Il Premio Malaparte 2022 – supportato per l’undicesimo anno da Ferrarelle Società Benefit – è stato assegnato al newyorkese Daniel Mendelsohn: scrittore, critico letterario e traduttore, Mendelsohn ha esordito nella narrativa nel 2006, con Gli scomparsi (Neri Pozza). Un libro autobiografico, in cui l’autore si reca in Europa orientale alla ricerca di alcuni familiari ebrei scomparsi durante la Seconda guerra.
Intriso di temi familiari è anche Un’Odissea: un padre, un figlio e un’epopea (Einaudi, 2017), in cui la storia di Ulisse si intreccia con quella personale dello scrittore. Tre anelli (Einaudi, 2021), invece, affianca tre biografie: quella del critico tedesco Erich Auerbach, del romanziere tedesco Winfried Georg Sebald e dell’arcivescovo e scrittore francese del secolo XVII François Fénelon. In comune i tre hanno la pratica delle lettere e il tema dell’esilio, che Mendelsohn ha come stella polare della propria narrazione.
Il luogo d’origine del gruppo familiare sterminato dai nazisti di cui parla in Gli scomparsi è Bolechow, allora in Polonia, oggi in Ucraina. Una coincidenza che l’ha colpita?
Dal punto di vista storico chiunque conosca la storia dell’Ucraina non può che provare una profonda angoscia nel vedere che questo Paese si ritrova dopo nemmeno trent’anni dall’indipendenza a essere invaso in modo brutale. Mi interesso al concetto di circolarità della storia ed è davvero orribile vedere che questa circolarità si manifesta nella storia ucraina in questo modo. Di nuovo siamo di fronte a fosse comuni, stupri, esecuzioni negli stessi territori che avevo visitato quando facevo ricerche per il mio libro. In quegli anni ho fatto tanti incontri, tante amicizie e quindi provo un’angoscia molto personale, intima, di preoccupazione per quegli amici ucraini. Guardare la gente che si arrampica ai treni è l’incubo ricorrente della storia europea ed è personalmente ancora più sconcertante vedere ripetersi una tragedia che conosciamo fin troppo bene in un posto per me così familiare.
Lei parla molto bene italiano. Come mai questo interesse?
Ho iniziato a studiare italiano quarant’anni fa (Mendelsohn ne ha 62, nda) da autodidatta, con i libretti d’opera di Lorenzo Da Ponte e Felice Romani. Ero estremamente appassionato di opera lirica italiana ed è così che ho imparato la vostra lingua, anche se con un vocabolario piuttosto bizzarro. In più usavo un manuale degli anni 30. Una delle frasi da tradurre, in questo manuale, era “Io vorrei andare in tintoria per far lavare e tingere il mio mantello di lontra”… Poi finalmente mi iscrissi all’università, a un corso d’italiano, dove la professoressa mi disse: “Ti dobbiamo guarire dai libretti d’opera” e mi fece leggere due autori: Raffaele La Capria e Giuseppe Berto.
Quando è venuto in Italia ha ritrovato qualcosa delle atmosfere e dei luoghi descritti nei libri?
Credo che l’esperienza più interessante, in questi casi, sia di una leggera delusione e Marcel Proust naturalmente è l’autorità massima da questo punto di vista: se vediamo una cosa che abbiamo a lungo sognato e immaginato, questa cosa ci apparirà un po’ più piccola, un po’ meno colorata. A sua volta questo divario tra la letteratura e la vita vera può rivelarsi una grande fonte di consapevolezza letteraria.
Lei non è solo uno scrittore, ma anche uno studioso della letteratura greca antica. Quindi si occupa del passato e della sua trasmissione. Come affrontare questi temi oggi, nell’epoca della Rete?
La Rete può essere una diversa forma di trasmissione della memoria. Quasi tutti abbiamo uno smartphone e ognuno di essi ha una diversa capacità di “memoria”, come si dice in linguaggio tecnico. Ma questo è stoccaggio, accumulo di dati e informazioni, non memoria in senso proprio. Nei cellulari abbiamo tot giga di memoria, ma questo non è la memoria vera. La memoria è quando un giorno ricorderò un certo fatto e lo racconterò a qualcuno. La memoria è qualcosa di umano, di organico, mentre l’immagazzinare dati, foto, audio, filmati eccetera è un’altra cosa. E il fatto che tutto sia presente allo stesso momento e nello stesso luogo e nello stesso modo nella Rete è un problema.
(Carlo Faricciotti)
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