Narrare la storia della medicina è un’opera meritoria in un’epoca in cui la medicina è diventata asfittica culturalmente. Questo è l’intento di La stirpe di Ippocrate e il Male Astuto: l’oncologia ieri, oggi e domani (Cantagalli, 2024). Il primo contributo, steso magistralmente da Vinicio Serino, antropologo, dà il via all’opera iniziando con la lunghissima, millenaria storia della battaglia dell’uomo col tumore, per passare poi la mano agli altri autori che ci danno lo stato dell’arte oggi.
La storia della medicina e del tumore, qui descritta, riporta in primo piano le immagini dei pionieri, quelli che erano eroi davvero e non eroi sanitari da televisione o da campagne inutili di pseudo-acclamazione dei sanitari, come è capitato di vedere in particolare in epoca Covid. Oscilliamo tra medici-prime-donne e medici toppo spesso portati a considerare se stessi come un “operatore sanitario”, cioè un impiegato addetto ad una malattia o alla cura di una parte del corpo; o talora ad un meccanismo in un turbolento ricettacolo di ricette, che spreme e schiaccia il medico tra carte, ricette, protocolli e scadenze. In questo libro, Serino, Santoro ed Emmi rievocano le persone e le parole della medicina, fuori di queste turbolenze. Quando la medicina è troppo lontana nel tempo e non sappiamo i nomi dei pionieri, possiamo risalire alle origini gustando le utilissime fonti etimologiche qui riportate sugli albori dell’arte medica. Serino racconta la storia medica della lotta ai tumori affrontando una duplice sfida. La prima è che nei secoli andati il concetto di tumore era certamente diverso dal nostro, e includeva tutti insieme fatti oncologici, infettivi e malformativi. Una molteplicità di fattori. La seconda è che se le armi contro la malattia erano poche, la genialità delle spiegazioni eziologiche era fortissima e allora chi li descrive deve far distinguere le improvvisazioni dalle reali manovre curative.
Non si poteva fare una trattazione del carcinoma nelle epoche, perché il concetto di carcinoma è recentissimo, così come lo conosciamo noi. Quindi qualcuno ci guida per mano lungo la strada tortuosa e alta della medicina, e ogni tanto si ferma, ci aspetta e, come Dante nella Commedia, ci dice “Guarda! Guarda questo apparire di tumescenza, questo gonfiore sospetto, guarda come lo guardavano loro, come lo accoglievano, lo coglievano e provavano a curarlo!”. L’embricamento tra medicina del tumore e medicina generale è inestricabile; tuttavia il libro mostra come poco alla volta emerga una specifica capacità clinica e chirurgica di affrontare il tumore come oggi lo intendiamo e una capacità semeiotica di distinguerlo da altre forme anomale che sorgevano nel corpo. In un’epoca di medicina-azienda, dove i medici sono diventati “fornitori di un servizio” e i malati sono “clienti” o “utenza”, provare a guardare il morbo con gli occhi dei pionieri è di sicuro aiuto.
Un problema successivo viene sollevato dal contributo di Emilio Santoro, che facendo un salto di secoli dalla narrazione precedente racconta magistralmente lo stato dell’arte oncologica nel terzo millennio. E solleva un problema importante: stiamo curando egregiamente quello che stiamo producendo imprudentemente. L’incidenza di tumori sta aumentando in tutto il mondo per le cattive norme di vita, per l’inquinamento, il tabacco, l’obesità, e anche per il prolungarsi della vita. Sembra allora che ci si precipiti a rattoppare il danno fatto, facendo però realmente poco per prevenirlo. Forse siamo entrati in una spirale dove la tecnologia è inarrestabile, dove abbiamo tutti contatto con elementi potenzialmente cancerogeni sin dall’infanzia (vedi l’espansione dell’uso di oggetti emettenti radiazioni elettromagnetiche). Sottolineo qui che le misure preventive di esposizioni cancerogene sono studiate e tarate sui corpi di soggetti adulti, disinteressandosi della maggior fragilità di bambini e malati, che devono accontentarsi delle misure preventive prese per i sani.
Immunoterapia e microbiomica sono infine trattate da Lorenzo Emmi, che illustra il futuro (con Paolo Aitiani che parla di tumori oculari). Un futuro già presente e in apparenza brillante, dove le nuove prospettive sembrano radiose: dall’uso di anticorpi alla biopsia liquida dei tumori. Anche in questo caso ci troviamo gettati in un mondo da un lato rassicurante e dall’altro inquieto. E la parte inquieta è la descrizione di come l’ambiente possa colloquiare col nostro Dna, alterando il modo in cui i nostri geni “parlano”, scatenando talvolta brutte reazioni. È il mondo dell’epigenetica, porta aperta dall’inquinamento alla nascita di tumori, talvolta persino ereditari.
Questi due ultimi contributi ci aprono allora la porta alla riflessione sulla tecnologia, che può essere madre e matrigna, e per questo deve essere controllata e regolata, o supportata laddove è curativa. Ma nel secolo predetto da Günther Anders e Martin Heidegger come il secolo del pensiero calcolatore, dove la forza della tecnologia sembra prendere vita propria e uscire dal controllo umano, occorrerà uno sforzo in più per ridimensionarla e riportarla a servire la vita dell’uomo e l’armonia del pianeta.
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