In un tempo complesso come il nostro, attraversato da tensioni internazionali e segnato da macroproblemi (pandemia, emergenza alimentare e farmaceutica, implosione di Stati con migrazioni drammatiche, terrorismo, ecc.) riguardanti l’intera famiglia umana, è interessante ripercorrere alcuni punti fondamentali dalla storica amicizia tra Italia e Usa decisiva per la crescita del nostro paese.



Mario De Pizzo nel suo bel libro L’America per noi. Le relazioni tra Italia e Stati Uniti da Sigonella a oggi (Luiss 2021), in maniera attenta e documentata, ci aiuta a  rivivere con intensità alcuni snodi significativi nelle storiche relazioni tra Italia e Stati Uniti.

Entra, così, nel vivo, anche di alcune situazioni drammatiche che hanno evidenziato la necessità di coniugare insieme la solidità e affidabilità dell’indiscutibile rapporto con Washington e l’interesse nazionale.



Tale interesse consiste non solo in una propensione geopolitica da media potenza regionale, ma in una specificità tutta interna al campo occidentale e ancorata alla prospettiva europeista. A tal proposito, nell’introduzione, Paolo Messa, invitando Roma a restare ben ferma nel cuore delle decisioni, scrive: “i concetti di autonomia strategica o di sovranità tecnologica, oggi di gran moda dalle nostre parti, non possono essere considerati alla stregua di una velleitaria idea di autarchia”.

Nello sviluppo dei capitoli del testo emerge, in un contesto di articolata complessità, l’azione politica dei principali protagonisti italiani degli ultimi quarant’anni. Viene esaminato il caso Sigonella nei momenti più drammatici: tre cerchi concentrici di militari, con le armi in pugno, pronti a fronteggiarsi. Craxi, protagonista internazionale, intento ad affermare una non subalternità italiana, unitamente alla necessità di una compartecipazione alla conoscenza di tutti i fattori del quadro geopolitico, all’interno di una prospettiva mediterranea. E poi il suo avviso a Gheddafi dell’arrivo delle bombe statunitensi sulla sua abitazione privata, come rivelato da Andreotti.



Si passa, poi, all’ingresso dei post-comunisti nella stanza dei bottoni con il via libera all’intervento militare in Kosovo. E poi, con dovizia di particolari, vengono ricordati gli storici accordi di Pratica di Mare stipulati dal governo Berlusconi, che avevano fatto sperare in un miglioramento strutturale della stabilità e della sicurezza internazionale.

L’autore ci accompagna poi all’interno di una vera e propria ferita della nostra storia. Essa riguarda un eroe italiano: Nicola Calipari. Già distintosi nella lotta alla criminalità organizzata per la sua intelligenza investigativa e poi chiamato a incarichi più importanti nel Sismi, in Iraq diede prova di tutto il suo valore a favore di nostri connazionali. Una vita donata per salvare, proteggere, aiutare: fino alla fine. Un compito e una missione portati fino in fondo per il bene dell’altro, nonostante l’avversità vista e affrontata. Il governo italiano non chiese un arbitrato internazionale, per determinare le responsabilità dell’accaduto, sostiene Rosa Calipari. Eppure le relazioni tecniche delle due parti (italiana e statunitense) furono divergenti. In quell’occasione, insomma, l’Italia non fu in grado di stabilire il suo interesse strategico, frutto di una sua specificità.

E ora? Dopo il succedersi di eventi drammatici (il collasso della Siria con migrazioni di massa) e la postura filocinese di alcuni membri del passato esecutivo, con il governo Draghi le cose sono cambiate. “Mario Draghi conosce le criticità dell’asse franco-tedesco… può giocare al meglio un ruolo di raccordo tra le due sponde dell’Atlantico, e per farlo è necessario che riporti al centro un altro elemento della sua identità: il Mediterraneo”.

Una politica regionale forte, secondo De Pizzo, può renderci più forti e adeguati alle sfide della contemporaneità, caratterizzate da frantumazione, cambiamenti, problemi continui. Ma l’Italia non deve dimenticare mai il senso di una vita donata per il bene comune e le istituzioni. Chi non ricorda le mani di Ciampi protese al tricolore e a chi l’aveva amato fino in fondo come Calipari? Non si tratta, qui, solo del necessario dovere di fare memoria dei propri eroi, ma della necessità di affermare un proprio nella realtà internazionale. Non solo un’italiana vocazione universalista intrisa nel Dna, ma il fatto che pace e verità hanno bisogno anche della giustizia. E per farlo, sostiene Rosa Calipari, bisogna tutelare i propri cittadini al meglio, unendo soft e hard power nel contesto europeo, senza essere vittime di eccessi di prudenza.

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