Nella collana Microscopi edita da Hoepli, è stato pubblicato un saggio dal titolo “Matematica rock”. L’autore  è Paolo Alessandrini ingegnere informatico, docente di matematica, divulgatore e appassionato di musica (curatore del blog Mr. Palomar).

Come indicato fin dal titolo l’autore si propone di mostrare intrecci inesplorati tra un campo della creatività umana spesso considerato freddo, astratto e lontano dal sentire comune e un campo altrettanto frequentemente associato a sensazioni calde, corporee, emozioni intime e soggettive. Tra i musicisti in generale non si riscontra questa opposizione (in Chronicles Bob Dylan dichiara che le sue “sono tutte canzoni matematiche”) e l’autore coglie l’occasione per ripercorrere le storie di questi incontri felici tra autori rock e questioni matematiche.



Saggio costituito quindi da storie, curiosità, aneddoti che rendono la lettura molto agile e piacevole, completo dei riferimenti bibliografici e sitografici per gli eventuali approfondimenti.

La storia incomincia dall’inizio. Da quando il r’n’r esplode grazie alla colonna sonora de ‘Il seme della violenza’ ovvero “Rock Around The Clock” nella versione più conosciuta registrata da Bill Haley da una parte, e la teoria dei numeri, Peano e l’aritmetica modulare dall’altra. L’espressione inglese ‘around the clock’, infatti, indica il proseguire ad oltranza come le ore dell’orologio che, seguendo un modulo dodici, dopo aver segnato le 12 ricominciano da 1: si ricomincia da capo, un ciclo che non ha termine. Rock around the clock per via dell’aritmetica modulare indica dunque una rivoluzione permanente!



Alessandrini ci racconta anche cosa c’entrano i numeri primi con la registrazione del celeberrimo “tum tum cià” di “We Will Rock You” grazie all’idea del laureato (dal 2007 anche dottorato) in astrofisica Brian May chitarrista dei Queen.

Come gli argomenti di matematica spaziano su tutte le branche, anche i testimoni musicali vanno dal rock’n’roll anni 50 ai Radiohead e Coldplay passando per i Beatles, Pink Floyd, Genesis, Led Zeppelin, Bjork, Kate Bush ecc

Le storie di questa sorta di  “rock’n’math” vengono raggruppate in quattro macro aree: algebra ed aritmetica; il calcolo combinatorio, probabilità e statistica; geometria e topologia; analisi.



I Radiohead di “2+2=5” sono occasione per introdurci ai concetti di coerenza e completezza per la evidente contraddizione imposta per vera dai regimi autoritari (il riferimento letterario è all’Orwell di 1984 in cui la psicopolizia perverte il giudizio della massa facendo accettare per vero una evidente falsità come 2 + 2 = 5). Ma veramente in matematica è possibile decidere se ogni proposizione è vera o falsa tramite deduzioni logiche dai suoi assiomi? Viene quindi narrato il percorso di come il desiderio di un edificio matematico coerente (senza contraddizioni) e completo (ogni verità sia deducibile dalle premesse iniziali) sia stato falsificato dal primo teorema di incompletezza di Godel.

L’influenza nella cultura degli anni ’60 del libro dell’ “I Ching”, basato sui principi degli opposti yin e yang e illustrato per tramite dei Pink Floyd di “Chapter 24” , attraverso Leibnitz conduce alla numerazione binaria base della odierna trattazione dell’informazione da parte dei computer.

Nella lettura del libro troveremo anche la storia degli sforzi musicologici per la determinazione dell’accordo più misterioso della storia del rock (l’incipit di “A Hard Day’s Night” dei Beatles) e l’uso chiarificatore della trasformata di Fourier. Qui l’autore, dopo aver illustrato le tante vicende che hanno portato ai risultati musicali e matematici, riporta il giudizio sull’insegnamento della matematica di Ben Orlin che conferma l’esperienza da studente dello scrivente. “Peccato (…) che la matematica che si impara a scuola sia molto diversa da com’è realmente: vengono presentati solo i prodotti finiti, perfetti e ben levigati, ma si nasconde il lungo e faticoso processo che li ha creati, pieno di tentativi, passi falsi, ripartenze.” (…) “è come se in questo capitolo mi fossi limitato a riferire,come verità rivelata, le note che compongono l’accordo iniziale di “A Hard Day’s Night”, tralasciando tutta la loro ricerca, fatta di uomini in carne e ossa alle prese con ipotesi, errori, esperimenti fortunati e fallimentari.”

In questo giudizio risiede tutto il fascino del saggio, che usa la ricostruzione storica inanellata da curiosità e riferimenti culturali, come metodo per ripercorrere con il lettore il processo di pensiero avviato dall’attrattiva che i musicisti, e ovviamente i matematici stessi, hanno mostrato verso problemi di natura matematica. Come per Tom Lehrer per cui fare matematica o fare musica era la stessa cosa: “scrivere una canzone è come risolvere un puzzle”. O come per il già citato matematico inglese Ben Orlin quando parla del celebre finale della canzone dei Beatles: “l’esperienza che provi ascoltando ‘A Day In The Life’ è esattamente ciò che dovrebbe essere apprendere la matematica. (…) La matematica è l’accordo sepolto nella cacofonia, la musica nascosta nel caos.”

Questa osservazione introduce alla conclusione nonché punto centrale del saggio per mezzo dell’analisi della canzone dei Van Der Graaf Generator “Mathematics” sull’identità di Eulero, contenuta significamente in “A Grounding In Numbers” (rudimenti sui numeri) pubblicato nel 2011:

‘e’ alla ( ‘i’ per ‘pi greco’) , più uno uguale zero

Sintesi, in pochi simboli, degli svariati argomenti del libro. Spesso definita la formula più bella del mondo. “Just so ‘wow’ it brooks belief” ,”ci lascia così a bocca aperta da far sì che crederci diventa sopportabile”.  Come Eulero fu creatore di sorprendenti collegamenti tra aree molto diverse della matematica, così l’autore ci lascia sul tema del nesso tra matematica e bellezza. Presupposto non banale ma punto centrale di un saggio che rivela un ponte tra matematica e arte, spesso sottaciuto. “La formula riesce a far incontrare personaggi i cui vissuti sono molto diversi l’uno dall’altro: il numero di Nepero ‘e’, protagonista delle funzioni esponenziali, l’unità immaginaria  ‘i’ , proveniente dal misterioso territorio dei numeri complessi, lo sfuggente e celeberrimo ‘pi greco’, indiscusso re della geometria, i semplici eppure speciali numeri naturali 0 e 1, il simbolo dell’addizione e quello dell’uguaglianza. Tutto questo affollamento di vecchie glorie genera complessità, ma ognuno sta al suo posto nella formula in modo disciplinato e discreto. L’effetto finale è simile a quello prodotto da una musica, sorprendentemente semplice e perfettamente elegante. In una parola: “bellezza”. L’ultima parola.