“Nella storia dello spirito umano ci sono sempre stati e, mi auguro, sempre ci saranno fenomeni contraddistinti da una particolare carica morale, da un’energia singolare, da un impulso che ci induce come uomini e come artisti a fare una sorta di verifica delle nostre posizioni, del nostro vivere e del nostro comportamento. Un fenomeno di questo tipo è senza dubbio Marija Judina, grande artista, persona di cristallina moralità, originalissima musicista, pianista e insegnante di sommo livello”: così la ricorda, a 120 anni dalla nascita, il famoso pianista Boris Petrušanskij.



Negli ultimi anni la Judina si è trasformata in una vera e propria “icona”, legata in gran parte al leggendario episodio del “concerto che commosse Stalin”, riportato nelle sue memorie dal compositore Šostakovič, a cui la pianista rimase legata per tutta la vita. Ermanno Olmi stava pensando a un film su di lei negli ultimi tempi, e la sua figura – alquanto storpiata – compare anche in un film satirico come Stalin è morto, se ne fa un altro, di Armando Iannucci.



In realtà la Judina (1899-1970) è molto di più della leggenda che l’ha resa famosa: la sua sensibilità umana e culturale, oltre al desiderio di comprendere sempre più in profondità l’“anima” dell’arte e della musica si ripercuotono sul suo pianismo e sul suo metodo didattico. Proprio a quest’ultimo aspetto, fondamentale nella sua personalità, in occasione del suo anniversario è stato dedicato il nuovo volume su di lei, scritto dalla sua allieva e poi collega Marina Drozdova e pubblicato nei giorni scorsi dalla Casa di Matriona, A lezione da Marija Judina.

Corredato da un cd di musiche per pianoforte e orchestra da camera (Mozart, Beethoven, Musorgskij, Lutosławski, Hindemith, Prokof’ev, Taneev, Brahms, Schubert, con incisioni originali di Marija Judina del 1950-1969, in parte inedite), il testo della Drozdova ripercorre la biografia artistica, le passioni musicali, il pianismo, il lavoro nella classe di musica vocale e strumentale da camera di questa straordinaria figura.



È un tentativo di cercare risposte a interrogativi che la sua personalità continua a suscitare: che cosa fa la grandezza della Judina pianista, o meglio – come diceva lei – musicista? Come “andare a lezione” da lei, per imparare a sentire e rivivere la musica con la sua stessa potenza e profondità? È un libro per chi insegna musica, per chi la studia, ma anche per chi vuole imparare ad ascoltarla. Per chi vuole capire in che rapporto stia il vibrare dell’anima con la creatività artistica. “La sua – osserva Petrušanskij, autore della presentazione del volume – è una grande lezione di responsabilità morale per ogni artista… Oggigiorno è quasi completamente andata perduta quest’aspirazione alla ricerca, così importante per ogni pianista, spaziando tra ampi orizzonti”.

Diplomatasi al conservatorio di Leningrado nel 1921, la Judina si avvia a una brillante carriera concertistica che unisce a un’intensa attività didattica (pianoforte specializzato, musica da camera), stringendo nel tempo una rete sempre più vasta di amicizie con personalità del mondo della musica in patria e in tutto il mondo, da Šostakovič a Neuhaus a Bernstein e Stravinskij – per citare solo qualche nome. “Vivo in un anello di simpatia mondiale”, avrebbe potuto dire con sincerità alla fine della vita – lei che era sempre stata relegata entro i confini dell’Unione Sovietica, senza la possibilità di andare in tournée all’estero e addirittura di insegnare e di suonare in pubblico in patria, lei che aveva visto molti cari amici subire repressioni e restrizioni di ogni genere ed era spesso stata separata dagli affetti più cari.

La sua non è una vita facile: il suo carattere intransigente, la sua fede cristiana e la sua inesauribile sollecitudine nei confronti di chi le sta intorno le valgono l’ostracismo della cultura ufficiale e gradualmente la allontanano dalle sale da concerto e dall’insegnamento. Ma la cerchia dei suoi interessi e delle sue passioni è estremamente vasta, oltrepassa l’ambito strettamente musicale per aprirsi alla misericordia verso chiunque sia nel bisogno, per praticare una carità che nella sua larghezza rasenta la follia – lei che non aveva mai avuto in tasca neppure i soldi per acquistarsi un pianoforte, e ogni tanto si vedeva pignorare quello che aveva preso a noleggio. Nella sua arte, nelle sue lezioni, nella cerchia delle sue conoscenze la vediamo spaziare in tutti i campi della cultura, spinta da una ricerca inesausta del vero che la rende insofferente e tagliente di fronte a ogni chiusura ideologica: grande estimatrice di Solženicyn, fra i suoi amici più cari ci sono Bachtin e Pasternak, che sceglierà di leggere in pubblico proprio a casa della pianista, per la prima volta, alcuni capitoli del Dottor Živago.

Ancora Petrušanskij ricorda: “Marija Veniaminovna, alla prima lezione sul romanticismo nella Sala piccola del conservatorio, stipata all’inverosimile, chiese all’uditorio, severamente, come faceva lei, ma insieme con una certa malizia: ‘Secondo voi, chi è stato il primo romantico?’. Bisbigli in sala, ciascuno si confrontava con i vicini sull’esattezza della cronologia: ‘Schubert? Mendelssohn? Ma no, cosa dici, è venuto prima Weber!’. Non avendo ricevuto nessuna risposta soddisfacente dagli studenti, la Judina dardeggiò la sala con il suo sguardo e ci lasciò tutti di sasso, dicendo: ‘Il primo romantico è stato… Orfeo!’”. In effetti, nell’universo della Judina passato e presente, cultura classica e avanguardia si danno la mano, superano ogni confine temporale all’insegna del Mistero di cui consistono. È a questa profondità che si situa la vocazione dell’artista, che per la Judina fa tutt’uno con quella dell’insegnante, come lei stessa afferma: “… Avverto fortissima la necessità artistica e morale di dire qualcosa all’uditorio, di comunicargli un messaggio di luce e di bellezza, che sia comprensibile pur nel suo mistero… nell’arte rimane sempre questo ‘qualcosa’, questo ‘residuo’ di mistero”.

A questa profondità il testo della Drozdova ha l’ambizione di invitare il lettore.