voluto con sé!”. È il 4 luglio 1925 e Pier Giorgio Frassati muore: Ester Pignata, la domestica, fa questa annotazione sul calendario della cucina. Stroncato a soli 24 anni da una poliomielite fulminante dopo una settimana di dolorosa e silenziosa agonia non riconosciuta dai familiari e dunque non curata adeguatamente, Pier Giorgio, agli occhi di una Torino borghese e distratta, sembra aver vissuto una vita fallimentare: non ha completato gli studi universitari, non ha alcun interesse per i salotti buoni, non ha una fidanzata e la sua vita sociale è quantomeno discutibile. Lui ha solo molti amici e tanta fede.
Una fede incrollabile che investe ogni ambito della sua vita e ogni istante del suo tempo. La frequenza quotidiana all’Eucarestia e ai sacramenti, la preghiera, la carità verso i più poveri sono i solidissimi pilastri della sua giovane vita. Insieme all’amicizia, che vive con l’esuberanza tipica della gioventù ma soprattutto come riflesso concreto dell’amore infinito di Dio per l’uomo. Un giovane che potremmo definire “normale” ma la cui normalità è frutto di una non comune profondità spirituale fecondata dalla Grazia e istruita dallo Spirito.
Ogni pensiero di Pier Giorgio era per la famiglia, gli amici e soprattutto per gli ultimi: fu tra i suoi poveri che contrasse la malattia che lo uccise e fu per essi che, al culmine della sua tremenda agonia, lasciò le sue ultime disposizioni: una polizza da rinnovare, delle medicine da consegnare: carità e dono di sé fino all’ultimo istante.
E i poveri lo ripagarono rendendogli omaggio al suo funerale con la loro presenza massiccia e silenziosa ma soprattutto inattesa. Fu allora che, non solo la famiglia, ma tutta Torino si accorse di quale patrimonio di bontà, verità e bellezza era stata la breve vita di Pier Giorgio Frassati.
“Sei mica diventato bigotto?” gli chiese qualcuno vedendolo in strada con il rosario tra le mani. “No, sono rimasto cristiano”, rispose lui con la tranquillità di chi sa di essere libero e non ha bisogno di fare compromessi con il mondo. A chi lo maltratta per il suo instancabile impegno nell’associazionismo cattolico ha il coraggio di gridare in faccia che la violenza non può nulla contro la fede “perché Cristo non muore!”.
Neanche Pier Giorgio muore quel 4 luglio: la sua eredità di valori e di totale adesione a Cristo continua da quel giorno a contagiare giovani (e non solo) di tutto il mondo. Migliaia di “tipi loschi” (questo il goliardico nome che diede alla sua compagnia di amici), grazie a lui, hanno volto lo sguardo e il cuore “Verso l’alto!”, motto che Pier Giorgio rivolse innanzitutto alla sua passione per l’alpinismo e per la montagna, ma che ben presto diventerà stile di vita di chiunque abbia incrociato il proprio cammino con quello de “l’uomo delle otto beatitudini”.
Fu Giovanni Paolo II a dargli questo appellativo e a farlo beato nel 1990, primo grande riconoscimento della Chiesa alle virtù eroiche di Pier Giorgio. E oggi la Chiesa ha ufficialmente parlato ancora di lui: “Vorrei dirvi che la canonizzazione del beato Pier Giorgio Frassati è ormai chiara all’orizzonte e si profila per il prossimo anno giubilare”. È il cardinale Marcello Semeraro, prefetto per la causa dei Santi, ad aver dato il tanto atteso annuncio alla fine di aprile scorso: a 100 anni esatti dalla nascita al Cielo e di nuovo in un anno santo come lo fu quel 1925, trova finalmente compimento quella breve e profetica nota scritta di getto, su un comune calendario, dalla sapienza che Dio ha concesso ai semplici.
Noi siamo quelli che attendono che qualcosa di bello accada, i Santi sono quelli che hanno deciso di essere il bello che accade. E di questa chiamata alla bellezza Pier Giorgio era stato investito ben presto, spinto da una forza che non poteva venire dall’educazione familiare né dal suo contesto di vita borghese: Dio lo aveva scelto per sé e lui, con gioia e gratitudine, gli aveva dato il suo “sì” totale, fino al sacrificio supremo della vita, in perfetta somiglianza a Cristo crocifisso.
Quella che poteva essere in fondo considerata una vita “fallimentare”, nelle mani di Dio, è diventata testimonianza per tutta la Chiesa e per i giovani in particolare: chi vede nei propri fallimenti umani una prova della mancanza di senso della vita, potrà con fiducia rivolgersi a San Pier Giorgio Frassati e trovare nella sua amicizia risposte e conforto oltre ogni logica umanamente immaginabile. Pier Giorgio Frassati ci insegna che si può mancare ogni obiettivo umano, sacrificare ogni occasione di gratificazione personale e persino morire a soli ventiquattro anni, ma sapere di aver comunque vissuto una vita piena, utile e degna perché affidata e offerta totalmente a Cristo, il cui fallimento sulla Croce, illuminato dalla Resurrezione è, anche per noi, vera gratificazione e vera pienezza.
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