Recentemente è stato pubblicato presso la prestigiosa Oxford University Press un volume di Nancy Sherman, nota studiosa statunitense della morale antica, dal titolo Stoic Wisdom. Ancient Lessons for Modern Resilience (Saggezza stoica. Lezioni antiche per la moderna resilienza). Ma la ripresa dell’etica stoica in funzione delle esigenze del presente non è nuova. Già Lawrence C. Bekker aveva pubblicato nel 1998 New Stoicism e molte opere delle eccellenti studiose di filosofia antica Julia Annas e Martha Nussbaum valorizzano particolarmente la morale stoica oltre a quella aristotelica. Più recentemente Massimo Pigliucci, professore alla New York University, ha pubblicato molti testi divulgativi sul tema. Alcuni poi sono stati tradotti in italiano presso Garzanti (2020) come Stoicismo. Esercizi spirituali per un anno.
Perché questo rinnovato interesse per lo stoicismo come aiuto a vivere bene? In realtà non si tratta di un fatto nuovo. Lo stoicismo, dopo la sua nascita nell’epoca ellenistica e la sua rinascita in epoca romana con grandi moralisti come Epitteto, Seneca e Marco Aurelio, ha registrato continue rinascite in epoche di disorientamento spirituale, come il Cinquecento per esempio, con pensatori come Montaigne.
L’interesse dei fautori contemporanei di questo filone di pensiero si rivolge soprattutto allo stoicismo romano più umano e capace di valorizzare sentimenti come l’amicizia e la funzione degli esempi virtuosi. Non stupisce che in un’epoca d’incertezza, già prima, ma soprattutto durante la pandemia, lo stoicismo sia tornato in auge. Ma cosa dice d’interessante anche per noi l’etica stoica?
Essa è un aiuto ad affrontare le difficoltà della vita distinguendo nettamente ciò che dipende da noi, sui cui possiamo intervenire e che possiamo evitare (determinate attività, determinati piaceri) e ciò che, invece, non dipende da noi e che dobbiamo necessariamente accettare (a cominciare dalla stessa mortalità della condizione umana). A ciò che è inevitabile va dato un assenso nella prospettiva della razionalità del tutto: “il saggio non fa nulla suo malgrado; sfugge alla necessità, perché vuole ciò che essa lo costringerà a subire” (Seneca, Lettere, 54, 7).
L’etica stoica insiste sul fatto che ciò che è esterno, le situazioni in quanto tali, non costituiscono mai il male o il bene (esse sono indifferenti); determinante è piuttosto la nostra capacità di leggerle, ovvero ciò che è interno a noi. Di fatto tutti o quasi siamo un po’ stoici nella misura in cui cerchiamo di forgiare e rafforzare il nostro io, preparandoci alle avversità della vita, anticipandole e cercando di acquisire con tutti i mezzi a disposizione (anche l’attività fisica) una buona capacità di resilienza.
Lo stesso cristianesimo nella sua lunga storia ha risentito dello stoicismo. Non a caso si pensa che un certo atteggiamento di diffidenza nei confronti della dimensione dell’amore sessuale presente nei Padri della Chiesa sia stato favorito proprio dalla necessità di convivere con l’etica stoica, assai diffusa presso gli intellettuali pagani del loro tempo. In positivo il cristianesimo ha pure trovato in passato punti di contatto con l’ascesi stoica, in particolare con il suo senso dell’abbandono alla provvidenza che ha contraddistinto la spiritualità dei gesuiti e che acquista in contesto cristiano un nuovo significato.
Ma ciò che rende oggi interessante l’etica stoica in Occidente anche per intellettuali e scienziati, oltre alla condizione di forte disorientamento esistenziale provocata dalla pandemia, è il fatto che, in un’epoca disincantata e senza grandi speranze di cambiamento, essa si presenta come un’etica filosofica, chiara e “per tutti”, che non si affida a una rivelazione religiosa con i suoi misteri che trascendono la mera dimensione razionale, come quella cristiana, ma anche come le stesse spiritualità dell’Estremo oriente. La grande alternativa dell’uomo dell’Occidente, ormai in gran parte postcristiano, sembrerebbe essere quella tra l’acquisire certezze fondate su ragioni a tutti accessibili, attrezzandosi al meglio ad affrontare le inevitabili difficoltà della vita, e l’apparente incertezza rappresentata dall’attesa di una risposta radicale e risolutiva della condizione umana che per definizione non può provenire dall’uomo, ma che, tuttavia, corrisponde pienamente al desiderio del suo cuore.
Nel complesso molti, date anche le alternative di fatto presenti in concreto sul mercato delle idee e delle proposte di vita, sembrerebbero al momento propendere per una ragionevole assicurazione contro i rischi del vivere. Ma a rigore, in una prospettiva neostoica, non solo una possibile rivelazione religiosa, ma anche il fatto stesso di innamorarsi e di avviare un rapporto affettivo stabile, paradossalmente proprio in un’epoca di raggiunta liberalizzazione sessuale, diventa rischioso, perché inevitabilmente può essere fonte di delusione e di sofferenza. In realtà le grandi alternative esistenziali non sono infinite e anche le opportunità e i rischi di ciascuna si ripropongono.
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