Purtroppo sono tanti, troppi, i musicisti che non reggono il peso del successo (o insuccesso) e si tolgono la vita perché non trovano uno spiraglio di luce per ravvivare la speranza e un appiglio dove sostenere la domanda. Per fortuna sono molti di più gli artisti che, grazie alla musica, trovano un senso e una collocazione in questo mondo maturando la consapevolezza che la loro arte possa essere fonte di bellezza e di ispirazione per altri: “Credo che sia questo il fine ultimo di ogni opera d’arte: ispirare qualcun altro a usare l’arte per salvarsi. L’atto creativo crea altri creatori”. Jeff Tweedy, il leader dei Wilco, ha acquisito questa coscienza e, dopo un percorso fantastico ma anche doloroso, si svela ai suoi fan nel libro autobiografico “Let’s go (so we can get back) – Una storia di dischi e discordie con i Wilco (e non solo)”, Edizioni Sur. 



Nel libro Jeff Tweedy narra in maniera diretta, divertente e per niente auto celebrativa di come la musica sia diventata parte della sua vita: dalla sua infanzia a Belleville nel Midwest rurale (Jeff è del 1967), ai primi riscontri positivi “dove non si andava più a Est di Chicago” fino al successo mondiale con i Wilco. La musica per Jeff ha avuto un ruolo importante fin da ragazzino: il primo giradischi “caduto dal treno”, i primi dischi comprati grazie alle recensioni lette su Rolling Stone, la prima vera chitarra, una Fender Telecaster come quella dell’amato Joe Strummer, i primi concerti a St. Louis da spettatore e i primi concerti al Mississippi Nights da protagonista in cui Jeff ha modo di toccare con mano che “una vita fatta solo di musica era possibile”. 



L’incontro con Jay Farrar sui banchi di scuola e la corrispondenza reciproca grazie alla comune passione per il punk (Ramones vs Sex Pistols) fanno scattare la scintilla che li porterà in breve tempo a mettere in piedi gli Uncle Tupelo. Purtroppo per via delle incomprensioni tra i due la band ha vita breve… ma non tutto il male viene per nuocere visto che la spaccatura porterà Farrar a formare i Son Volt e Tweedy di fatto continuerà con gli Uncle Tupelo senza Jay creando i Wilco (two is meglio che one)!

Nel corso della sua carriera ha compiuto un lavoro di maturazione costante, ha combattuto l’ansia e cercato l’autostima e nel tempo ha imparato che, per quanto non fosse un super eroe, anche lui aveva qualcosa da offrire alla gente: “Non diventai un autore di canzoni quando azzeccai la prima rima perfetta, o quando provai la giusta quantità di dolore. Diventai quello che sono quando mi resi conto che scrivere canzoni, anche se significava sviscerare il mio io di fronte a degli sconosciuti, lasciar uscire fiotti di emozioni pulsanti e rendermi ridicolo con le mie stesse parole, era esattamente quello che volevo fare nella vita”.



Fin dagli esordi per Tweedy è stato fondamentale il sostegno costante dei genitori (in particolare la mamma è sempre stata la sua prima fan) e la fiducia di Peter Buck dei REM ha svolto un ruolo chiave, il primo a credere davvero nelle sue capacità quando nemmeno lui credeva in sé stesso.

Il libro scorre in maniera semplice, appassionante e divertente, tuttavia non mancano i passaggi profondi e toccanti, come quando Jeff racconta, con onestà e vergogna, di quando rubava le medicine alla suocera malata di tumore per curare le sue emicranie e il suo stato di depressione persistente. L’utilizzo di oppiacei, come l’assunzione di Vicodin e l’abuso di farmaci in generale, lo ha portato alla tossicodipendenza. Il coraggio e la consapevolezza di voler affrontare il problema lo ha portato ad entrare in clinica per disintossicarsi consentendogli di salvarsi la vita e consegnando ai fan ancora tanta bellezza. Purtroppo non è andata così bene al suo compagno dei Wilco, il chitarrista Jay Bennett, che invece non ha accettato di farsi aiutare morendo così di overdose 8 anni dopo l’allontanamento dalla band. Tanto dolore anche quando racconta della scomparsa dei genitori che letteralmente lo ha devastato ma dove è stata ancora una volta la musica a venirgli in soccorso: “La musica mi ha aiutato a sopravvivere alla morte di mamma, proprio come mi ha aiutato a sopravvivere a tutto il resto. È stata la musica a tenermi emotivamente a galla nei primi incerti anni di paternità, quando dubitavo perfino di voler continuare a suonare. La musica mi ha tenuto in vita quando pensavo che le pillole mi avrebbero ucciso”. Non si può scappare dal dolore, nella drammaticità dell’esistenza e senza risparmiarsi nulla, Jeff ha accettato di non scappare: “Stavo soffrendo. A tutti capita di soffrire per la perdita di una persona cara. Mi sono reso conto che non mi era stato tolto qualcosa; mi era stato dato qualcosa a cui nessuno poteva sfuggire. Non c’era modo di cancellare, o aggirare, il dolore per la perdita di mia madre. L’unica soluzione era affrontarlo”. E poi il contributo fondamentale della famiglia ovvero quella composta dalla moglie Susie e dai figli Spencer e Sammy ai quali ha promesso dedizione e fedeltà.

Per la musica invece ha imparato a vivere alla giornata: “Sono cresciuto credendo che un gruppo rock fosse un’allegra brigata di fannulloni che si prendevano cura l’uno dell’altro e univano le forze per donare a noi tutti la loro splendida arte. Ma quella è una fantasia”.

Il libro in generale segue un ordine cronologico senza l’obiettivo di sviscerare album per album e canzone per canzone per quanto non manchino via via gli aneddoti curiosi, come quando a Tweedy viene proposta una collaborazione particolare: “Non riuscivo ad immaginare un buon motivo per trasformare i Wilco nel gruppo di supporto di qualcuno che non si chiamasse Neil Young o Bob Dylan”. Quel qualcuno era un tale Billy Bragg e per lui sospende le sessioni di Summerteeth per lavorare a Mermaid Avenue sui testi di Woody Guthrie… davvero un buon motivo! Tanti sono anche i passaggi esilaranti come quando racconta della grande amicizia con Dylan, dell’incisione di Born to Run prima di Bruce Springsteen, di Mavis Staples che canta alla Tweedy e ancora la grigliata a casa di Johnny Cash…

Con il sottofondo dell’ultimo album Ode to Joy uscito da pochi giorni, questo libro é raccomandato a tutti i fan dei Wilco e a tutti gli interessati ai percorsi e alle vicissitudini di un uomo normale e di un artista straordinario. Let’s go è l’ennesimo libro che tutti gli appassionati di musica dovrebbero leggere e poi riporre con cura nello scaffale “un altro salvato dalla musica”.