Poco meno di un anno fa, l’opinione pubblica mondiale rimase stupita dalla decisione di Benedetto XVI di rendere visita al fratello maggiore Georg, gravemente malato. Per alcuni, addirittura, la visione del pontefice emerito fragile, seduto sulla carrozzina che veniva alzata da un sollevatore per farla entrare sull’aereo diretto in Germania, evocava un rischio inutile che conveniva evitare.



Per papa Benedetto, invece, quella visita era una necessità interiore cui non poteva sottrarsi. “Sono grato per il fatto che mi è stata data la possibilità di stare ancora una volta con lui negli ultimi giorni della sua vita. Egli non mi chiese di andarlo a trovare. Sentivo, tuttavia, che era giunta l’ora di recarmi ancora una volta da lui. Sono profondamente grato per questo segno interiore che il Signore mi ha dato. Quando la mattina del 22 giugno presi congedo da lui, sapevamo ambedue che questo distacco sarebbe stato definitivo in questo mondo. Sapevamo anche, tuttavia, che il buon Dio, che ci ha fatto il dono di poter stare insieme in questo mondo, è il Signore anche dell’altro mondo e ci darà anche lì la possibilità di stare insieme”. Come è noto monsignor Georg Ratzinger morì pochi giorni dopo la visita di suo fratello, il 1° luglio successivo.



A distanza di un anno, a ricordarne la figura, è stato di recente pubblicato in Germania un volume commemorativo dal titolo Un sacerdote al servizio della musica sacra, a cura di Georg Gænswein e Christian Schaller, Schnell und Steiner, Regensburg.

A spiegare la profondità dell’amore che ha tenuto uniti i due fratelli per la vita è anzitutto l’idea del servizio maturata negli anni del seminario e della comune opposizione al nazismo. Lì dove un potere folle voleva creare un mondo nuovo dominato dall’odio e dall’abuso del potere, i due fratelli svilupparono insieme la vocazione al sacerdozio, inteso come servizio ai fratelli nella fede, come amore alla cattolicità della Chiesa che, come dice san Pietro negli Atti degli Apostoli, non fa distinzioni tra le persone e i popoli, ma tutti accoglie con pari apertura e generosità nell’amore ricevuto da Cristo.



Scriveva il cardinale Ratzinger nel 1994 in un articolo pubblicato in un volume dedicato al fratello, che dopo trent’anni lasciava la direzione dei famosi Passeri di Regensburg, il coro del duomo della città sul Danubio: “Nel vento contrario della storia, nell’esperienza di un’ideologia priva di senso artistico e anticristiana, della sua brutalità e del suo vuoto interiore hanno preso forma una saldezza dell’animo e una fermezza che gli hanno dato la forza per percorrere la strada futura”.

Il servizio di Georg Ratzinger prendeva poi forma concreta nella sua brillante carriera musicale. Sacerdote e musicista, chiamato a dirigere uno dei cori più prestigiosi della Germania, Georg si rivelò anche un pedagogo di eccezione. Sotto la sua guida crebbe costantemente la fama del coro della cattedrale di Regensburg, mentre la sua arte non solo formava eccellenti musicisti, ma educava il carattere degli allievi e rafforzava nella fede numerosi amanti della musica. Le due vocazioni, quella sacerdotale e quella musicale, si fondevano, dunque, in unità, portando numerosi frutti.

Monsignor Georg, inoltre, era anche un compositore di talento, come testimoniano le numerose incisioni presso rinomate case discografiche. Va infine evidenziato, tuttavia, come ha fatto il vescovo di Regensburg, Rudolf Voderholzer, nell’omelia della Messa funebre, che “la qualità artistica della musica e la sua dimensione spirituale non solo non si escludono, ma crescono insieme”.

Più in generale monsignor Georg Ratzinger ha mantenuto vivo il rapporto tra Chiesa, arte e cultura e lascia un testimone che è necessario raccogliere e trasmettere alle generazioni future. Solo così si può dare avvio a un nuovo umanesimo per il terzo millennio come sostenne il suo fratello minore in uno dei suoi più bei discorsi al Collegio dei bernardini a Parigi. La ricerca dell’arte e della bellezza, infatti, è una salutare scossa che fa uscire l’uomo da se stesso, lo strappa alla rassegnazione, all’accomodamento del quotidiano, e in questo modo lo risveglia alla speranza, ai valori dell’assoluto.

È questa l’eredità congiunta dei due fratelli Ratzinger, un dono prezioso per un nuovo inizio di speranza e di bellezza dopo il tempo della pandemia.

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